Il recente annuncio di Final Fantasy XVI come esclusiva PlayStation 5 segna il momento migliore per fare un bilancio degli anni d’oro della serie, soprattutto grazie al ritorno alle atmosfere medievali che lo distinguono nettamente dal flop del capitolo precedente. I Final Fantasy dal VI al X sono considerati tutti, chi per un motivo e chi per un altro, dei capolavori sia dal pubblico che dalla critica e la loro disponibilità in versione rimasterizzata anche sulle console di nuova generazione può essere un’occasione per i nuovi appassionati di conoscere la saga in attesa dell’uscita della sua nuova iterazione.
Vediamo, dunque, le principali caratteristiche del successo dei Final Fantasy degli anni ’90, cercando di capire cosa abbiano ancora da dire a oltre due decenni dalla loro uscita.
Final Fantasy VI
Uscito originariamente su SNES nel 1994, questo titolo, conosciuto in Nordamerica come Final Fantasy III, è stato il responsabile della notorietà della saga in Occidente. È stato il primo, inoltre, a introdurre le atmosfere vagamente steampunk che sarebbero state ulteriormente sviluppate nei capitoli successivi.
L’ampio party di sedici personaggi rende Final Fantasy VI un titolo corale, in cui il giocatore si appassiona in egual misura alla storia di ricerca di sé dell’esper Terra, alla love story tra il ladro Locke e la generalessa Celes e all’elaborazione del lutto del samurai Cyan. I veri punti di forza del gioco sono però il villain Kefka, una sorta di Joker folle che vuole gettare il mondo nell’oblio, e le musiche di Nobuo Uematsu, che spremono il sintetizzatore incorporato nello SNES in un tentativo riuscitissimo di raggiungere uno stile che mescoli felicemente la lirica e il rock.
Final Fantasy VII
Primo Final Fantasy dell’era PlayStation, il settimo capitolo è rimasto nel cuore di tutti i fan grazie a personaggi come Cloud, Tifa, Aerith e, ancora una volta, il malvagio Sephiroth. La vera ragione per cui questo titolo si merita pienamente l’etichetta di capolavoro che gli viene troppo spesso contestata è però proprio il comparto grafico.
Il passaggio a PlayStation comporta un divario tecnico quasi impensabile rispetto a Final Fantasy VI e i modelli super-deformed dei personaggi, pur essendo effettivamente invecchiati male, non rovinano l’esperienza emotiva del gioco. Quando Cloud e compagni devono assaltare la torre dell’oscura lobby ShinRa, infatti, l’inquadratura dal basso all’alto riesce a veicolare comunque il senso della piccolezza dei nostri personaggi rispetto all’azienda che domina sulla città di Midgar e su gran parte di Gaia.
Il tema ambientalista, infine, dà un ulteriore elemento di attualità a un titolo che si porta comunque addosso ben 23 anni di storia. Vale dunque la pena giocare anche l’originale, anziché limitarsi al Remake in uscita su PlayStation 4, per apprezzare la capacità di scrittura di cogliere un grande problema dello stile di vita moderno in un periodo in cui non era avvertito come così pressante.
Final Fantasy VIII
Capitolo preferito di molti fan italiani della saga, Final Fantasy VIII è stato il primo a ottenere una localizzazione ufficiale nella nostra lingua, permettendo così di superare un ostacolo linguistico non indifferente. La storia d’amore tra lo scostante Squall Leonhart e la misteriosa Rinoa Heartilly ha conquistato il cuore di tutti i giocatori grazie all’evoluzione reciproca dei protagonisti, che superano le asperità del proprio carattere, soprattutto da parte di Squall, grazie al contatto con l’altro.
Una menzione particolare merita anche il filmato introduttivo, ancora una volta con una grafica di livello e finalmente libera dallo stile cartoonesco del titolo precedente. La musica in sottofondo è Liberi Fatali, il cui testo in latino maccheronico era diventato una feature ricorrente della serie, da Dancing Mad di Final Fantasy VI a One-Winged Angel di Final Fantasy VII.
Final Fantasy IX
Ritorno alle origini medievali dopo le atmosfere moderne dei tre predecessori, Final Fantasy IX è decisamente il più sottovalutato di questi titoli. Negli ultimi anni, tuttavia, i fan sembrano averlo riscoperto, apprezzando finalmente uno dei capitoli più poetici e violenti. Dietro l’apparenza colorata, infatti, gli eventi della trama non risparmiano nulla, mostrando la sete di potere della regina Brahme portare distruzione in intere città e gettare nell’oblio i popoli che le abitavano.
A brillare sopra tutto il resto è, però, il mago nero Vivi, apparentemente infantile ma in realtà protagonista di una ricerca profonda del senso della vita di fronte alla consapevolezza di una morte imminente. Anche gli altri personaggi portano con sé dilemmi analoghi, dal soldato Steiner, inizialmente semplice spalla comica, ai protagonisti veri e propri, il ladro Gidan e la principessa Garnet. Ponendo l’accento sui loro rovelli esistenziali, si riuscirà finalmente a comprendere anche l’essenza del boss finale, completamento necessario e crudele della trama che è stato troppo spesso scambiato per un’entità uscita dal nulla.
Final Fantasy X
Primo capitolo uscito su PlayStation 2, Final Fantasy X si pone a un bivio fondamentale della storia della saga e dei JRPG in generale. Se la grafica compie un ulteriore passo in avanti dovuto al salto generazionale, il gameplay appare estremamente conservativo, sostituendo addirittura il più dinamico Active Time Battle con un sistema turn-based puro.
Proprio questa scelta, tuttavia, si rivela uno dei punti di forza più spiccati del titolo, aprendo la strada a scontri strategici con innumerevoli boss in cui il giocatore può sì permettersi di ponderare meglio le sue decisioni, ma affronta anche battaglie decisamente più impegnative, in particolare quelle con il villain Seymour. Indimenticabili anche i minigiochi, a partire dal blitzball, una sorta di pallanuoto subacquea che trasforma una parte del titolo in un semplice quanto divertente simulatore sportivo.
Totalmente da dimenticare, invece, l’altra innovazione introdotta da Final Fantasy X, vale a dire la comparsa di sequel diretti in una serie che era stata sempre, fino ad allora, antologica. Final Fantasy X-2, infatti, si muove in direzione del tutto opposta rispetto a quella del suo predecessore, con un sistema di combattimento action che sembra una versione grezza e confusionaria di quello che diventerà poi il nucleo del gameplay dei più recenti capitoli in tempo reale. Anche la trama abbandona i toni fantasy ed epici caratteristici della serie in favore di una storia da film di Barbie che fallisce nel suo intento di connettersi alla domanda lasciata aperta dal finale di Final Fantasy X. Il destino di Tidus, infatti, viene svelato solamente nel finale segreto, il cui ottenimento era subordinato a un sistema cervellotico quasi impossibile da padroneggiare senza l’ausilio di guide strategiche.