Uno spartano a Midgard
La rabbia – o furia, ira – è uno stato psichico alterato della nostra mente, un qualcosa spesso scaturito da agenti esterni capaci di rimuovere i freni inibitori che controllano le nostre azioni.
Agire mossi dalla rabbia è spesso sinonimo di azioni funeste, che non ci definiscono per ciò che siamo veramente e di cui spesso pentirsi amaramente ed irreparabilmente. Seppur mossi dal pensiero iniziale di essere nel giusto, abbracciare “l’oscurità” che risiede all’interno di ognuno di noi, dunque, non si rivela mai una scelta oculata e ponderata e spesso rischia di condurci, inevitabilmente, in una spirale di dolore e sensi di colpa. Nel corso degli anni, le storie, sia esse narrate in un bel film da gustare al cinema, o magari racchiuse in una saga di libri o in un’opera teatrale, con a tema la vendetta, in cui i protagonisti sono spinti dalla più oscura delle ire, sono tante e di varia natura, fino a diventare, ai giorni d’oggi, quasi scontate.
Anche il medium videoludico, però, non è stato assolutamente da meno, offrendoci più e più volte un grande quantitativo di racconti dai temi cupi, storie di vendetta quindi, ma anche di sana e ordinaria follia, ma sempre motivate, in qualche modo. Nessuno, però, ha saputo incarnare il concetto di “rabbia” meglio dei ragazzi di Santa Monica Studio che hanno dato i natali ad uno dei personaggi più iconici della storia dei videogiochi: Kratos. Alzi la mano chi non ha sempre associato al nome “Kratos” il concetto di furia totale, il concetto di distruzione o più semplicemente quello di una rabbia esplosiva ed indomabile, capace di condurci in una sola direzione: la distruzione.
Kratos è un personaggio dalla storia triste e che finisce con lasciarsi andare alla furia che alberga dentro di lui, finendo per diventare niente di tanto diverso dagli oscuri individui cui dà la caccia. Kratos, però, non è solo questo.
Inutile girarci intorno: Kratos è uno dei personaggi più amati ed iconici non soltanto della storia dei videogiochi, ma anche dell’universo immaginario comune del corposo mondo dell’intrattenimento moderno.
Chiunque ha già soltanto sentito parlare del cosiddetto “fantasma di Sparta”, anche quelli che con l’intrattenimento ludico hanno ben poco da spartire, ed è proprio questo il primo grande tassello che Santa Monica ha piazzato all’interno di un mosaico sempre più completo e sempre più perfetto. La caratterizzazione dello spartano, infatti, è da sempre uno dei punti di forza della saga. Un uomo così violento, così potente da sfidare gli dei e che finisce col diventare lui stesso un dio, una vera e propria furia indomabile che nel corso della prima trilogia della saga ha praticamente spazzato via qualunque cosa sulla quale abbia posato gli occhi. Il momento dell’odio, il momento della rabbia più oscura, però, sembrerebbe essere finito.
Avevamo lasciato Kratos, al termine del terzo e finora ultimo capitolo della saga, stremato ma oseremmo dire felice: la vendetta nei confronti di chi gli aveva portato via tutto era completa ed il fantasma di Sparta poteva finalmente riposare in pace. Da qui, l’evoluzione che subirà il nostro eroe, proprio all’interno di questo nuovo God of War, è forse l’aspetto più clamoroso dell’intera produzione. Kratos è un uomo nuovo, che vive una nuova realtà e che ha una nuova famiglia. Non temete però: il guerriero più irascibile della storia è sempre la solita macchina da guerra, ma questa volta non è soltanto questo. Grazie ad un lavoro di caratterizzazione encomiabile, il nostro eroe ora appare totalmente diverso sotto tanti punti di vista: è riflessivo, conosce bene se stesso, l’ambiente circostante e sa di cosa avere paura. Lo definiremmo, se non fosse quasi vietato considerando il “vecchio” Kratos, un uomo saggio e che dispensa ottimi consigli.
Già, perché, il buon vecchio Kratos in questa avventura non sarà, come al solito, da solo: con lui c’è Atreus, un piccolo – impacciato – guerriero munito di arco e tanti buoni propositi. Se vi state chiedendo “chi sarà mai?” la risposta è più semplice di ciò che possiate credere: Atreus è suo figlio.
Sin dalle prime battute è ben chiara una cosa: non ci troviamo più in Grecia. Kratos, infatti, dopo gli eventi passati si è spostato, cambiando addirittura mondo e ritrovandosi così a Midgard, una gelida landa che si divide tra boschi ed enormi vette, nonché patria delle tanto conosciute – e temute – divinità nordiche.
Il guerriero, però, parrebbe aver trovato un piccolo di angolo di serenità e pace: una moglie, una casetta accogliente ed il piccolo Atreus. Un sogno, per i più, ma forse non abbastanza per uno come Kratos, che probabilmente non riesce a dimostrare appieno i propri sentimenti proprio a causa delle numerose perdite che ha dovuto subire nel corso della sua lunga vita. Non ci sorprenderà più di tanto, infatti, ciò che in realtà aleggia intorno all’ordinario scenario cui ci troviamo di fronte all’inizio della storia. Un turbine di eventi, cospirazioni, profezie e pericoli vari è dietro l’angolo e la pacifica nuova esistenza di Kratos è pronta a dissolversi in un attimo, come per magia.
Inutile sottolineare quanto sia Atreus sia la misteriosa madre del bambino abbiano un ruolo rilevante all’interno di questo nuovo filone narrativo che, seppur quasi completamente staccato dalla storia “originale” della saga, non risulta praticamente mai difficile da comprendere e sin dalle prime battute appare affascinante e coinvolgente. Come dicevamo poc’anzi, però, l’idillio di un rapporto padre-figlio ancora tutto da esplorare è stato messo a dura prova dalla negatività di un mondo pur sempre malato e brutale: la madre di Atreus è morta e Kratos, che col bambino ha sempre mantenuto delle colossali distanze, è costretto a prendersene cura.
I due intraprendono un viaggio – che si preannuncia molto rischioso – alla volta della cima più alta di Midgard, per spargere le ceneri della defunta, così come lei avrebbe voluto. Proprio in quel momento, la pace tanto agognata da Kratos cessa di esistere e si prepara a lasciar spazio ad una vecchia conoscenza del nostro eroe: la guerra.
Spaventato da ciò che potrebbe scaturire dalla sua presenza, Kratos cerca in tutti i modi di mantenere un basso profilo, evitando qualsiasi tipo di conflitto e soprattutto evitando di mostrare la sua vera natura, la sua vera forza.
Il guerriero ha nascosto la propria identità anche al giovane Atreus che guarda quasi con timore il minaccioso genitore, spaventato non soltanto dal poco rassicurante sguardo perennemente arrabbiato dell’uomo ma anche da una linea di dialogo sempre ben più che misera e fin troppo autoritaria. Durante il viaggio, l’uomo fa continuo riferimento al fatto che, a suo modo di vedere, il figlio non è “pronto” per proseguire tale traversata e – seppur non sia tanto lontano dalla verità – risulta fin troppo tirannico e poco comprensivo nei confronti di quello che, in fin dei conti, è poco più che un bambino.
Durante il ritorno a casa, però, gli eventi prendono definitivamente la drammatica piega che poi accompagnerà tutto l’arco narrativo della storia. Raggiunta la casetta, Kratos invita Atreus ad iniziare un vero e proprio addestramento, sfiduciato dalla scarsa attitudine al combattimento che il bambino dimostra. Ben presto, però, la porta di casa comincerà a rumoreggiare con forza, tant’è la veemenza con la quale uno sconosciuto inizia a bussare, quasi come se andasse di fretta. La presenza di quello che inizialmente viene identificato come “Lo sconosciuto” getta nel più totale terrore Kratos, spaventato a morte dall’idea che il misterioso guerriero possa rivelare la sua vera identità. I due daranno vita ad uno scontro spaventoso che culminerà col trionfo del fantasma di Sparta, che però sa bene di trovarsi di fronte ad una situazione ben più che pericolosa.
L’unica soluzione è quella di partire: ormai quel luogo non è più sicuro. E così che inizia il vero e proprio viaggio per Kratos ed Atreus, un viaggio alla fine forzato e che si rivelerà molto più di ciò che sembra.
Da lì in avanti si spalancano le porte di un racconto magico, maturo, e dal fascino incredibile, ricco di segreti e misteri, che alla fine si riveleranno perfettamente posizionati lì dove dovrebbero essere.
La meta dei due viaggiatori resta la vetta della montagna, luogo più alto di Midgard. Le difficoltà per raggiungerla, però, sono tante e tutte diverse e non tarderanno ad arrivare. Ben presto, ci renderemo conto di trovarci circondati da creature di ogni sorta: troll, giganti di pietra e mostruosità di vario genere che sembrano sfuggiti ad Hel e che sono pronti a disfarsi prontamente dei nostri eroi. Affrontarli non sarà cosa facile, anche perché, almeno inizialmente, Atreus non offre – giustamente – un aiuto particolarmente tangibile. Appare chiaro, dunque, che la storia di base va ben oltre il semplice desiderio di raggiungere la vetta per spargere le ceneri della defunta.
La trama che sorregge la magistrale produzione dei ragazzi di Santa Monica Studio è più complessa che mai e pare guidata da un fato che, erroneamente, Kratos pensava di aver sconfitto. Del resto, già solamente muoversi all’interno della bellezza a tratti abbagliante del regno di Midgard da solo vale il prezzo del biglietto. Se poi si aggiunge che, il mondo di gioco stesso è più vivo che mai ed offre una libertà di esplorazione non totale ma comunque ben precisa e funzionale, allora sì, ci troviamo di fronte ad un titolo studiato veramente ad arte. Tornando più concretamente a parlarvi della trama, senza spoilerarvi nulla, vi basti sapere che Kratos ed Atreus inizieranno a vagare tra i vari regni della mitologia nordica, inseguiti da un particolare figuro e dai fantasmi del passato mai veramente sconfitti.
Tutto qui? Ovviamente no, perché la storia narrata in questo nuovo episodio del “Dio della Guerra” è ricca come non mai di segreti e colpi di scena, e chi siamo noi per rovinarvi cotanta beltà?
Quel che lascia semplicemente esterrefatti di questo nuovo God of War è la cura maniacale con cui ogni dettaglio viene trattato.
Non solo ci troviamo di fronte ad una totale – e riuscitissima – rivisitazione di un personaggio difficile da “animare” come Kratos, non solo ci troviamo di fronte ad una trama eccezionale e che saprà stupirvi: il gioco è soprattutto un gioco e riesce, quasi per miracolo, ad offrire equamente le stesse soddisfazioni anche sul piano strettamente ludico. Seguire la questline principale, infatti, non sarà mai un vero e proprio obbligo, anzi. Esplorando – nei limiti del possibile, data la presenza di aree inizialmente inaccessibili – l’enorme mappa di gioco si scoprirà un mondo pregno di attività, tutte originali e mai noiose e che sapranno ricompensarvi a dovere una volta deciso di portarle a termine.
Insomma, proseguire a testa bassa verso la meta è un’opzione, ma sinceramente ve lo sconsigliamo: il rischio di perdervi passaggi fondamentali, personaggi affascinanti e, soprattutto, ritrovarsi inadeguati sul piano meramente ludico è dietro l’angolo e siamo sicuri vogliate evitare di rovinarvi l’esperienza di gioco in questo modo. Non soltanto: esplorare il vasto mondo di gioco, ricco come non mai di puzzle ambientali, forzieri da aprire e nemici da sconfiggere non potrà far altro che giovare alla vostra partita. Già, perché l’altra grande novità che porta con sé il nuovo God of War targato Cory Barlog è una forte impronta ruolistica. Sì, avete capito bene: Kratos potrà essere agghindato a dovere, con tanto di corazze, schinieri e pettorali vari, che gli garantiscono bonus, caratteristiche e modificatori sempre diversi. Anche Atreus, seppur in modo più contenuto, può essere personalizzato con modifiche all’arco ed alle tuniche, che anche in questo caso influiranno direttamente sulle sue statistiche ed abilità.
Insomma, annoiarsi in questo God of War è davvero impossibile.
Non soltanto armature ed equipaggiamenti fanno la loro comparsa: Kratos avrà un vero e proprio albero delle abilità ben stratificato, non difficile da “riempire”, ma comunque ottimamente congegnato.
Le abilità sono sia fisiche sia legate alle armi che lo spartano impugnerà, e sì, stavolta il buon vecchio guerriero dalla testa lucida avrà un’unica arma: il Leviatano. L’ascia donatagli della defunta moglie si rivelerà una fedele compagna di viaggio, letale e poderosa come non mai e che non ci farà rimpiangere le Lame del Caos. Per sviluppare il più possibile le abilità di Kratos, il nostro consiglio è quello di dedicarsi il più possibile alle varie attività collaterali di cui il titolo è munito. Una volta portate al termine le varie quest e le varie richieste degli NPC sparsi qua e là, poi, sarà bene tornare da Brok e Sindri, due personaggi molto importanti e che si riveleranno vitali ai fini dello sviluppo dei nostri eroi.
Non lasciatevi, però, sviare da tutto ciò che abbiamo scritto poco sopra. Il gioco non cade mai nella banalità di quest secondarie sparse a caso ed attività aggiunte giusto per fare numero: ogni singolo evento ha perfettamente senso ed ogni fatica perfettamente legata al filone narrativo di principale. Vi sembrerà, in sostanza, di progredire in modo uniforme, senza mai veramente lasciare in disparte una narrazione forte, concreta e che non vi abbandonerà mai, tenendovi per mano per tutto il tempo ed accompagnandovi alla scoperta di un universo ricco e costruito ad arte.
Alcune delle attività accessorie, poi, sono così belle “da far venir giù la mascella”: senza spoilerarvi nulla vi invitiamo a tenere a mente la questione “Valchirie”. Poi ci darete ragione.
Le novità finiscono qui? Assolutamente no, perché, oltre alle già citate pesanti rivisitazioni in termini di struttura ludica e narrativa, a cambiare – e tanto – è anche il gameplay.
L’aura ruolistica che avvolge il gioco si estende anche – e soprattutto – al gameplay nudo e crudo, cambiato radicalmente e rinnovato praticamente in toto. Anche stavolta, vogliamo subito rassicurarvi: Kratos è sempre una belva furiosa che scaraventa ogni cosa (si, è la sigla di Hulk, avete capito bene), solamente lo fa con più classe e con un attimino di tecnica in più. Il combat system disegnato per la nuova avventura di Kratos è facilmente paragonabile a titoli come i “soulslike” o, più precisamente, a produzioni più recenti come ad esempio Assassin’s Creed: Origins. Abbiamo uno scudo col quale parare gli attacchi dei nemici con tutte le peculiarità tipiche: parare a tempo consente di contrattaccare in modo massiccio, ad esempio, il che è una feature ormai molto comune ma sempre molto apprezzata.
Non soltanto: il nostro eroe può schivare, e soprattutto attaccare con due tipologie di colpi diversi, e vale a dire gli ormai classici attacchi pesanti e leggeri. Seguendo il viale dei ricordi, mai veramente abbandonato, sarà possibile, poi, richiamare la furia che risiede all’interno del nostro spartano preferito con la pressione degli appositi tasti, garantendoci immunità, danni maggiorati e ripristino dell’energia vitale per un breve lasso di tempo. L’abilità sarà utilizzabile al riempimento di un’apposita barra, che si ricarica in base ai colpi inflitti durante i vari combattimenti o col ritrovamento di alcuni consumabili. Sia la barra della furia, sia quella dell’energia e della vita sono strettamente legate, in pieno stile GDR, al ritrovamento di alcuni oggetti speciali che aumenteranno ogni volta la portata di ognuna di esse.
Anche sotto questo aspetto, il lavoro dei ragazzi del team di Santa Monica Studio è encomiabile: riuscire ad introdurre tali meccaniche in modo così convincente e riuscito in un gioco come God of War, da sempre caratterizzato da un sistema di combattimento caciarone ed improntato principalmente sulle combo, non era impresa di poco conto e loro l’hanno portata a termine appieno.
L’aspetto su cui forse c’era la minor quantità di dubbi, ma che comunque ci lascia ancora una volta semplicemente esterrefatti, è il comparto tecnico del titolo.
God of War è da sempre stata una saga capace di sovvertire e stravolgere il concetto di limite tecnico delle console, fin dalla sua prima apparizione. Impossibile non ricordare il clamoroso impatto che ebbe il primo capitolo della serie, uscito nel lontano 2005 e su una PlayStation 2 quasi a fine ciclo vitale. Inutile dirvi che, all’epoca, si trattò di un qualcosa di semplicemente clamoroso ed impensabile. Non soltanto la modellazione era completamente fuori scala per l’epoca, ma anche illuminazione, animazioni e tutti gli elementi di contorno raggiungevano vette di incredibile ed irraggiungibile livello qualitativo. God of War 2 e soprattutto God of War 3 – quest’ultimo uscito su PlayStation 3 – fecero lo stesso percorso, elevandosi ancora una volta come veri e propri modelli da seguire per tutta la concorrenza.
In particolare, God of War 3 fece semplicemente “esplodere” il potenziale di PlayStation 3: col suo arrivo sul mercato, infatti, quella che all’epoca era l’ammiraglia Sony mostrò i muscoli come mai prima d’ora, dimostrando di avere, con ogni probabilità, una marcia in più rispetto alla concorrenza. A conti fatti, questo nuovo God of War fa esattamente la stessa cosa, elevando, nuovamente, il potenziale di PlayStation 4 – più precisamente PlayStation 4 Pro – ad un diverso livello, quasi impensabile e soltanto sfiorato (e ben poche volte) dalle altre produzioni dell’attuale generazione di console. Sia chiaro, non ci riferiamo soltanto alla semplice (spaventosa) modellazione poligonale dei personaggi, ma ad ogni singolo elemento che possiamo osservare su schermo. In particolare, sulla PlayStation potenziata, il gioco offre una resa visiva a tratti commovente, che si estende dagli spettacolari paesaggi di contorno ad elementi più marginali come la semplice cura con la quale è riprodotta la barba del nostro eroe.
Inoltre, sempre su PlayStation 4 Pro è possibile scegliere tra due modalità grafiche diverse, che cercano di rendere l’esperienza di gioco piacevole per tutti i palati: la modalità “Prestazioni” blocca la risoluzione sui 1080p, che è la stessa di PlayStation 4 Standard, garantendo una maggiore stabilità; la seconda è la modalità “Grafica”, che garantisce una risoluzione che si avvina parecchio al 4K ed offre tantissime migliorie sotto tutti gli aspetti. Fa la sua bellissima figura anche il comparto audio, sorretto da una colonna sonora di grandissimo livello, a tratti quasi solenne, che ci accompagnerà lungo tutto lo splendido viaggio. Ottimo lavoro anche sul fronte del doppiaggio, compreso quello italiano, sicuramente sopra la media.
In ogni caso, ci troviamo di fronte ad un prodotto che rappresenta, di fatto, un nuovo standard per l’attuale generazione di console e siamo sicuri che non sfigurerà nemmeno in quella prossima.
Il riferimento alla prossima generazione di console è quasi doveroso, dato che, inevitabilmente, il prossimo capitolo di questa nuova saga legata all’universo di God of War vedrà la luce, con ogni probabilità, sulla prossima PlayStation.
Il lavoro svolto sulle fatiche di Kratos ed Atreus è stato veramente massiccio e tangibile. Basti pensare, ad esempio, che soltanto per la modellazione dell’acqua erano a lavoro tantissime persone contemporaneamente. Questo va a costituire un’ulteriore prova del fatto che, per questo nuovo grande progetto, la volontà di fare le cose più che perfettamente era papabile sin dai primi momenti. Inutile precisarvi che l’obiettivo è stato pienamente raggiunto: God of War è un vero e proprio gioiello e la cura con la quale è stato strutturato il nuovo filone narrativo siamo sicuri spalancherà le porte a diversi sequel, praticamente doverosi, di elevatissimo livello.
Senza ovviamente spoilerarvi nulla, vi diciamo che la scena finale del gioco vale, con ogni probabilità, già da sola il prezzo dell’acquisto del titolo e vi indurrà ad abbracciare un unico pensiero: “Come andrà a finire?”. Anche stavolta ci troviamo di fronte ad un azzardo più che riuscito. Stravolgere la trama di fondo, la mitologia a cui il brand ha da sempre attinto e tutto ciò che ne consegue, è stata una mossa audace, folle ma maledettamente riuscita. Cory Barlog, dunque, ha saputo ridare nuova linfa ad una saga pericolosamente avviata ad un triste e – diciamocela tutta – prematuro epilogo, sovvertendo ancora una volta le leggi del mercato.
Per tal motivo, siamo sicuri che quelli che a detta di Barlog stesso saranno i “numerosi sequel” ci offriranno lo stesso livello qualitativo, con la speranza – più che fondata – di trovarci a ripetere la stessa più che positiva analisi anche in futuro.
L’arrivo di questo nuovo God of War ha di fatto sancito un netto taglio col passato. Kratos è cambiato, il mondo di gioco è cambiato, la mitologia greca è stata abbandonata e tutto ciò che legava il Dio della Guerra al suo triste passato appare ormai definitivamente accantonato.
Il rischio di spazzare via un’intere saga, abbracciando la folle idea di andare a stravolgere in modo tanto massiccio un prodotto amato ed a tratti idolatrato da milioni di fan, era violento com’è violenta la furia del nostro eroe ed il rischio di fallire era praticamente dietro l’angolo. Cory Barlog e tutto il team di Santa Monica Studio, invece, ha compiuto un vero e proprio miracolo, modificando in toto l’esperienza di gioco di una della saghe più longeve, senza però intaccarne nemmeno minimamente la natura: Kratos è sempre Kratos, più maturo e loquace, ma sempre la solita furia che prenderebbe a pugni una montagna per le persone che ama. La storia di fondo, seppur diversamente raccontata e strutturata, alla fine degli eventi ci sembrerà, nonostante il netto taglio col passato, una normale evoluzione delle precedenti vicende e perfettamente legata a tutto il background narrativo di cui eravamo già a conoscenza.
In questo nuovo God of War si fanno le stesse cose di sempre: si risolvono puzzle ambientali più o meno difficili, si ritrovano consumabili e collezionabili, ma in più bisogna dedicarsi al potenziamento delle armi e delle abilità del nostro eroe, nel modo più divertente e meno noioso possibile. Le quest secondarie sono splendide, i luoghi nascosti da esplorare sublimi e tutto ciò che si apprende navigando insieme al piccolo Atreus semplicemente impagabile. Anche l’evoluzione del giovane Atreus stesso rappresenta una delle peculiarità più riuscite della produzione. Superata la stizza iniziale a causa delle sue poco felici e ridondanti affermazioni, ci darete ragione. Sia chiaro che, come dicevamo poc’anzi, God of War è approcciabile anche in modo più “diretto”, partendo spediti verso la questline principale, ma ve lo sconsigliamo vivamente. Lasciarsi trasportare dalla meravigliosa poesia che accompagna ogni passo di Kratos ed Atreus nel regno di Midgard è una delle gioie più sentite di questa generazione di console e chi ve lo dice ha giocato praticamente ogni titolo esistente sul mercato.
God of War è un titolo pressoché esente da difetti, un viaggio alla scoperta di un personaggio che pensavamo di conoscere ma che con la sua evoluzione da guerriero sanguinario a padre apprensivo – ma pur sempre minaccioso – saprà strapparci più di un sorriso (e forse una lacrimuccia) durante le oltre 25 ore di gioco necessarie per completarne la traversata. Sorretto da un comparto grafico e sonoro incredibile, da un sistema di combattimento che convince e diverte e da una quantità, e soprattutto una qualità, di attività complementari semplicemente perfette, il gioco si eleva, senza mezzi termini, sul tetto della generazione attuale di console.
Consigliarne l’acquisto è doveroso. Se siete o meno fan di vecchia data e avete una PlayStation 4 (se non ce l’avete compratela al più presto) non avete scuse: Kratos vi aspetta… vorrete mica farlo arrabbiare?