Prima di entrare nel cuore della recensione di Guild of Darksteel è doveroso fornire qualche informazione in più sul suo creatore, Igor Sandman. Difatti Guild of Darksteel è stato ideato, scritto e sviluppato dal solo artista belga estremamente versatile, il quale ha alle spalle una proficua carriera nella produzione televisiva e cinematografica.
Ed è proprio quest’ultima sua passione ad averlo spinto a creare Guild of Darksteel, con cui ha ricevuto una nomination al Best Art and Fresh Talent Prize presso i Belgian Game Awards.
“Guild of Darksteel è un lavoro fatto con passione che mi ha impegnato anni per portarlo a termine, anche se sarà veramente completo solo quando lo giocherai” ha dichiarato l’artista al debutto del suo gioco.
Guild of Darksteel è la sua opera prima e tutta l’esperienza maturata nel campo cinematografico permea il gioco stesso, guidato da una narrativa lineare e intensa, arricchita dai diversi personaggi che incontreremo nel corso della nostra avventura (anche se qualcosa, a mio avviso, è stata tralasciata).
A portare Guild of Darksteel sui nostri PC e console Nintendo Switch è l’editore Digerati, specializzato nel finanziare e sostenere progetti indie che molto probabilmente non riuscirebbero da soli a vedere la luce del giorno.
Fatte le dovute premesse possiamo inoltrarci tra i segreti tetri e oscuri della città di Ravenrock.
Guild of Darksteel, un mosaico quasi perfetto
In un titolo come questo, in cui la trama è il fulcro principale, non potrò spingermi troppo nel raccontare cosa vivremo all’interno del mondo di Guild of Darksteel.
Impersoneremo Sellsword, un immortale, che inconsapevolmente si ritroverà immischiato nelle trame di un diabolico complotto che ha preso vita nella città di Ravenrock.
La nostra immortalità ci è stata “donata” (le virgolette sono d’obbligo, in quanto è più una maledizione che un dono) dalla nostra armatura forgiata con il Darksteel, un metallo di una materia sconosciuta che una volta indossato non sarà più possibile rimuovere.
Stanco di vivere battaglie non sue, il nostro immortale si spingerà verso Ravenrock, perché li si dice che sia stato creato un paradiso per quelli come lui, che ormai vivono senza uno scopo: la Guild of Darksteel. Sellsword si unisce ad essa come mercenario e comincerà ad indagare i misteri che popolano le fondamenta della città. E mi fermo qui, altrimenti non avrebbe più senso giocarci.
Quello che posso dire è che la narrazione di Guild of Darksteel è ben scritta e scivola che è una meraviglia. Ogni personaggio che incontreremo ci aiuterà ad immergerci nel mondo oscuro ideato da Igor Sandman, donandoci un piccolo pezzo del grande mosaico creato dall’artista, con però qualche buco qua e là.
E proprio come un mosaico, solo alla fine puoi accorgerti se qualche pezzo è mancante. E questa è la sensazione che ho provato una volta terminato Guild of Darksteel. Ho sentito come se qualcosa fosse incompleto, tanto da spingermi a rifare tutto nella paura che avessi dimenticato qualche pezzo lungo il percorso.
Alcuni personaggi chiave, purtroppo, sono in un certo senso rimasti in sospeso, mentre il background di Guild of Darksteel è veramente profondo e meriterebbe molto di più per essere raccontato. Ed è un peccato, vista la narrazione ben costruita che mi ha veramente catturato, ma che se avesse avuto quella virgola in più mi avrebbe soddisfatto in pieno, invece che a tre quarti.
Forse è anche dovuto al repentino raggiungimento della fine, dopo il climax; come se non avessi avuto il tempo di gustarmi la scoperta finale, rovinando di conseguenza l’esito dello stesso.
Combattimento sì, ma anche no
Qui arriviamo a quella che secondo me è la nota dolente di Guild of Darksteel, ma andiamo con ordine.
Il titolo, stando alla descrizione del combattimento sulla pagina Steam dedicata, recita: “combattimento avvincente”. Non proprio, purtroppo. Se da una parte abbiamo le combo che sicuramente amplificano il gameplay, dall’altra…abbiamo solo questo.
Mi spiego meglio. Mano a mano che proseguiamo nella nostra avventura in Guild of Darksteel, sbloccheremo diverse combo, per un totale di sei. Ogni combo ha quelle che si chiamano affinità, identificate dal colore giallo oppure viola. Sfruttando le affinità, potremo abbinare diversi attacchi per sconfiggere più facilmente il nemico che si para davanti a noi.
Inoltre le combo sono potenziabili, grazie a delle gemme lasciate dai nemici caduti, e soprattutto lo si può fare alla velocità della luce, grazie al resuscitare dei nemici abbastanza frequente (a volte anche lasciando un’area della mappa e tornarci subito dopo, attiveremo il respawn degli avversari).
Fino a qui sembrerebbe tutto perfetto, ma purtroppo ecco che compare un altro buco del mosaico imperfetto di Guild of Darksteel. Tutto il discorso delle affinità, all’atto pratico, non cambia praticamente nulla. Mi sono ritrovato spessissimo (per non dire sempre) a usare la stessa combinazione di tasti, e una volta imparati i pattern degli avversari, ripetitivi e lenti, il combattimento perde mordente tanto da farlo (letteralmente) ad occhi chiusi.
L’unica veramente utile e che si può considerare un game changer nel combattimento di Guild of Darksteel è la combo che permette di rigenerarsi con i colpi inferti ai nemici, visto che non esistono pozioni per riacquistare punti vita. Un game changer a doppio taglio però, poiché una volta acquisita si perde del tutto il senso di sfida che si provava prima.
Accennavo ai nemici, i quali si dividono in 7 tipologie diverse che differiscono tra loro, in termini di difficoltà, solo nella resistenza ai nostri attacchi e nel numero di mosse che compiono. Prendo come esempio i briganti. Ce ne sono di neri e rossi. I primi compiono due attacchi e una parata e vanno giù con tre colpi, i secondi hanno tre attacchi, una parata e altri due attacchi e vanno giù con quattro colpi.
Capisci bene che una volta capito il meccanismo, il farlo ad occhi chiusi è realmente fattibile, soprattutto grazie a un riuscitissimo comparto sonoro di cui parlerò più avanti.
Insomma, devo purtroppo ammettere che se non fosse stata per la storia avvincente mi sarei annoiato e non poco. Anche perché i nemici sono piuttosto numerosi e non sarà praticamente mai possibile evitarli, se non in rari casi.
Allo stesso tempo capisco che l’obiettivo dello sviluppatore fosse quello di raccontare una storia e non di realizzare un combattimento chissà quanto impegnativo, proprio per facilitare il giocatore e godersi la trama da lui architettata.
La forza espressiva della pixel art
Se sul gameplay purtroppo non mi sono potuto risparmiare nelle critiche negative, adesso farò l’esatto contrario. Lo stile grafico di Guild of Darksteel è sontuosamente oscuro. Nonostante i toni di colore cupi e tenebrosi, il livello di dettaglio è altissimo.
Ad un primo sguardo la pixel art può sembrare povera di emozioni, abituati ormai al quasi fotorealismo dei titoli tripla A, ma Guild of Darksteel è un esempio di come questo tipo di arte contemporanea sia fortemente espressiva e di forte impatto emotivo.
Se poi ci si aggiunge una splendida colonna sonora, inquietante al punto giusto, ecco che il gioco è fatto. La musica si sposa perfettamente con l’ambientazione, aiutando a creare l’atmosfera ideale per muoversi nell’oscura Ravenrock.
Il comparto sonoro di Guild of Darksteel è estremamente preciso nel creare gli effetti giusti al momento giusto. Come accennavo sopra, riguardo al combattimento, il sonoro dà modo di capire perfettamente quando dover parare gli attacchi dei nemici.
Sempre durante gli scontri, ogni colpo e il rispettivo materiale che andremo a colpire, che sia carne o metallo, avrà il giusto suono nel momento preciso del contatto, dandoci modo di vivere a pieno il duello. Unica nota stonata è l’eccesiva ripetitività del motivetto durante i combattimenti.
Dal lato tecnico non ho riscontrato nessun bug e Guild of Darksteel, provato su Nintendo Switch, è risultato stabile nel corso dell’intera avventura.