Dobbiamo assolutamente parlare di Half-Life: Alyx. Se anche tu sei un appassionato di Half Life e come me non stavi aspettando altro che (il mai annunciato) Half-Life 3, potresti essere rimasto molto deluso dal fatto che Valve abbia sviluppato al suo posto Half-Life: Alyx. Se sei un amante della serie tendo a dare per scontato che con con grande probabilità sei un PC Gamer: in questa recensione ti andrò a spiegare perché Half-Life: Alyx merita un piccolo aggiornamento dei componenti del tuo PC e/o l’acquisto di un visore per realtà virtuale.
L’immedesimazione come rivoluzione
Intanto ti tranquillizzo, visto che nonostante il VR con Alyx stiamo comunque parlando di un Half-Life a tutti gli effetti. Il miracolo che stavolta Valve è riuscita a confezionare è proprio quello di aver saputo traslare lo stile e molte meccaniche di gameplay della serie Half-Life in un’esperienza in realtà virtuale, non stravolgendo questi elementi, ma evolvendoli e declinandoli in qualcosa di completamente nuovo. Half-Life: Alyx, al di là della presenza di Combine, Headcrab e compagnia, non si limita a raffigurare in VR soltanto l’immaginario della serie, ma riporta piccole chicche come l’utilizzo di oggetti “da sfondo” per la risoluzione di enigmi e un forte utilizzo della fisica per potenziare l’esperienza all’ennesima potenza.
Per farti un esempio esplicativo, in sostanza non dovremo rimuovere assi di legno delle porte confidando nell’iconico piede di porco, ma stavolta dovremmo staccarle con le nostre stesse mani. Ne deriva che tanti elementi di game design rimangono, ma è il tipo di approccio che cambia irreversibilmente.
Half-Life: Alyx e un’opera titanica, mastodontica, colossale, la prima e vera killer app per la realtà virtuale, in grado di fare impallidire persino il già ottimo Asgard’s Wrath. La parola chiave di questo titolo è immedesimazione, un aspetto così curato da essere all’inizio difficile da comprendere anche per chi, come me, ha fatto un largo uso della realtà virtuale anche prima di questo Half-Life.
Ti dico questo perché Alyx chiede al giocatore di venir giocato in maniera così realistica che per me, abituato ai canoni di giochi per VR e purtroppo ai loro attuali limiti, Half-Life: Alyx all’inizio è risultato persino difficile da giocare. E non perché il gioco non sia intuitivo, tutt’altro. Lo è a tal punto che mi veniva addirittura difficile immaginare alcune meccaniche!
Il gioco non rivoluziona quelle che sono le basi fondamentali di un buon FPS, genere a cui senza dubbio Alyx appartiene, ma sovverte il come vengono eseguite azioni che con controller o mouse e tastiera ormai per noi videogiocatori sono diventate quasi automatiche. Non ci sarà nessun indicatore a schermo che ci farà da guida, nessun reticolato ad aiutarci con la mira. Se si vuole mirare, bisogna portare la pistola all’altezza del viso e guardare all’interno del mirino con un occhio solo proprio come faremmo nella realtà.
Lo confermo e lo ribadisco, in Alyx la parola chiave è immedesimazione, raggiunta anche grazie a un comparto tecnico mai visto in un gioco VR, in grado di farci interpretare un’Alyx Vance in una City 17 più dettagliata, vera, viva e pulsante di quanto non abbiamo mai visto. Contribuiscono alla causa i pochi NPC che compaiono durante il corso del gioco, caratterizzati da un’interpretazione convincente ed animazioni facciali a dir poco incredibili.
C’è poco da fare, Valve ha dimostrato di saperci fare con la realtà virtuale, proponendo al giocatore oltre che un’enorme qualità, anche una quantità piuttosto sorprendente di opzioni di personalizzazione per spostamento della visuale e metodo di locomozione. Opzioni che permettono di sacrificare un po’ di quella magica immedesimazione in favore della possibilità, per chi soffre di motion sickness, di potersi gustare il titolo!
Certo, sono un po’ meno accessibili i requisiti di sistema per giocare il titolo nella sua veste grafica migliore, ma si sa che chi bello vuole apparire, un poco deve soffrire!
Simile quanto basta, ma completamente nuovo!
Grazie a uno stile che non tradisce i primi due capitoli della serie, fin dai primi minuti di Half- Life: Alyx ci sentiamo subito a casa. L’impulso di poter giocherellare con la radio, con i pastelli sul terrazzo di Alyx, di vivere ingenuamente gesti molto reali come se fosse la prima volta che li si fa davvero; per poi dopo qualche ora di gioco imparare a fondere l’interattività con i veri e propri cardini della serie. Come dicevamo prima, questi stilemi sono riportati con enorme coerenza in un mondo che è sì lo stesso che abbiamo imparato ad amare, ma allo stesso tempo richiede di essere approcciato in maniera completamente nuova.
Il nucleo del gameplay si trova letteralmente nelle mani di Alyx. Fin da subito la figlia di Eli Vance verrà fornita della sua personale “gravity gun”, che in questo gioco conosceremo come i “gravity gloves“. I guanti consentono ad Alyx di tirare a sé oggetti lontani con un colpo di polso e mostrano anche salute, munizioni e resina dell’utente. Il guanto sinistro è dotato quindi della capacità di fornirci velocemente informazioni sullo stato complessivo della protagonista, andando a sostituire un HUD a schermo che avrebbe minato la sensazione di immersione.
Al contrario di un normale first person shooter, in Half-Life: Alyx dovremo ricaricare l’arma manualmente, estraendo un caricatore vuoto per poi prenderne uno nuovo dalla nostra schiena, inserirlo e caricare i colpi. Questo rituale diverrà bene o male molto più veloce con la ripetizione, ma è anche vero che più avanti nell’avventura ci verranno proposte situazioni più concitate e frenetiche che mantengono così un grado di sfida e di stimolazione costante.
Questa sorta di realismo porta molto spesso a una sensazione perlopiù nuova per la serie, visto che trovarsi davanti uno zombie o vedere un Headcrab che si prepara all’assalto mentre si ricarica, è una situazione in grado di caricare di tensione il giocatore come mai successo prima nella serie. Il gioco ha un ritmo molto variegato, rallenta e aumenta di intensità in base alle situazioni che si presentano via via che si avanza, a volte action, a volte soft horror, ma che generalmente tende ad aumentare nel corso dell’avventura per poi culminare nei due capitoli finali, davvero ispiratissimi e da vivere al cardiopalma.
Anche la trama di questo Half-Life segue un climax, la nostra Alyx e suo padre verranno infatti riconosciuti come ribelli da un plotone di Combine e, se all’inizio l’obiettivo principale sarà quello di salvare Eli Vance, con l’incedere della narrazione finiremo per cercare di sottrarre un’ “arma” alla famosa fazione di alieni invasori. Non aggiungo altri dettagli alla trama perché altrimenti rischierei di fare enormi spoiler.
Non è tutta resina quel che luccica!
Anche se non intaccano più di tanto l’esperienza e a conti fatti si tratta di piccoli difetti, è giusto che in una recensione così entusiasta vengano mostrate anche le criticità di un titolo come Half-Life: Alyx. Ci sono diverse piccolezze che durante l’esperienza mi hanno infastidito. Partiamo dalla prima, ovvero la strana fisicità di alcuni oggetti: peccato che alcuni oggetti come martelli o calcinacci non possano infliggere danno se lanciati con una certa veemenza e che alcuni cadaveri sembrino quasi ancorati al terreno per quanto pesanti, quando poi nei panni di Alex possiamo alzare delle casse gigantesche senza uno sforzo eccessivo. Un’altra cosa che non ho gradito sono state le, seppur rarissime, compenetrazioni di oggetti nel terreno.
Ho trovato in generale il sistema di upgrade delle armi piuttosto superficiale; per carità funziona comunque alla grande ed è un’aggiunta piacevole alla formula, ma ho come avuto la costante sensazione che si sarebbe potuto fare di più, soprattutto considerando quanto diventa effettivamente soddisfacente vedere la progressiva evoluzione delle bocche da fuoco. Questi upgrade si possono effettuare inserendo all’interno di stampanti 3D i pezzi di resine che troveremo all’interno dei vari capitoli di gioco.
È qui che voglio prendere la palla al balzo per sottolineare una delle più grandi differenze con gli Half-Life precedenti. Servirà un grande spirito di osservazione per trovare i pezzi di resina che sono inseriti molto intelligentemente all’interno dei livelli. Half-Life: Alyx è un’esperienza che potremmo definire su binari, ma nonostante ciò da fan della saga ho sofferto per la limitata possibilità di esplorazione che ci viene fornita, di porte chiuse e insormontabili in cui sarei voluto entrare.