Heroland è un gioco che ha attirato l’attenzione di tutti gli appassionati di RPG, scuola consolidata grazie al suo peculiare stile grafico e per le infinite citazioni che sprizzano da ogni pixel. Il titolo si pone come una vera e propria parodia all’intero genere, grazie a battute e riferimenti sparsi per tutta la durata dell’esperienza. Vediamo insieme se vale la pena giocarlo.
La storia?
Il cavallo di battaglia di Heroland è proprio la storia o, per essere precisi, l’atmosfera che permea tutti i dialoghi. Di fatto, la trama del gioco non ha un vero e proprio sviluppo, tuttavia parte da un’idea semplice ed efficace: il nostro silenzioso protagonista, per aiutare la sua famiglia, per questo motivo è costretto a cercare un lavoro e lavorare come impiegato del parco. Il suo ruolo è quello di guidare i diversi clienti attraverso i dungeon, aiutandoli con le battaglie e creando un pizzico di atmosfera.
Da questa semplice premessa partono le varie, piccole avventure a cui assisteremo durante la nostra permanenza del parco, ognuna di essere caratterizzata da un’atmosfera incredibilmente goliardica fatta di battute, citazioni continue e giochi di parole.
In pratica, nonostante non ci sia un vero e proprio sviluppo di una grande storia, queste piccole sotto-trame riescono a divertire e intrattenere grazie all’umorismo che le caratterizza. Senza dubbio Heroland ha stile da vendere e questo si vede soprattutto nelle scenette tra i personaggi e nei diversi sorrisi che queste riusciranno a strapparti.
Purtroppo, c’è il rovescio della medaglia. Nonostante la maggior parte dei dialoghi sia interessante, ci troviamo comunque davanti a interazioni meno ispirate o portate eccessivamente alle lunghe.
Non siamo di fronte a una trama epica o appassionante ma a una serie di gag comiche che sfruttano il parco dei divertimenti come collante per le situazioni più assurde. Questo può essere un pregio o un difetto, dipende da ciò che desideri.
Un classico GDR?
Arriviamo ora a parlare della parte più debole di Heroland: il gameplay. Pur se divertente, se giocato in brevi sessioni, il gioco non vanta un gameplay degno di nota; si nota, infatti, una reinterpretazione della classica struttura da JRPG, ma con una linearità davvero eccessiva.
In pratica, per proseguire nell’avventura, dopo aver selezioniamo un dungeon, personalizzato il nostro gruppo, completato l’attività, non possiamo fare altro che tornare indietro per ricominciare ancora una volta. Questo loop non ci abbandona mai dall’inizio alla fine del titolo che, di conseguenza, diventa eccessivamente lineare o adatto a brevi giocate nei brevi ritagli di tempo.
A questo, poi, i n alcuni momenti dell’avventura,si aggiunge la necessità di “livellare” i nostri personaggi, ripetendo spesso i dungeon secondari per arrivare al livello di quelli principali. Questa meccanica si sarebbe sposata bene con una generazione procedurale dei livelli o con un pizzico di varietà in più nel gameplay, invece, in questo modo, l’applicazione rischia di essere semplicemente fastidiosa.
I dungeon, ovvero il fulcro del gameplay, iniziano tutti con la schermata di personalizzazione del gruppo. Qui possiamo scegliere gli eroi, la formazione (i personaggi davanti vengono attaccati più spesso di quelli nelle retrovie) e l’equipaggiamento. Ogni personaggio ha delle abilità individuali che lo differenziano dagli altri membri e preferisce armi di una certa tipologia dotate di un’abilità da utilizzare nel corso dei combattimenti.
Tutto questo, purtroppo, è fin troppo limitato. Le abilità dei personaggi, a livello strategico, non sono determinanti per l’esito dei combattimenti e il sistema di equipaggiamento permette di scegliere solo l’arma. Per essere un GDR, una personalizzazione così striminzita rende tutto fin troppo banale.
Lo stesso dicasi per il livello di difficoltà: non ci troviamo mai di fronte a battaglie strategicamente complesse. Tutti i nemici hanno delle debolezze, mai realmente importanti se siamo al loro stesso livello e, di conseguenza, Heroland tende a premiare maggiormente il grinding piuttosto che strategie particolari o sfruttamento dei punti deboli.
L’esplorazione dei dungeon stessi segue lo stesso principio di semplicità. Ognuno di essi è una linea retta (con qualche bivio occasionale) suddivisa in varie caselle. Ognuna di esse può ospitare un tesoro, un combattimento o una breve scenetta che fa andare avanti la storia.
Iniziando uno scontro ci troviamo davanti a un classico combattimento a turni, dove i nostri eroi sono posizionati sulla sinistra, mentre i mostri (in questo caso, membri dello staff travestiti) sono a destra. Ogni unità ha una barra ATB simile a quella vista nei Final Fantasy che, dopo essere caricata può svolgere la sua azione. A differenza della serie Square Enix, in questo caso, gli eroi sceglieranno in autonomia bersaglio e mossa.
Ad aggiungere un pizzico di strategia, ci pensa la nostra personale barra ATB. Il protagonista, infatti, è una guida tour che ha il compito di guidare, gli ospiti attraverso i dungeon. Durante le battaglie, quindi, abbiamo la possibilità di impartire degli ordini a un personaggio per volta (scegliendo mossa e bersaglio), di scegliere una strategia generale (usare solo abilità speciali, concentrarsi su un nemico, ecc) o di utilizzare oggetti. Una qualsiasi di queste azioni consuma l’intera barra personale, che poi deve caricarsi nuovamente.
Inizialmente la mancanza di controllo sui membri del gruppo può sembrare eccessiva, tuttavia ai livelli di difficoltà più alti, comprendere cosa selezionare con la nostra singola carica ATB può fare la differenza nelle situazione estreme,, questo comporta che, proseguendo nell’avventura il sistema di combattimento riesce a farsi apprezzare, pur rimanendo sempre molto semplice.
Una volta conclusi gli scontri, possiamo accedere alla distribuzione del loot che comprende diversi oggetti a tema (peluche, arredamento, statue) da donare agli ospiti. Essendo la guida, scegliamo noi a chi dare le ricompense, aumentando il loro livello di soddisfazione che può essere influenzato anche da piccole azioni, come dare ordini al singolo personaggio.
In pratica, la soddisfazione sostituisce i punti esperienza: più è alta, prima gli eroi salgono di livello quando finisce il dungeon. Allo stesso modo, più soddisfazione riceviamo, più il nostro personaggio raggiungerà il livello superiore. Un sistema davvero ben pensato, coerente con il contesto dell’avventura.
Non è tutto, se siamo particolarmente gentili con un eroe, aumenterà anche il suo livello di affinità con noi Questo sblocca una side quest che ci permette di approfondire il suo carattere approfittando di un tour personale in un dungeon. Niente di troppo profondo o emozionante, ma sicuramente un extra piacevole.
In sintesi, possiamo dire che Heroland ha un gameplay discreto, anche se la struttura estremamente ripetitiva del loop descritto all’inizio, rende tutto troppo lineare. A questo va aggiunta la totale assenza di esplorazione, sostituita dalle schermate sulla quale è solo necessario cliccare per raggiungere la destinazione desiderata.
Per maggiore chiarezza, ritengo che il gioco sia un’esperienza che andrebbe gustata in piccolissime dosi, piccoli episodi da gustare ogni tanto, per evitare di annoiarci troppo presto.
La realizzazione tecnica
Lo stile di Heroland è sicuramente la parte più riuscita del gioco, insieme all’atmosfera. Infatti, il particolare comparto artistico vede i modelli dei personaggi simili a dei pupazzetti di cartone: gli sprite sono quindi in 3D e sono animati in modo davvero ottimo, con parti del corpo che ruotano o che si deformano per enfatizzare le emozioni.
A questo si aggiungono gli scenari che, purtroppo, sono schermate statiche spoglie e ripetitive; probabilmente sarebbe stato necessario variare qualcosa in più.
Chiude il cerchio un comparto sonoro ben fatto, con melodie sempre adatte alle diverse situazioni ma che non colpiscono particolarmente.