A pochi giorni dalla Gamescom di Colonia, in cui sembra che Death Stranding, la nuova creatura di Kojima, sarà protagonista nella giornata di apertura, vogliamo ripercorrere la straordinaria carriera di un personaggio che ha saputo rendersi protagonista del medium videoludico nel corso degli ultimi trent’anni.
Nato nel 1963 a Tokyo, Hideo Kojima riceve sin dalla tenera età un’educazione molto particolare che sarà alla base del suo grande amore per il cinema.
Dalla passione per il cinema a quella per i videogiochi: Hideo Kojima
E’ stato lo stesso Hideo a raccontare, durante un’intervista, di come i suoi genitori gli impedissero di andare a letto la sera senza aver completato la visione dei più grandi classici del cinema, film vietati ai minori compresi, per poi chiedere a loro figlio di commentarne la direzione.
Questo portò Kojima a sviluppare un immenso amore per il cinema, per poi successivamente spingerlo, durante l’adolescenza, a intraprendere l’hobby di film-maker, con l’idea di farlo successivamente diventare una professione.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, la passione per i videogiochi arrivò solamente in età universitaria, grazie al NES con cui Kojima giocava durante le pause dallo studio.
I mondi che Hideo vedeva scorrere davanti a lui durante queste partite gli fecero avere un’intuizione: perché non sfruttare questo giovane medium in crescita, che dava libertà senza precedenti, per poter raccontare delle storie dandone la sua personale visione, esattamente come un regista cinematografico?
Per questo motivo il giovane Hideo comincia a lavorare per Konami nel 1986 e dopo essersi dedicato a Penguin Adventure come assistente, gli venne assegnato il titolo Lost World, un progetto che venne cancellato solo sei mesi dopo, cosa che, unita alla sua mancanza di conoscenze di programmazione, lo portò quasi a voler abbandonare il mondo videoludico.
Poco tempo dopo però, arrivò l’occasione che il giovane Hideo stava aspettando, poiché Konami era intenzionata a pubblicare un gioco che affrontasse temi più adulti, come quello della guerra.
Come nacque Metal Gear Solid
Kojima cominciò a sviluppare la sua idea da proporre ai vertici di Konami, e dopo mesi di incessante lavoro sia concettuale che per ottenere udienza con i dirigenti dell’azienda, alla fine riuscì ad esporre la sua idea. I dirigenti di Konami capirono subito di avere per le mani un’idea rivoluzionaria, e così il 13 luglio del 1987 uscì Metal Gear su MSX, che si rivelò un successo.
All’epoca un grosso problema era la potenza di calcolo delle macchine, la quale non permetteva di avere più di tre elementi nella stessa schermata, per cui il giovane Kojima ebbe un’illuminazione, non basare l’interattività del videogioco sul combattimento, ma fare di necessità virtù, richiedendo al giocatore di evitare i nemici nascondendosi alla loro vista.
Konami volle creare subito un sequel, Snake’s Revenge per NES, in cui però Kojima non venne coinvolto, e sulla scia di idee poco ispirate, il secondo capitolo venne dimenticato in fretta.
Kojima nel frattempo aveva già cominciato a pensare a nuove idee da sviluppare per altri titoli differenti, ma l’incontro con uno dei programmatori di Snake’s Revenge, lo spronò a rimettere mano alla serie Metal Gear.
Hideo chiese quindi a Konami di concedergli un maggiore budget e maggiore libertà per un nuovo sequel, con la promessa di produrre un successo mondiale, cosa a cui l’azienda acconsentì.
Kojima cominciò così a lavorare a Metal Gear 2: Solid Snake, in cui introdusse nuove meccaniche come la possibilità di produrre rumori per attirare i nemici, o quella di accovacciarsi. Questo secondo sequel ottenne un discreto successo sia di critica che di pubblico, nonostante alcune difficoltà in fase di sviluppo, prima fra tutte, l’intransigenza dei programmatori che non condividevano alcune delle idee del designer.
Questo spinse Kojima verso l’idea che fosse necessario avere un proprio engine per evitare queste problematiche, per questo i due titoli successivi su cui lavorò ossia Snatcher e Policenauts, furono anche degli esperimenti per capire se gli fosse possibile gestire ogni diverso aspetto di un titolo controllandolo in prima persona, caratteristica che caratterizzerà l’intera carriera di Kojima, e che solo qualche mese fa abbiamo scoperto essere l’aspetto nascosto dietro la dicitura “ a Hideo Kojima game”.
Nel 1998 Kojima viene promosso a manager da Konami, ed ottiene la possibilità di scegliere direttamente ogni collaboratore, come ad esempio, Yoji Shinkawa, conosciuto nel ‘93.
Subito cominciarono i lavori per il nuovo capitolo di Metal Gear, che per la prima volta, avrebbe assecondato le nuove evoluzioni tecnologiche portando la serie alle tre dimensioni.
Il team di Kojima realizzò un engine 3D partendo dal nulla, mentre Shinkawa cominciò a definire sia l’estetica che i modelli poligonali dei personaggi.
Metal Gear Solid uscì sulla prima console PlayStation tra settembre e ottobre del 1998 negli Usa e in Giappone, mentre arrivò in Europa solamente l’anno successivo, ma si rivelò comunque un successo globale.
Una trama di una profondità inedita per il medium, si univa, per la prima volta, a una narrazione dal taglio strettamente autoriale e cinematografico, regalando al giocatore alcuni dei momenti più memorabili dell’intera storia del videogioco.
Come dimenticarsi dei momenti toccanti che seguono la sconfitta del cecchino Sniper Wolf, capaci di esplicitare una miriade di emozioni dei protagonisti, nonostante i loro visi fossero composti da pochi pixel?
La capacità di Kojima di intrecciare saldamente narrazione e interattività, fece sbalordire qualsiasi giocatore all’epoca, grazie anche all’intuizione di rompere in alcuni momenti la quarta parete, andando ad interagire direttamente con il giocatore.
Esempio lampante è lo scontro con Psycho Mantis, in cui l’unico modo per poter colpire il nemico, era comprendere che questo potentissimo telepate leggeva le informazioni provenienti dall’ingresso controller 1 anticipando le nostre mosse, e che quindi era necessario materialmente spostare il pad nell’ingresso del controller 2.
Metal Gear Solid possiede due diversi finali a cui può arrivare il giocatore, ma entrambi sono finali che rendono la storia autoconclusiva, questo perché nell’idea di Kojima, il gioco non avrebbe dovuto avere nessun seguito.
Mentre la mente di Hideo era già diretta verso nuovi progetti e nuove idee, accadde però che la conversazione al telefono fatta da Ocelot durante i titoli di coda, che l’autore aveva messo come finto cliffhanger, venne vista dal pubblico come la dichiarazione di un seguito in lavorazione, cosa che non sfuggì neanche a Konami.
Non perdere la seconda parte del nostro approfondimento per scoprire come questo enorme successo abbia posto le basi di quella che tutti noi conosciamo oggi come Metal Gear Saga.
Se hai trovato interessante questo articolo, ti aspettiamo nella seconda parte.