Hitchhiker: a mystery game arriva finalmente in realtà virtuale, e noi di iCrewPlay abbiamo avuto la possibilità di provare e recensire la versione per Meta Quest. L’aggiunta della VR è davvero una cosa gradita e molto utile a questo titolo, considerando che potrebbe essere a tutti gli effetti considerata un’esperienza piuttosto che un vero e proprio videogioco. Andiamo a vedere come si sta sul sedile passeggero ma in realtà virtuale.
Hitchhiker si traduce letteralmente in autostop e l’autostop sul dizionario della lingua italiana viene descritto come pratica che prevede lo spostamento da un luogo ad un altro tramite un passaggio gratuito da parte di automobilisti in transito.
Una pratica misteriosa e anche un po’ spaventosa: il mistero è dato dal fatto di non sapere assolutamente nulla della persona con la quale si condividerà il viaggio, e probabilmente anche la paura, aumentata da film come the hitchhiker (2007) dove quattro ragazze si offrono di dare un passaggio ad un uomo autostoppista il quale poco dopo si rivela essere un maniaco assassino.
Se non altro in Hitchhiker: a mystery game, saremo noi quelli che hanno (indirettamente) alzato il pollice per chiedere un passaggio.
Hitchhiker: un passaggio non richiesto
La storia del nostro viaggio ci vede misteriosamente seduti sul lato passeggero di un furgoncino, in compagnia del conduttore del mezzo, quello che a tutti gli effetti sembra un contadino del luogo, il quale continua a parlare senza sosta, come se ci conoscesse da chissà quanto tempo, ma noi non abbiamo ricordo né di lui, né del perché ci troviamo lì, dove siamo diretti o cosa stiamo cercando.
Ci guardiamo intorno ma tutto ciò che vediamo sono campi agricoli deserti, nessun’altra vettura, nessun altra persona in vista; ancora campi e qualche piccola abitazione, ma sempre nessun segno di altre persone, nessuno che lavora nei terreni. Intanto l’autista continua a guidare, non sappiamo verso quale destinazione, non sappiamo neanche se abbiamo chiesto noi di essere diretti in quel non sappiamo dove.
Lui continua a parlare, ci racconta della sua scomparsa moglie, della quale non ricorda neanche il volto; ci invita a mangiare dell’uva passa dalla scatola che abbiamo proprio di fianco, tra noi e lui, dicendo che è di sua produzione. Tra i piedi abbiamo uno zaino che sembra nostro, con dentro solo uno spazzolino da denti.
Tutto questo tiene il giocatore incollato allo schermo, catturandone totalmente l’attenzione e trasmettendo da subito un senso di disagio e diffidenza verso il tizio che sta guidando la vettura. E sono passati solo pochi minuti dall’inizio di Hitchhiker!
Il titolo difatti si basa molto nel coinvolgimento del giocatore che sta vivendo quell’esperienza, mettendolo in situazioni strane e facendolo riflettere su come si sarebbe comportato nella vita reale.
Con me ci è riuscito benissimo; non ho avuto il coraggio di accettare l’uva passa, non mi fidavo dell’autista ed ho subito pensato male. Ho cercato sempre di rispondere alle domande come avrei fatto nella vita reale ed il risultato è stata un’immersione totale in questa strana avventura. Non nego che, in diverse occasioni, mi sono assicurato che la sicura dello sportello fosse disinserita, non si sa mai.
Se i primi minuti di Hitchhiker mi hanno catturato immediatamente, quello che succede da lì a poco ci è riuscito ancora di più: l’autista dice di non conoscerci, ma cercando cortesemente un oggetto da lui richiesto, nel cruscotto del suo veicolo… e qui mi interrompo perché è giusto che tu viva l’esperienza che ho vissuto io procedendo nel titolo!
Senza rivelare nessun altro dettaglio sulla storia, posso confermare che Hitchhiker riesce a tenersi stretta l’attenzione del giocatore per tutta la sua durata.
Puoi immaginare da solo che vivere questa esperienza a 360° tramite realtà virtuale, rende molto di più che guardarla su uno schermo e riesce a coinvolgerti ancora di più della sua controparte “normale”.
Gameplay
Se a livello di coinvolgimento e narrazione, Hitchiker si rivela molto profondo, la stessa qualità non può essere attribuita al gameplay. Tutto ciò che ci ritroveremo a fare durante il nostro viaggio sarà solamente guardarci intorno per scovare oggetti, premere su di essi per interagire, scegliere le risposte che daremo al nostro interlocutore di turno e risolvere qualche enigma, e anche in realtà virtuale, l’interazione con l’ambiente rimane al minimo.
Per la tipologia di gioco rappresentata da Hitchhiker non ci saremmo aspettati chissà quante azioni o quali assurde combinazioni di tasti per giocare, ma almeno le meccaniche presenti sarebbero potute risultare più profonde o strutturate meglio.
Proprio sugli enigmi mi piacerebbe spendere qualche parola; spesso bisognerà pensare molto fuori dagli schemi per risolvere il rompicapo che avremo di fronte. Interagire con un oggetto dentro il veicolo potrebbe far accadere qualcosa nell’ambiente che ci circonda all’esterno; cambiare la frequenza radio farà cambiare anche il clima quindi non dovremo limitarci a pensare in modo ordinario.
Un vero peccato che la presenza di questi enigmi sia minima, soprattutto considerando il fatto che sono molto ben strutturati e divertenti. Per quanto Hitchhiker sia un titolo molto interessante, il gameplay finisce qui.
HitchHiker: un autostop tecnico
Dal punto di vista visivo, Hitchhiker mantiene uno stile grafico molto basico ma che, per la tipologia di gioco, riesce a coinvolgere e far immergere il giocatore in questo viaggio, e gli oggetti con i quali interagiremo e andremo a esaminare saranno ben realizzati, non rendendo difficile il leggere eventuali scritte presenti.
Il gioco sarà solo sottotitolato in italiano, e questo è un gran peccato perché il doppiaggio inglese è veramente ad altissimi livelli. Ogni personaggio con il quale interagiremo, riuscirà a suscitare sensazioni ed emozioni diverse, grazie al proprio tono di voce e modo di parlare.
Purtroppo chi non riesce a tradurre l’inglese solamente ascoltandolo, sarà costretto a leggere i sottotitoli posizionati in basso rispetto alla nostra visuale, e questo vista la mole di dialoghi presenti nel gioco, farà perdere molte volte alcune sfumature di ciò che accade all’esterno del veicolo, e di cose strane fuori ne accadranno parecchie.
Una nota di merito deve essere data ai dialoghi, che spesso riusciranno a farci passare da un tema a un altro, senza rendercene conto: staremo parlando del gusto scadente dei cetrioli in quel ristorante, e un secondo dopo invece degli automi che sostituiscono gli umani durante i voli aerei, impazzendo a causa della bassa pressione. Collegamenti all’apparenza inesistenti ma che avranno un senso alla fine dell’avventura.
Il comparto sonoro è davvero ben fatto e presenta musiche che, pur non essendo memorabili, si sposano benissimo con il viaggio che stiamo affrontando, aiutandoci in questo modo a immergerci ulteriormente nell’avventura.