Hostlight è un puzzle game in prima persona, un genere che è allo stesso tempo facile e difficile da realizzare. A livello tecnico, infatti, questi giochi non richiedono chissà quali requisiti visto che danno più valore alla giocabilità e genialità del proprio level design che alla grafica, ma d’altro canto, per emergere dalla massa, richiedono anche una profondità, unicità e complessità spesso difficili da raggiungere senza le giuste idee.
Se hai seguito qualcuna delle mie recensioni, saprai bene che io adoro questo genere, soprattutto quando unisce delle meccaniche degne di nota a caratteristiche rilassate tipiche dei walking simulator. In tal senso Hostlight sembra avere tutto quello che cerco in un videogioco di questo tipo, a partire da un’atmosfera particolare fino ad arrivare ad una meccanica di gameplay affascinante che si basa interamente sul gestire dei raggi di luce di colori diversi.
Hostlight è un gioco particolare fin dalla sua genesi. Questi è infatti il risultato dell’esame conclusivo della classe “video game creation” della ESDIP, una scuola d’arte che ha sede in Madrid. Il prodotto finale è risultato così interessante da spingere Selecta Play, etichetta specializzata in videogiochi della compagnia Selecta Vision, a pubblicarlo e distribuirlo in tutto il mondo tramite Steam.
Insomma, è lecito aspettarsi un prodotto forse imperfetto e sicuramente ben distante da un titolo di prima qualità, ma anche molto promettente. La premessa è d’altronde immediatamente attraente per chiunque ami questa tipologia di videogiochi. Alla fine della fiera, però, vale davvero la pena acquistare Hostlight o è solo uno dei tanti prodotti simili che affollano il vasto mercato indie? Scopriamolo insieme.
Un fastidioso senso di deja-vù
Hostlight ci porta in un futuro non ben precisato di un mondo non ben precisato dove un’antica tecnologia coesiste con una natura che ha ripreso controllo degli ambienti. Qui vestiremo i panni un robot appena risvegliato che ha il compito di riattivare una misteriosa torre chiamata “guglia” lasciata sul luogo dai “costruttori,” l’antico popolo che ha realizzato tutto e che ora è scomparso per ragioni ignote. Per completare il nostro compito saremo assistiti da una “guida” che ci spiegherà cosa fare e come.
Sarà proprio la guida a spiegarci che dovremo usare dei raggi di luce per recuperare degli artefatti chiamati Chauron, utili ad attivare ognuno dei 24 piani della guglia. Quale è però il reale scopo di questa struttura? Che fine hanno fatto i costruttori? Perché ogni tanto la guida, che sembra sapere più di quanto dice, scompare? Cosa ci fanno nell’area i resti di altri robot simili a noi, tutti distrutti in modo diverso? Per avere queste risposte non abbiamo altra scelta che compiere il nostro destino, ma è davvero quello che ci viene detto?
L’atmosfera e la storia di Hostlight sono simili a quelli di altri mille puzzle game in prima persona, ma sono comunque interessanti e portati avanti in un modo piacevole. Niente filmati, niente spiegoni, ma dovremo essere noi a valutare ogni cosa che ci viene detta o che vediamo per trarre poi le risposte alle nostre domande e compiere la nostra scelta finale. Hostlight ha infatti due possibili finali che seguono una rivelazione che vorrei definire “a sorpresa,” ma che in realtà è molto scontata.
Arriviamo così al principale problema narrativo di Hostlight: sa tutto di già visto e già giocato. Anche senza scomodare altri titoli indie, se ti parlo di un robot in una struttura ignota che deve superare una serie di stanze usando la stessa meccanica di gameplay e venendo guidato da una IA apparentemente amichevole mentre gli elementi narrativi dell’ambientazione vengono suggeriti tramite dettagli sullo sfondo, a cosa pensi? Esatto, Portal 2. Uno non ci deve pensare neanche troppo.
Rosso, blu e… verde?
La struttura di Hostlight è quindi molto semplice. Per completare il gioco dovrai superare 24 livelli, ognuno diviso in due sezioni specifiche. Nella prima parte il tuo obiettivo sarà quello di muovere i raggi di luce di vari colori in modo che ognuno colpisca un sensore del colore corrispondente. Così facendo si aprirà uno scudo che ci permetterà di raggiungere i chauron presenti nel livello (all’inizio è uno, ma presto iniziano ad aumentare).
Una volta che li avremo raccolti tutti e portati nel punto centrale della stanza, inizierà la seconda parte del livello. Qui dovremo allineare i vari chauron in modo che l’ombra che proiettano sia identica a quella che vediamo al centro della colonna.
Questa seconda metà mi ha lasciato comunque perplesso perché è più semplice della prima, dura meno e non c’é proprio una soluzione di continuità tra le due. Sembra un’aggiunta casuale giusto per dare ciccia al titolo, ma poteva essere tolta senza problemi.
Anche perché il 75% del gioco lo passeremo dietro ai raggi di luce che compongono il gameplay principale di Hostlight. I riflettori infatti emettono solo i tre colori primari, ma i sensori potrebbero essere anche dei colori secondari o bianchi e dovremo quindi agire di ingegno non solo per muovere i raggi nel modo giusto, ma anche per far sì che il colore finale sia quello corretto. Per “aiutarci” ogni stanza offrirà degli elementi come specchi, delle lenti di uno specifico colore attraverso cui far passare i raggi e così via.
Devo ammettere che i puzzle proposti sono divertenti, hanno un buon livello di sfida e spesso richiedono di pensare al di là degli schemi per essere risolti. Tutto apprezzabile, ma non ho compreso la scelta dietro i colori primari.
Se infatti ti chiedo quali sono, che rispondi? Blu, rosso e giallo, giusto? Beh, teoricamente è corretto perché a scuola ci insegnano i colori primari additivi che sono questi. Hostlight però usa lo schema meno conosciuto dei colori primari sottrattivi!
Questi sono quindi blu, rosso e verde! Sia chiaro, di per sé questo non è un errore. Quelli nel gioco sono raggi di luce ed effettivamente la luce usa i colori primari sottrattivi (tanto più che altrimenti è difficile ottenere il bianco), ma un videogiocatore che non ha queste conoscenze, può facilmente pensare a un errore. Senza contare che, a prescindere, l’utilizzo dei meno conosciuti colori primari sottrattivi confonde e rende il primo approccio a Hostlight molto più difficile.
Il problema è che già di per sé il primo approccio a Hostlight non è dei più facilissimi visto che i comandi sono tutto tranne che intuitivi. Non parlo ovviamente di quelli legati al movimento del nostro avatar, ma a quelli che servono a ruotare e direzionare oggetti e riflettori.
Di base, se l’oggetto lo permette, possiamo spostarlo sugli assi x e y e anche ruotarlo in senso orario e anti-orario. Possiamo inoltre rallentare lo spostamento tenendo premuto SHIFT. Un sistema di comandi completo sulla carta, ma che confonde non poco nell’applicazione.
Ci sono poi delle criticità non da poco sempre legate ai comandi, la prima delle quali è la precisione millimetrica richiesta, sia nel muovere i raggi di luce sui sensori che nel dover interagire con gli oggetti.
Se non hai la telecamera precisamente centrata ed alla giusta distanza, non farai nulla. Poi devo ancora capire perché si è mantenuta la visuale libera quando si utilizza un riflettore. E’ chiaro che voglio guardare verso dove va il raggio di luce, ma Hostlight non lo farà automaticamente e se non muoverò il mouse di conseguenza, perderò di vista tutto!
C’é poi un’ulteriore complicazione data dai frequenti drop del frame rate. Ok, lo ammetto, non ho un computer potentissimo, motivo per cui spesso recensisco per steam giochi dai bassi requisiti grafici. Il punto è che non solo soddisfo quelli richiesti da Hostlight, ma ho giocato anche roba con ambienti MOLTO più complessi (tipo Recursive Ruin per dirne uno) e non ho MAI avuto problemi. Quindi o i requisiti richiesti sono sbagliati (ma perché dovrebbero visto che la grafica è abbastanza semplice) o c’é qualcosa che non va a livello tecnico.
Perfetto, ora unisci questi drop alla precisione richiesta da Hostlight e puoi capire perché la mia esperienza di gioco sia stata ESTREMAMENTE frustrante. Visto che il movimento di precisione dei raggi procede con piccoli scatti, c’é stata più di un’occasione in cui ho perso minuti, se non ore, a cercare di centrare nel modo giusto un punto con un raggio di luce. Sapevo la soluzione, sapevo che era quella, ma non riuscivo ad attuarla per problemi esterni e questo è tremendo.
Luce, movimenti, suono e riflessi
Dovessi riassumere con una frase la direzione artistica di Hostlight direi: “né carne, né pesce.” La grafica è rozza, ma decisamente passabile e comunque riesce a non confondere il videogiocatore che avrà sempre chiaro cosa sta guardando. Gli ambienti sono sempre poco animati, abbastanza deserti e ripetitivi. Di per sé questo non è un problema, molti puzzle game in prima persona sono così, ma manca a prescindere quel senso di “wow” caratteristico dei migliori titoli di questo genere.
Per altro, per un gioco che basa tantissimo del suo gameplay sulla luce… la resa grafica dei raggi di luce e dell’illuminazione in generale è davvero scarsa. Certo, i colori sono evidenti, si comportano bene ed è tutto molto chiaro ai fini del gameplay, ma sono così piatti ed anonimi che non si può non essere un po’ delusi. Gli effetti di luce stessi sono deludenti, se non proprio completamente assenti. In generale è difficile non risultare un po’ amareggiati dall’aspetto finale di Hostlight una volta che si è avviato il titolo.
Fortunatamente il gioco recupera quasi immediatamente punti con un buon level design, cosa che si nota soprattutto nel modo intelligente con cui hanno progettato le stanze e le hanno cosparse non solo di accessori utili alla risoluzione del puzzle, ma anche di dettagli che suggeriscono la storia del mondo in cui Hostlight è ambientato. Il character design torna invece ad essere abbastanza anonimo e non ispirato, ma di base questo si riduce alla nostra guida e a qualche robottino distrutto. Non ci si fa neanche troppo caso.
Passando al reparto sonoro, anche qui siamo sul passabile andante. Le musiche ambientali che ci accompagneranno sono sinfonie tanto piacevoli quanto anonime che passeranno presto sullo sfondo mentre ci spremeremo le meningi sul nuovo complesso puzzle da superare. Buono il doppiaggio completo dei vari “dialoghi” presenti, ma anche per quanto riguarda l’audio si può tranquillamente dire che Hostlight ha svolto il compitino richiesto e ha fatto poco di più.
Non basta un raggio di luce per fare il sole
Concludendo la nostra recensione, come valutare questo Hostlight? Dovessimo basarci solo su quanto scritto, il quadro finale apparirebbe molto più negativo di quanto è in realtà. Hostlight continua infatti ad essere un buon puzzle game in prima persona che basa il suo gameplay su un’idea tutto sommato efficace e la sviluppa bene per dare al giocatore una buona sfida da superare, circondata da un’ambientazione evocativa e piena di segreti, oltre che da un’ottima narrazione indiretta. I testi dei sottotitoli sono per altro tradotti bene in italiano e questo è apprezzabile.
Il problema di Hostlight è che non basta un buon raggio di luce per fare una giornata di sole. Le criticità di cui soffre questo titolo non sono poche e non sono piccole. Bastano ed avanzano a rovinare quasi completamente un’esperienza di gioco che potrebbe essere più gratificante.
Una persona potrebbe criticare che basta avere un pc più performante ed è vero (in parte, visto che alcuni problemi restano), ma spesso i videogiochi di questo genere sono scelti proprio da chi ha computer poco potenti. D’altronde i requisiti minimi sarebbero da rivedere, se il problema è questo.
Insomma, Hostlight vale i 12,49 euro che costa su Steam (anche se al momento in cui scrivo questa recensione è scontato)? Personalmente no, a meno che non si soddisfino delle specifiche ben precise, ovvero si sia un vero amante di questo genere di videogiochi e si abbia un computer decisamente più potente di quanto i requisiti scritti indicano. A quel punto allora l’esperienza su Hostlight può probabilmente essere molto più soddisfacente di quanto lo è stata per me.
Detto ciò, ripeto, non voglio bocciare questo gioco e non voglio che passi l’idea che lo stia facendo. E’ il primo progetto di una classe di ragazzi di Madrid che si stanno preparando a gettarsi nel settore dei videogiochi. Gli elementi di interesse sono parecchi e sotto molto punti di vista Hostlight è più valido di quanto si potrebbe pensare. Il level design e il modo in cui la narrazione viene portata avanti, per quanto sappiano di già visto, riescono comunque a mantenere quanto il titolo promette all’acquisto.