Gli anni ’90 continuano a tirare, almeno videoludicamente. Quel periodo che va dalla fine degli anni ’80 al 1994 circa, anno di uscita della prima PlayStation, occupato dalle console di quarta generazione viene visto oggi, in epoca di ultra HD e giochi ai limiti del fotorealismo, con la tipica nostalgia con cui si guarda ad un’età dell’oro passata.
Questo fa sì che, sempre più spesso, nel panorama indipendente (e non solo) si ripropongano titoli ispirati a quel periodo e realizzati con le medesime tecniche dell’epoca. E’ questo il caso di Huntdown.
La società di Huntdown
Dopo un conflitto globale, la società per come la conosciamo si è evoluta in una sua versione iperviolenta, con bande criminali che hanno preso il sopravvento. Le forze dell’ordine sono ridotte all’impotenza, combattono strenuamente con pochissime possibilità di sopravvivenza, mentre i cittadini sono costretti a nascondersi.
In questa situazione caotica, tocca ai cacciatori di taglie scendere per strada ed eliminare i delinquenti che hanno trasformato la città in una zona di guerra.
Sfruttando questa ambientazione, Huntdown si presenta come un’interessante shooter arcade a scorrimento in 16 bit, che riprende dal passato dettagli di gameplay e grafiche.
Dovremo farci largo tra esplosioni, orde di delinquenti cyberpunk avanzando di contratto in contratto ed eliminando i boss delle varie gang che si contendono il territorio.
Se l’atmosfera ricorda film come I guerrieri della notte, il gameplay richiama direttamente classici come Robocop, Contra o Metal Slug. La componente platform serve principalmente ad aiutarci a prendere posizione ed eliminare, sfruttando le coperture, le orde di skater armati di mazze da hockey, punk vestiti di pelle e motociclisti che spuntano da tutte le parti lungo livelli frenetici.
Potremo scegliere tra 3 cacciatori di taglie: l’umana Anna Conda, il cyborg John Sawyer e il droide Mow Man. Indipendentemente dalla scelta prenderemo ordini da Wolf Mother, rappresentante della Shimamoto Corporation, che ci darà le informazioni sui 5 boss delle varie bande che imperversano per la città.
Il nostro compito è semplicissimo: eliminare i 5 boss, incassare le taglie e passare alla banda successiva.
Ognuno dei 3 cacciatori di taglie a nostra disposizione in Huntdown ha una diversa arma primaria, ma a parte questo condividono lo stesso move set, così come l’abilità di raccogliere tutte le armi secondarie che trovano sul campo.
Oltre ad approvvigionarsi con lanciarazzi, bombe termiche, fucili da cecchino e mitragliatori futuristici, i protagonisti possono scivolare per schivare gli attacchi, calciare i nemici più vicini e usare oggetti e angoli bui per prendere copertura.
La possibilità di rotolare nei pressi di una nicchia, ripararsi e rispondere al fuoco di un nemico che sta facendo la stessa cosa è una di quelle meccaniche di gioco che coinvolgono immediatamente il giocatore, rendendo il gioco divertente dai primi minuti mentre avanziamo sotto una pioggia di proiettili che sibilano e rimbalzano da tutte le parti.
Il cacciatore di taglie può sparare solo orizzontalmente; se da un lato questa è senza dubbio una limitazione, d’altro canto ci consente di concentrarci sull’azione utilizzando l’ambiente a nostro vantaggio, elemento questo di vitale importanza per la nostra sopravvivenza.
Le varie zone che compongono la città di Huntdown sono tutte suddivise in 5 brevi livelli che seguono tutti lo stesso schema: saltiamo fuori dalla nostra auto sportiva (altro omaggio a classici come Narc), ci facciamo strada attraverso un’area all’aperto, continuiamo a fare fuoco in una location indoor dove, dopo avere fatto fuori alcuni teppisti, ci aspetta il boss di turno. Sconfitto il boss potremo tornare alla nostra vettura e ricevere informazioni sulla successiva area e relativo capo banda.
I vari livelli sono tutti simili, ma il ritmo salva il gameplay
Uno dei pochi aspetti deludenti del gioco è proprio questo: i livelli sono tutti uguali nella struttura, e vengono affrontati come un flusso ininterrotto che diventa routine abbastanza presto.
Certo, ogni area ha un aspetto differente ed è infestata da nemici diversi per stile e aspetto, ma fondamentalmente tutto si svolge sempre allo stesso modo. Esterno, interno e boss.
Tuttavia, la mancanza di varietà nelle missioni è compensata dal divertimento dato dall’avanzare attraverso gli agguati mortali che ci tengono le gang, così come il livello di dettaglio della grafica pixellosa conferisce a tutto un senso di realismo difficile da spiegare senza prendere in mano il pad.
Il nostro cacciatore di taglie risponde a meraviglia ai controlli mentre avanziamo tra le sparatorie, i suoi vestiti svolazzano mentre salta e scivola e le sue armi trasformano i nemici in poltiglie sanguinolente e gli oggetti dello scenario in rovina.
A tutta questa qualità, e quantità, dobbiamo aggiungere le battaglie con i boss. Questi combattimenti sono delle vere e proprie chicche: affronteremo veloci lottatori di wrestling, culturisti, motociclisti, cecchini e perfino un portiere di hockey folle all’interno di uno stadio pieno di delinquenti. Ognuno di essi ha uno stile di combattimento differente, che dovremo imparare a conoscere per sconfiggerli. Gli scontri hanno il giusto bilanciamento tra l’essere sfidanti senza essere arrivare ad essere eccessivamente punitivi.
In effetti, in generale, Huntdown riesce a riportare il gameplay dei run n’gun vecchia scuola lasciando da parte l’elevata difficoltà tipica dei coin-op. Almeno a difficoltà normale.
Incredibilmente, c’è tanto parlato nel gioco sia per quanto riguarda i cacciatori, sia per quanto riguarda boss e nemici vari che incontreremo. I boss, oltre a distinguersi per stili di combattimento, hanno anche delle personalità ben definite che emergono durante gli scontri.
Come in tanti altri titoli di questo tipo, Huntdown è ricco di riferimenti alla cultura pop: ad esempio un boss con un nome vagamente russo non fa altro che ripeterci che ci spezzerà in due, mentre un veterano di guerra continuerà a girare “che orrore, che orrore” mentre cerchiamo di evitare il suo fuoco pesante e le granate.
Una colonna sonora che si adatta alla perfezione
Anche la colonna sonora è un buon miscuglio tra sonorità heavy metal e synth, che talvolta finiscono per somigliare a brani presi dalle colonne sonore di Terminator e Robocop.
Una volta terminate la campagna, il gioco ha tre livelli di difficoltà crescenti che ne garantiscono una discreta rigiocabilità, con la modalità Badass che si sblocca terminando il titolo e in cui dovremo eliminare tutti i nemici senza morire per guadagnare delle medaglie.
Ad aumentare la rigiocabilità ci pensa la modalità in co-op locale, perfettamente implementata all’interno dei livelli.
Detto della colonna Sonora, Huntodown su Switch si comporta bene anche dal punto di vista visivo, con un framerate fisso sui 60 fps sia in modalità dock che portatile.