Sei un appassionato di videogiochi? Fai due passi insieme a me alla scoperta di titoli che avrai dimenticato, o forse sei (beato te) troppo giovane per averli vissuti, scoprirai quanto è profonda la tana del bianconiglio. E se hai la passione per il retrogaming dovresti leggere questo articolo, magari può interessarti.
Sembra passata un’era geologica da quando mio padre tornò a casa con in mano un Philips Videopac G7000, e in effetti sono passati quasi 40 anni. Lo so, molti di voi sono corsi su Google a fare una ricerca, anche io ho dovuto farla perché non ricordavo il nome della console, siete giustificati.
Come dimenticare le partite in doppio con mio padre ad un gioco di corse di automobili con vista dall’alto (che avrà poi sicuramente ispirato i vari Super Off Road), impugnando un joystick di cui ad oggi non riuscirei a spiegarvi il triste funzionamento. Il mio destino era segnato, mio padre mi aveva marchiato a fuoco con la dicitura “videogiocatore”.
Ad oggi tanti mi direbbero: “Beato tu che hai avuto un padre videogiocatore”, la realtà però è tutt’altro che semplice, non mi ha reso soltanto un videogiocatore ma un curioso riguardo tutto ciò che gira intorno alla tecnologia.
“Alexa, imposta luci della stanza soffuse” – “Alexa, metti un po’ di musica triste” – “Alexa, riportami indietro ai miei 8 anni”. Vi piacerebbe? A me si, molto, visto che sto per iniziare una serie di articoli incentrati sull’evoluzione dei videogiochi in 40 anni, dove citerò titoli che risveglieranno i tuoi ricordi, o la tua curiosità nel caso fossi un giovanotto.
Torniamo al discorso videogiochi
Non sempre riesco a ricordare tutti i titoli che ho giocato in ordine cronologico, d’altronde ero soltanto un bambino di 6 anni (e ora di anni ne ho 44), cercherò tuttavia di fare uno sforzo per te. Vorrei farti rivivere, anche se miseramente in forma scritta, quello che il progresso in ambito videoludico mi ha lasciato, farti sorridere e comprendere quanto in 40 anni il mondo dei videogiochi si sia evoluto.
I videogiochi all’epoca non avevano una trama, tantomeno potevano godere di chissà che impatto grafico visto l’hardware dei tempi che furono. Il tutto si riassumeva in videogiochi con pochi sprite colorati da muovere, come nel caso del gioco dal titolo Race, un titolo composto da quella che doveva essere una pista vista dall’alto e due automobili da corsa che sfidavano.
Per l’epoca era qualcosa di strabiliante anche se costava un occhio della testa, pensai infatti che mio padre era stato un folle all’epoca a spendere tutti quei soldi per quella roba. Poi mi volto, guardo il mobile accanto al mio PC e notando Nintendo Switch, Xbox Series S, PlayStation 5, ed un Bartop Arcade da me costruito, comprendo che forse mia nipote dirà lo stesso di me.
Parlando proprio con un amico giorni fa mi rivelò che casa mia era più simile ad una sala giochi, e degli amici ero quello che aveva sempre i giochi appena usciti e il PC più performante e recente (si perché anche io mi sono evoluto insieme ai videogame), ma come sono passato da Race su Phillips Videopac G7000 a Returnal in 4K su PlayStation 5? Ti piacerebbe saperlo vero, ci arriveremo tranquillo.
Il mio battesimo nell’ambito dei videogiochi
Magari tu ricorderai, non so, Monkey Island o Rampage se sei più vecchiotto, credimi se ti dicessi “beato te”, il primissimo videogioco che ricordo io è proprio del Philips Videopac G7000, era uno spazzolino che doveva passare su dei denti per evitare che i mostri cattivi li rovinassero, bello vero?
Quello è il primo videogioco che io ricordo, ed ogni volta che vedo un videogioco in 4K su PC o console mi domando come possa essere possibile, sembrano passati 1000 anni da quando videogiocavo su un vecchio tubo catodico, con una console che aveva si e no 3 sprite colorati su schermo che si muovevano poco e male.
Posso affermare che l’era videoludica Videopac G7000 era più o meno tutta uguale, sempre i soliti sprite che potevi muovere su schermo. Sprite che una volta formavano un’automobile, un’altra volta uno sciatore, ed ancora una sottospecie di Enterprise. Tutto era lasciato all’immaginazione.
Era divertente, ma era ancora più divertente attendere mio padre che tornasse a casa la sera portandomi un Masters of The Universe o un bellissimo Transformer nuovi di zecca, poi vabbè… che giocavo anche con i pupazzetti dei Puffi è un altro discorso.
Qualche tempo dopo, cabinati da bar e Commodore 64
Qui le cose si fanno leggermente più interessanti, si da il via a ciò che sarà il mio futuro a venire grazie ai primi cabinati da bar. Ogni mattina mia madre mi vestiva, mi accompagnava a scuola, ed ogni mattina finivo per passarla in un bar davanti ad un cabinato arcade di Karate Champ.
I miei ricordi da bambino non sono proprio accuratissimi, però ricordo un ragazzo più grande che mi insegnava a giocare, povero ragazzo non sa di aver creato un mostro su Street Fighter II, di cui parleremo molto più avanti e avremo modo di sorridere.
Se al bar ero solito giocare a Karate Champ, a casa invece mio padre aveva portato uno scintillante Commodore 64, a cartucce ovviamente, le buone abitudini non muoiono mai, ma non passò molto tempo prima di evolversi al Datassette.
Ormai ero passato dal ricevere Masters e Transformers o Cavalieri dello Zodiaco, a ricevere cassette di videogiochi per Commodore 64, titoli diversi ma che fondamentalmente nascondevano lo stesso gioco con qualche piccolo cambiamento.
Circus Charlie, Jungle Hunt, Aztec Challenger, Pitfall, e Rocket Ball, ma pochi di voi ricorderanno che avevamo un counter al lato del Datassette, ogni gioco iniziava il suo caricamento da un punto specifico della cassetta che potevamo segnare su un quaderno proprio grazie a quel contatore.
Ogni volta che volevo giocare ad un gioco andavo a vedere se mio padre aveva segnato sul quaderno il numero del contatore da cui partiva il caricamento, se quello era mancante dovevo armarmi di pazienza e caricarli tutti dal primo fino a quello di mio interesse, comodissimo non trovate? E poi vi lamentate dei caricamenti lenti delle console.
Per ciò che riguarda il titolo Rocket Ball, che ho precedentemente citato, vorrei raccontarvi un piccolo aneddoto, ogni volta che giocavamo insieme a quel titolo mio padre mi raccontava che da ragazzo era andato con amici a vedere un film al cinema dal titolo Roller Ball, e si avete capito dove voglio andare a parare vero?
Quando vidi per la prima volta Roller Champions targato Ubisoft, e ne ho anche parlato in questo articolo, il rimando a Roller Ball o a vecchi videogiochi come Rocket Ball fu proprio grazie a mio padre, crescendo infatti acquistai il DVD di Roller Ball e lo vidi insieme a lui, tanto me ne parlava che la curiosità era diventata insostenibile.
Dal Commodore 64 a cassette pian piano si passò al Commodore 64 a floppy, che erano grandi (e consistenti) quanto un tappetino del mouse dei tempi attuali, associo tutto a Strider, un videogioco di cui ero innamoratissimo, e ricordo con un sorriso anche l’attuale casa dove mio padre aveva adibito una stanza solo per il Commodore 64 e tutto l’armamentario.
Quella che poi è la mia stanza attuale, che col tempo si è evoluta sembrando quasi una sala giochi, è proprio vero spesso sono i nostri genitori a tramandarci le loro passioni.
Un assurdo salto, dal Commodore 64 al PC
Non c’è stata una via di mezzo per me, tutto ciò che c’è nel mezzo l’ho vissuto a casa di amici, giocando a Super Mario Bros sul Nintendo Entertainment System di un mio amico, oppure a Forgotten Worlds con l’Amiga 500 a casa di un altro amichetto. Era l’era del dominio Amiga 500, e io infatti potendo scegliere… beh… avete capito.
Iniziavano a comparire videogiochi con una trama e dei livelli diversi dai precedenti, con gameplay più immersivi, e non i soliti livelli ripetuti soltanto più difficili. Il mondo dei videogiochi era in piena evoluzione e The Games Machine era il secondo editoriale più acquistato dai ragazzi. Il primo era “Le Ore”, manco a dirlo.
Toki, Bubble Bobble, Rainbow Island, Golden Axe, Double Dragon, e tutta una serie di videogiochi che potevo giocare o in sala giochi o a casa di questo mio amichetto. Era logico che giocarli in sala giochi però dava tutto un altro sapore, specialmente considerando che spesso i porting per home console o home computer erano inguardabili.
La sala giochi l’ho vissuta abbastanza anche se non amavo particolarmente i titoli che venivano proposti, se non con rare eccezioni come Golden Axe, Super Off Road, Out Run, o Wonder Boy in Monster Land, ma niente di eclatante, trovavo i giochi da bar troppo frustranti e complicati, e l’intento era quello infatti, spennare il più possibile i giocatori.
Se ci capitava occasione io e il mio amico mostravamo la nostra bravura a Bubble Bobble, titolo che giocavamo anche a casa sua allenandoci nei vari livelli, ed eravamo piuttosto bravini seppur non lo abbiamo mai finito.
Di pari passo casa vivevo mondo tutto diverso, meno incentrato sui videogames, con uno dei primi PC portatili, se così si può definire, un Amstrad PPC 512, che custodisco ancora perfettamente funzionante.
Prince of Persia in CGA (Color Graphics Adapter) con la bellezza di 16 colori ma giocato da me, purtroppo, su un monitor monocromatico verde, ma che entusiasmo ragazzi. La prima volta che vidi quella specie di immenso PC sul tavolo in salone ricordo le mie parole di mio padre, in puro accento romano disse “Nun lo toccà neanche”, ma gli ho dato ascolto secondo te?
Ho aspettato che si mettesse a dormire per scendere, ho aperto la borsa che lo conteneva, e l’ho acceso, trovandomi davanti uno schermo che recitava il messaggio “inserire un disco con MS-Dos“. E che è sto MS-Dos? Pensi che io mi arresi li? Ma quando mai.
Se pensi che un manuale di Dungeons & Dragons sia difficile da comprendere, non hai mai messo le mani su un qualsiasi manuale di MS-Dos, tipo 1000 pagine di roba incomprensibile per un ragazzino di 12 anni, passai infatti la notte la notte a sfogliare quel manuale cercando il modo di far partire il sistema operativo.
Ma non finì certo li, spulciando nei dischetti nella borsa trovai un floppy con scritto Rampage sopra, cos’era? Lo avrei scoperto a mie spese passando la notte ad accompagnare King Kong nella sua follia, fra distruzione di palazzi e il cibarsi di povere persone.
Mentre gli altri giocavano a Super Mario Bros 2 o a Rastan io ero ormai immerso nella curiosità che quell’aggeggio grosso, imponente, complicato da comprendere chiamato Amstrad PPC 512 mi trasmetteva.