Se sei giunto qui è arrivato il momento per te di leggere la seconda parte della rubrica “I videogiochi da zero ad oggi”. Se non hai già provveduto ti invito ad andare a leggere la prima parte, magari potresti trovare nell’articolo titoli di videogame che avevi dimenticato.
Ma iniziamo, non siamo mica qui a lisciare il pelo di Trico no? Hey Google, metti un pò di musica triste, che qui continuiamo a percorrere il viale dei ricordi.
Il mio primo PC, le fiamme, e Street Fighter II
Col passare del tempo mio padre si decise ad acquistare il primo PC, ovviamente tenendomi all’oscuro di tutto, finalmente era arrivato il momento di giocare a Prince of Persia e Rampage in modo normale, senza diventare cieco con un monitor monocromatico verde.
Purtroppo ero solito smontare tutto ciò che avevo a tiro, e in quel frangente, con in mano un PC nuovo di zecca spostai il selettore dell’alimentatore da 240 a 320. A casa mia era partito il capodanno cinese, le scintille si vedevano a distanza di chilometri.
La mia logica mi disse che 320 era un numero più grande di 240, quindi vuol dire che era migliore. Mio padre la sera tornando a casa mi spiegò, a pizzoni, dove aveva fallito il mio ragionamento e il giorno dopo si presentò con il PC riparato.
Il PC per me era come qualcosa di già visto, dapprima infatti ci furono i maledetti flopponi da 5.25 pollici morbidi (come quelli del Commodore 64 per intenderci), e portarli a scuola era un’impresa non da poco, soprattutto se facevano la fine delle merendine, ma presto (e per fortuna) furono sostituito dai floppy più piccoli e rigidi da 3,5 pollici.
Un giorno mo padre mi portò un videogioco che adoravo in sala giochi, Joe & Mac Caveman Ninja, lo giocavo anche a casa del mio amico con l’Amiga 500, ma giocarlo a casa mia con il PC sarebbe stato un sogno. Tornato a casa però il mio sogno si infranse davanti al vetusto MS-DOS, in quanto il gioco richiedeva un processore 386 per partire.
Non mi addentrerò in discorsi tecnici e hardware, ma il processore 386 aveva la memoria suddivisa in EMS ed XMS, cosa che ovviamente il “vecchio” 286 non aveva. Dovetti smanettare un po’ con autoexec.bat e config.sys per far avviare il gioco.
Joe & Mac Caveman Ninja partiva, girava, ed era “giocabile”, se per “giocabile” intendiamo il fatto che solo per finire il primo livello ti ci servivano due giorni, per quanto andava lento e a scatti, ma per me era una grande vittoria. Era però questione di tempo, perché qualche anno dopo fece la sua comparsa in sala giochi Street Fighter II: The World Warrior.
Prima di proseguire però ho qualcosa da dirti riguardo Joe & Mac Caveman Ninja. Verso la fine del 2017 la software house JanduSoft pubblicò un titolo dal nome Caveman Warriors, una sorta di “remake” del titolo poc’anzi citato. Se amavi i nostri cari Joe & Mac dovresti dargli un occhiata.
Gli anni passano, i videogiochi aumentano, e il servizio militare non mi ferma
Le mie capatine in sala giochi erano frequenti, ma nulla mi appassionava come Street Fighter II, se non c’era quello io in una sala giochi neanche ci entravo. Ormai era diventata un’abitudine di molti ragazzi, si entrava in sala giochi nelle prime ore del mattino e si imprimeva a schermo il proprio record, per poi tornare qualche ora dopo e controllare se era stato battuto.
E se il gestore della sala giochi aveva malauguratamente staccato la corrente o spento il cabinato, beh semplicemente si rigiocava e si reinseriva il proprio record. Io ero talmente fissato con la cosa che scrivevo anche i miei record su un block notes, poiché ormai miravo a battere i miei record, altri difficilmente ne trovavo sul cabinato.
Erano gli anni in cui spesso qualche ragazzino si avvicinava, a volte molto più piccolo di me, per “sfidarmi”. Io cercavo di andarci leggero, di spiegargli qualche tattica per vincere e qualche mossa particolare, e poi gli restituivo anche le 500 lire. Vincere contro un bambino era da infami, dovrebbero metterlo nei disclaimer dei videogiochi online di oggi.
C’è un mio record su Street Fighter II che neanche io sono mai riuscito a battere e riporta 1.114.100 punti, se non ricordo male mancai soltanto un paio di perfect per raggiungere il punteggio assoluto, ero ragazzo e molto allenato, se dovessi giocarci adesso a malapena arriverei alla metà. Posso però aggiungere che Street Fighter V, se giocato con un buon arcade stick fai da te, da buone soddisfazioni.
Il mondo dei videogame iniziava ad assumere un contorno sempre più definito, c’erano ormai da anni in giro titoli come Zack McKracken, Maniac Mansion, The Secret Of Monkey Island. Avere un PC in casa non era motivo di vergogna d’innanzi a chi aveva un Amiga o un Nintendo, o una console Sega, che nel frattempo aveva fatto la sua apparizione.
Il PC racchiudeva in se tanti generi videoludici da giocare, alcuni videogiochi erano presi di peso dai cabinati e portati, anche migliorandoli (Altered Beast ad esempio) su PC, che poteva godere di un hardware che permetteva di osare qualcosa in più.
La prova lampante fu l’uscita nel 1990 di un videogioco dal titolo The Secret of Monkey Island, che prendeva meccaniche già viste in Zack McKraken o Maniac Mansion e le amplificava, con una trama ed una longevità imponente, soprattutto per quegli anni.
Era un videogioco “punta e clicca”, proponeva enigmi da risolvere per il proseguo della storia, e a volte erano anche poco intuitivi. L’assenza all’epoca di internet prevedeva una sola soluzione: chiamare ammiocugino con la speranza che lui o qualche suo amichetto avesse superato quel punto e ci svelasse come fare
Sicuramente ricorderai con non poco nervosismo il secondo atto di The Secret of Monkey Island, dove saremo bloccati sulla nostra nave con l’equipaggio in ammutinamento. Non ti dirò oltre ma sappi che è a quello che mi riferisco nell’affermazione di cui sopra, alcuni punti erano impossibili da superare se non avevi qualche amico abbastanza gentile da dirti come.
Su The Secret of Monkey Island voglio dirti un aneddoto, sai come è nato il nome Guybrush? Il personaggio è stato creato con il pacchetto di disegni Vernice Deluxe, e dato che il personaggio principale non aveva ancora un nome gli sviluppatori chiamarono il file semplicemente Guy.
A questo hanno aggiunto la parola “pennello” (brush) e Deluxe Paint ha aggiunto il file estensione .bbm, in modo che il nome completo del file diventasse guybrush.bbm. Inutile dirti che alla fine è stato utilizzato il nome del file stesso come nome del personaggio.
Tornando a noi, qualche anno dopo arrivò per me il momento di entrare a far parte dell’Esercito Italiano, ma neanche quello arrestò la mia passione per i videogame. Spesso mi rinchiudevo in ufficio a giocare a Microprose Grand Prix, o in segreteria a partecipare al primo torneo basato su un videogioco calcistico, uno dei titoli più blasonati dell’epoca, PC CALCIO.
L’avvento di Diablo sul PC e il mio primo incontro con PlayStation
Nel 1997 finalmente “tornai a casa”, si fa per dire poiché il mio servizio militare l’ho svolto a circa 30km da casa, mi merito l’appellativo di raccomandato. In quel periodo ci fu un altro salto “generazionale”, conobbi un ragazzo in zona che possedeva una PlayStation nuova di zecca e con cui spesso passavamo le ore a casa sua, fra un Tekken 3, un Resident Evil, ed un Metal Gear Solid.
Per chi veniva da giochi come Street Fighter II, giocare a Tekken 3 era difficile, soprattutto vista la possibilità di spostarsi utilizzando la profondità dell’ambiente in tre dimensioni. Ma presto o tardi iniziammo a mettere su veri e propri spettacoli quando io e il mio amico ci sfidavamo.
Resident Evil rappresentò per me il primo “jump scare”, col mio amico che mi invitò a percorrere il corridoio iniziale del gioco, certo anche io dovevo intuirlo visto che mise un cuscino sotto i miei piedi per evitare che il joypad cadesse a terra rompendosi.
Metal Gear Solid invece fu un’altra storia, col mio amico che non riusciva a superare la boss fight con Psycho Mantis, io ridendo gli consigliai di collegare il joypad in porta 2 e olè. Ancora il mio amico ripete che ero a conoscenza del trucchetto per qualche ragione, in realtà la mia fu solo un’idea bislacca che si rivelò azzeccata.
Con l’avvento dei CD iniziarono anche a circolare i “Twilight”, e non intendo il film con il vampiro sbrilluccicoso, intendo dei CD di dubbia provenienza per PC che contenevano spesso versioni beta dei videogiochi, tagliate senza filmati, o a volte anche “ricostruite” ad hoc per gli amici di Capitan Jack Sparrow.
Ricordo con piacere giochi come Comix Zone, Virtua Pool, The Crow (si, esisteva un videogioco in 3D basato sul famoso film in cui perse la vita Brandon Lee), Actua Soccer e quello splendido capolavoro che fu The Dig, videogioco sempre sullo stile di The Secret of Monkey Island, e ti prego dimmi che lo conosci o mi renderai triste.
In uno di essi se non ricordo male (ma potrei sbagliarmi, forse era in qualche CD demo in edicola) fece la sua comparsa Diablo, che li per li non mi suscitò chissà che grande emozione, un titolo diverso dai soliti, carino, ma all’epoca la cosa migliore per divertirsi era sempre un pallone da calcio, un parco, e degli amici.
Ogni tanto, sporadicamente, inviavo qualche lettera alla redazione di The Games Machine, a volte per far notare determinate cose di un videogioco, altre per proporre dei trucchi o modi per superare alcuni punti dei videogiochi che portavo a termine. Lettere scritte a mano e imbucate nelle apposite cassette (quelle rosse fuori dai tabaccai) che il più delle volte non ottenevano, ovviamente, risposta.
I videogiochi erano in grande crescita e la situazione si faceva imponente, le console avevano preso il sopravvento, il PC rimaneva una macchina relegata a pochi eletti, e Dio solo sa quanto mi dispiaceva di non avere una console anche se, di contro, i miei amici assaltavano casa mia per giocare con i videogiochi che mio padre portava a casa.
Mio padre infatti aveva iniziato a presentare al nostro PC titoli come Doom, Wolfenstein 3D, Spear of Destiny, e pian piano arrivò anche il primo Tomb Raider che catturò nella morsa dei videogiochi anche mio padre, che a quei tempi divenne più videogiocatore di me.
Nessuna console per il sottoscritto, solo un ottimo PC e Diablo II
Mio padre ormai tornava dal lavoro e si metteva al PC per giocare a Tomb Raider, al suo ritorno gli cedevo il posto davanti al computer, e quando non uscivo mi sedevo accanto a lui a guardarlo giocare. Gli anni scorrevano impetuosi e il mio PC passò anche a vivere l’avvento delle Riva TNT, una scheda video che in quegli anni era un must have.
Un videogioco a cui ripenso spesso di quei tempi è Revenant prodotto da Cinematic Studios nel 1999, un action rpg che seguiva le orme di Diablo introducendo però una trama davvero bella, soprattutto per i tempi. Erano i tempi di Legacy of Kain: Soul Reaver, che giocai con amore e con passione, tanto da far ridere ancora oggi i miei amici quando imito esattamente la frase ad inizio gioco:
“Ma che follia sto vivendo? Quale abietta forma è quella che mi trovo ora ad abitare? La morte stessa sarebbe un sollievo in confronto a tanta miseria!”
Fu poi il momento, l’anno successivo, del mio definitivo battesimo da videogiocatore, e portava il nome di Diablo II, un titolo che segnò per sempre la mia persona.
Internet non era di comune utilizzo come adesso, i modem erano lenti e si pagava una tariffa al minuto come funzionava per i telefoni, ovviamente l’amore per la tecnologia di mio padre aveva fatto del suo, e noi avevamo internet a casa, seppur a me era quasi bandito.
L’era di mIRC, delle prime ragazze conosciute girando per Roma con i mezzi pubblici insieme ad amici, e delle nottate passate con un modem che avevamo rimediato grazie ad un mio amico e che coprivo con un cuscino quando era il momento di collegarsi, visto che produceva il tipico rumore “allerta famiglia”.
Diablo II fu per me il primo videogioco che giocai online, mi fu prestato da un mio amico in conseguenza al fatto che passavo ore e ore a casa sua a guardarlo giocare, ed un giorno appena entrato in camera sua mi disse le frasi più belle che potevo sentirmi dire:
“Daniè, li sopra ci sta il gioco, prenditelo e vattene a casa a giocare, me lo riporti quando lo hai finito o ti sei scocciato di giocarci”
Ormai il mio amore per Street Fighter II seppur non era svanito era scemato, trovavo poche persone disposte a sfidarmi, quando entravo in sala giochi dove non ero conosciuto prima lasciavano che giocassi da solo, poi eventualmente qualcuno ci provava ma spesso con scarsi risultati.
Ora avevo Diablo II, un videogioco pressoché infinito, dove semplicemente dovevo girare per un mondo e cercare oggetti migliori, rendere più forte il mio personaggio, e se ne avevo voglia anche andare a dare due scoppole ad altri giocatori online.
Ero uno dei pochi in quegli anni ad avere un cellulare, ricordo che giocavo a Diablo II e mettevo il cellulare proprio sotto al monitor del PC, giocando con indosso le cuffie mi era impossibile rispondere alle chiamate delle mie ragazze, a cui non avrei risposto ugualmente ma almeno le avrei viste. I videogiochi ormai mi erano entrati nel sangue.
Ho amici che possono confermare di avermi visto passare ore senza prestare la minima attenzione all’ambiente che mi circondava, amici che venivano da me nel pomeriggio, si sedevano davanti al PC leggendo qualche Dylan Dog o qualche The Games Machine, per poi andar via tre o quattro ore dopo senza che io me li fossi filati.
Ero troppo impegnato a farmare per perdere tempo con loro, lo ammetto, sono una bruttissima persona. Elencare tutti i videogiochi che ho giocato sarebbe una follia, io stesso neanche li ricordo, ad ogni modo nella prossima parte arriverà per me il momento di mettere mano ad una PlayStation, mi raccomando non perdertela.