Se sei giunto fino a qui ti faccio i miei più sinceri complimenti, sei riuscito a sopportare i racconti del peggiore Nonno Puffo mai esistito. Hai vissuto insieme a me un riassunto dell’evoluzione dei videogiochi visto dalla mia prospettiva.
La rubrica da me scritta è stata composta da tre parti, e se non hai letto le precedenti ti consiglio di andarle a recuperare, troverai qui la prima parte e qui la seconda. Spero possano essere di tuo gusto, ma nel caso tu le abbia già lette, allora benvenuto in questa terza ed ultima parte.
La prima PlayStation ed il susseguirsi di console
Gli anni dei Masters, dei Transformers, o dei Cavalieri dello Zodiaco erano finiti, una sera fu per me il momento di mettere mano ad una PlayStation, la primissima versione. Erano passati davvero molti anni dalla sua uscita ed era già in vendita la versione successiva, la PlayStation 2, ma la prima mi fu regalata ed ovviamente accettai.
Mi accolsero partitoni infiniti a Winning Eleven, per me che venivo da Fifa era tutto oro colato, per non parlare del fatto che potevo finalmente giocare a casa mia titoli come Resident Evil e Metal Gear Solid.
Non ci volle molto prima che, sempre grazie ad internet ed ad una buona dose di pazienza, misi le mani su un videogioco giapponese di Devilman, che in Italia non si trovava neanche piangendo, uno scempio talmente brutto da fare il giro e diventare fantastico.
Dopo circa un paio di mesi decisi di acquistare la sorella maggiore, una bella PlayStation 2 nuova di zecca, una bellissima “Jack Sparrow Edition”, come dicono qui a Roma: “famose a capì”. Resident Evil 2, Berserk: Millenium Falcon, i soliti Winning Eleven e via dicendo, ma anche il primo gioco a comandi vocali, Ghost Recon: Jungle Storm.
Il perché optai per una “Jack Sparrow Edition” è proprio per poter giocare a titoli giapponesi come il già citato Devilman, ed altri titoli che quì da noi sarebbe stato impensabile vedere, esattamente al pari di Berserk: Millennium Falcon. Ovviamente ci tengo a precisare che ripudio ogni forma di pirateria, come ogni buon vero videogiocatore che si rispetti.
Premesso che la PlayStation 2 forniva anche il gioco in rete, previo acquisto di una periferica LAN che si andava a fissare sul retro della console. Inutile spiegare che montarla era un attimo, settare la periferica LAN dal PC alla PlayStation 2 e farlo manualmente era tutta un’altra storia.
Cosa ancora più figa di tutte è che Ghost Recon: Jungle Storm supportava una sorta di comandi vocali, comandi con cui era possibile far spostare i membri della squadra guidata dalla IA nelle posizioni che desideravamo.
Immaginate la scena, io davanti alla TV in camera con in testa una cuffia e un microfono a ripetere “squadra beta avanzare obiettivo 1”, con mia madre e la mia ex ragazza che erano salite in camera mia per vedere con chi diamine stavo parlando.
Ci misi qualche minuto a fargli comprendere che stavo parlando con il videogioco, e anche li non è che mi guardarono proprio benissimo. Io che da bambino giocavo a Race su un Phillips Videopac G7000 stavo giocando con una PlayStation 2 impartendo ordini a dei soldati, in un videogioco, attraverso una cuffia dotata di microfono.
Mentre mio padre continuava a giocare ai vari Tomb Raider, ampliando le sue vedute con Max Payne e titoli simili, non c’è che dire, saremmo stati una bella famigliola felice se anche mia madre e mia sorella avessero iniziato a giocare ai videogiochi.
Un giorno ricordo di aver visto in un negozio Prince of Persia: Le sabbie del tempo, e mi fiondai dentro come un matto lasciando perplessa la ragazza con cui ero accompagnato, per poi uscire dopo qualche minuto sorridente affermando: “Amò guarda che ho comprato”.
La sua prima reazione non fu certo di giubilo e felicità, anzi tutt’altro, quel giorno mi sono sentito un bambino stupido, o almeno così lei mi fece sentire, ma il giorno dopo quando le feci vedere il videogioco che avevo acquistato anche lei dovette ricredersi.
Prince of Persia, dalla CGA in monocromatico ad un fantastico 3D, in realtà c’era già stata un’altra trasposizione in 3D per il principe, solo che anche io ho voluto dimenticarla rimuovendola dalla mia mente, l’innominabile Prince of Persia 3D.
Prince of Persia: Le sabbie del tempo fu per me un avventura e un’esperienza che andava ben oltre il semplice videogiocare, ore e ore passate incollato davanti alla TV per riuscire ad arrivare al finale della storia, ammetto anche di aver versato qualche lacrima alla fine del gioco.
PlayStation 2, Xbox, senza dimenticare PSP e PlayStation Vita
La PlayStation 2 accompagnò gran parte dei miei anni da videogiocatore, nel corso degli anni imparai anche con mio padre a smontarla ed a ripararla, cosa che successivamente diventò un secondo lavoro per lui e un primo lavoro per me.
Vi dico soltanto che nella mia esperienza videoludica c’è stata una parentesi, che ricordo col sorriso, in cui io ed un mio amico giocavamo seduti al parco con un mano un Nokia N-Gage QD e Tom Clancy’s Ghost Recon, in bluetooth, e vi ho detto tutto.
Svariavo dai titoli più complessi a quelli più semplici, ricordo Phantasmagoria su PC a casa di un amico, ricordo il primo Myst, insomma fu un susseguirsi di videogiochi che mettere in ordine cronologico sarebbe impossibile anche per uno come me.
Anche mio padre si era un po’ “piegato” alle console, lo avevo attirato come fa il gatto col topo, utilizzando il migliore dei formaggi, Tomb Raider, e lui a quell’odore non sapeva resistere. Oddio dopo aver visto il film con Angelina Jolie come protagonista neanche io avrei resistito.
Nelle mie mani finirono anche console portatili come Nintendo 3DS o PSP (entrambe erano solite intrattenermi con Monster Hunter), passando anche per una PlayStation Vita (a cui giocai giusto a Killzone Mercenary, prima di rivendermela), ma niente che mi trasmetteva quell’emozione provata con il PC o con una PlayStation 2, almeno finché non arrivò il momento della Xbox 360.
Proprio con una Xbox 360 ad opera di Microsoft, io e mio padre, più lui sinceramente, scoprimmo la bellezza del mondo di Halo, mentre io ero più incline a giochi meno complicati di trama, favorivo dei “semplici” Call Of Duty o titoli della serie di Ghost Recon, quanto io sbagliai nel sottovalutare Halo lo compresi col tempo.
Il come a casa nostra finì la Xbox 360 è da raccontare:
Io e mio padre, ormai andato in pensione, eravamo soliti riparare insieme console, tablet, personal computer, o tutto ciò che era possibile riparare con un po’ di manualità, niente di eccessivamente complicato per quanto riguarda circuiti stampati ma a saldature eravamo messi bene.
Grazie ad alcuni lavori effettuati per conto di un negozio di informatica, ci fu data la possibilità di provare una Xbox 360 da noi riparata e all’interno c’era proprio Halo 3, che dire, ci abbiamo messo qualche giorno in più a riconsegnare la console al cliente.
Qualche settimana dopo era in spedizione una bella Xbox 360 nuova di zecca, con destinazione casa nostra, Halo aveva fatto breccia nel cuore di mio padre, e nel mio aveva fatto breccia Dead Rising, ma il red ring of death era dietro l’angolo, la nostra fortuna fu la garanzia visto che la usammo giusto 10 giorni prima di vivere quella pessima emozione.
Si potevamo aprirla e ripararla, o meglio, non c’è mai stata una vera riparazione definitiva per il red ring of death di Xbox 360 o il yellow led of death della PlayStation 3, si trattava di qualche rattoppino per cercare di rendere il fenomeno meno frequente, e su una console nuova appena acquistata sinceramente meglio ricorrere alla garanzia ufficiale.
Qualche anno dopo decisi di dare una possibilità anche al nemico, e acquistai anche una PlayStation 3, che testai giocando a vari titoli come Killzone, God Of War, Call Of Duty, Dead Space, e tantissimi altri titoli che ci metterei anni ad elencarvi.
Anche se adoravo la console Sony, ero più propenso a volgere i mei sentimenti alla controparte Microsoft, per me aveva quel qualcosa in più che la controparte dagli occhi a mandorla non aveva, e non si trattava soltanto di videogiochi, mi trasmetteva una sensazione più da “videogiocatore maturo”.
Arrivò infine l’anno di The Last of Us, la consacrazione della console Sony e il suo sedere sul trono, mai prima d’ora avevo visto un gioco così curato, così bello, così ricco sia nella trama che nel gameplay, lo stesso fu per mio padre, anche se lui era affascinato da Uncharted, che ovviamente gli ricordava Tomb Raider.
Ormai internet era diventato di uso comune, le mie partite online a vari giochi multiplayer competitivi era all’ordine del giorno, e pian piano dimenticai le mie partite a Circus Charlie o ad Aztec Challenge con mio padre. Erano state sostituite da partite a Kane & Lynch: Dead Man, lontani erano i ricordi dei pomeriggi a giocare a Wizard Of Wor.
Ci fu anche spazio per partitelle con la console Nintendo Wii, perlopiù insieme a mia sorella a Wii Sport o a titoli simili, giusto per farci due risate ogni tanto la sera quando non avevamo nulla da fare. La Nintendo aveva proposto un sistema di controller che era innovativo e divertente, soprattutto per giocare in famiglia.
Avevo sempre quella voglia di provare i giochi per poi parlarne con amici e dare la mia impressione, in tempi in cui YouTube non era ciò che è adesso, in tempi in cui ogni tanto sporadicamente mandavo qualche e-mail (l’evoluzione aveva preso il sopravvento) a The Games Machine per dare le mie impressioni a qualche videogioco.
Ma anche quella rivista era ormai cambiata e subiva la concorrenza di tante altre riviste o di siti internet, che riuscivano a portare notizie sui videogame quasi in tempo reale, a differenza di una rivista che trattava di quella notizia con un mese di ritardo, quelli erano i tempi editoriali purtroppo
Ed eccoci qui, ai videogiochi dei giorni nostri
Xbox 360, PlayStation 3, Nintendo Wii, Xbox One, PlayStation 4, Xbox Series S, PlayStation 5, e in mezzo buttiamoci anche una Nintendo Switch, alcune console portatili per retro gaming targate PocketGo, una Nintendo 3DS XL, una PlayStation Mini, un Gameboy Color, un cabinato arcade da me costruito con all’interno un Raspberry PI 4 e tante altre.
I videogiochi che avrei potuto citarti in quasi 40 anni di onorato servizio su diverse piattaforme sono tantissimi, ho voluto soffermarmi soltanto sui più incisivi, nel frattempo mio padre mi ha lasciato in eredità la passione per Halo. Giocando con la sua Xbox 360 trovai dei salvataggi e decisi di dare una possibilità a quel videogioco, me ne innamorai a tal punto che ho anche l’elmo ufficiale (in plastica) di Master Chief.
Anche di Gears of War era appassionato, e manco a dirlo li ho recuperati e portati tutti a termine, esattamente come ho fatto con Halo. Ogni tanto mi volto, guardo un mobile con sopra una PlayStation 5 e accanto Returnal, domandandomi quanti anni in realtà siano passati dalle mie prime partite con il Philips Videopac G7000.
Sono davvero passati circa 40 anni? I videogiochi e gli hardware appositi a riprodurli hanno avuto un evoluzione così veloce? Quando ero ragazzino sarebbe stato impensabile girare con uno smartphone in tasca sempre connesso ad internet, eppure ora è realtà.
Una realtà dove io e mio padre parlavamo di realtà virtuale, dove io l’ho provata con il VR per PlayStation 4, dando di stomaco pure il cenone di capodanno del 1992, e fra qualche anno come saranno le cose?
Fra 10 o 20 anni cosa accadrà? Saremo tutti connessi ad un PC o a qualche apparecchiatura utile a farci vivere in un mondo virtuale come in Matrix? La cosa mi spaventa un po’ ad essere sincero.
Poi mi volto, leggo qualche notizia su un possibile nuovo Tomb Raider e sorrido pensando che, come è successo per l’ultima trilogia, lo porterò a termine come faceva mio padre, un po’ lamentandosi di sequenze troppo complicate e fastidiose, ma pur sempre ricordandomi che, come tanti, sono un vero videogiocatore d’altri tempi.