I videogiochi aumentano l’intelligenza? L’eterna domanda da un milione di dollari.
Dall’alba dei tempi luminari, professoroni di stirpite, eminenti scienziati discutono sull’utilità dei prodotti videoludici sul nostro cervello.
Queste “diavolerie”, come vengono definite ancora da alcuni, influiscono davvero sulle nostre capacità di problem solving, sulla crescita del Q.I., sulla coordinazione occhio-mano?
Uno studio svedese che collega intelligenza e videogiochi
Credo valga la pena sottolineare uno degli ultimi studi condotti sul tema: alcuni ricercatori svedesi del Karolinska Institute, una delle più importanti istituzioni universitarie nell’ambito medico, hanno analizzato i dati di 5000 bambini statunitensi compresi tra i 9 e i 10 anni (clicca qui per la ricerca completa).
In media, questi soggetti spendevano 2 ore e mezza al giorno guardando la TV o video online, 1 ora giocando ai videogiochi, mezz’ora socializzando su internet. Sono stati insomma immersi in un ambito tecnologico, che poi è quello che tutti noi oggi viviamo quotidianamente.
Il risultato più interessante, secondo i ricercatori, è che coloro che avevano speso più tempo della norma giocando ai videogiochi avevano raggiunto un incremento di 2.5 punti nel punteggio medio del Q.I.
Questo incremento si concentrava soprattutto su come i bambini avevano reagito di fronte a specifici fattori, come comprensione del testo, abilità di pensiero flessibile, memorizzazione, percezione visuale-spaziale.
Torkel Klingberg, ricercatore dell’Istituto, ha affermato che “lo screen time non danneggia necessariamente le abilità cognitive dei bambini”, e che anzi “giocare a titoli videoludici può effettivamente dare un boost all’intelligenza“.
Inutile dire che mi trovo d’accordo con le parole dello studioso. Ho sempre creduto che il videogame potesse essere un mezzo unico e innovativo attraverso cui “svecchiare” la didattica e incrementare la abilità dell’individuo, in un modalità che, fra l’altro, presuppone anche divertimento.
Purtroppo, viviamo in un paese che a tratti continua a considerare i videogames come un passatempo per “bambini”, oppure a paragonarli a sostanze come le droghe pesanti; la speranza è che col tempo queste visioni stereotipate (e antiquate) spariscano progressivamente, permettendo a tutti di cogliere le potenzialità di questo medium unico.