iCrewPlay: conosci chi ci lavora? Ciao, mi chiamo Giulia e sono una gamer; anzi, ricomincio: ciao, sono Giulia, sono una gamer e sono stata vittima di discriminazione, solo perché donna. La mia esperienza videoludica nasce da quando ero bambina e continua fino ad oggi, tanto da far parte di una redazione che ha come centro i videogiochi. Titoli giocati da uomini, ma soprattutto da donne che, nel corso del tempo, hanno subito o sentito parlare di vicende sgradevoli all’interno di questo settore.
Specialmente online, dove non avviene un incontro faccia a faccia con l’interlocutore e dove gli stereotipi la fanno da padrone. Sei donna? Allora giochi support! Sei una gamer? Allora puoi giocare a “Giulia Passione Cucina” (senza offesa per questo titolo, ovviamente). Sei una videogiocatrice? Non è possibile. E queste sono solo alcune delle affermazioni che vengono dette giornalmente a una donna videogiocatrice, solo perché ha scelto di fare qualcosa che ama. Il che potrebbe anche finire qui, visto che si trattano di parole facilmente dimenticabili nel tempo, tranne per una cosa sola.
Queste parole diventano fatti, anche alquanto discutibili, nel momento in cui la videogiocatrice diventa vittima di abusi verbali, di molestie e non rimane altro che mentire sulla propria sessualità. Non rimane altro che dire “Ehi, mi chiamo Giulio e sono un gamer”. Non rimane altro che cambiare la propria identità per non ricevere messaggi nelle varie chat dove non possono essere segnalati, almeno in molte piattaforme.
iCrewPlay supporta tutti e condanna la violenza
Come è stato fatto notare da una mia collega (Maria Grazia Guzzo), le ragazze potrebbero arrivare a utilizzare un nick diverso per non far capire chi sono veramente, perché come detto da Benedetta Sclano (collega di iCrewPlay, settore videogiochi) tendono a esporsi meno. I motivi? Beh, li ho elencati nel paragrafo precedente e io stessa posso confermare come queste parole siano estremamente vere.
Ho giocato online con diverse persone, anni fa, e il mio nick è quello che uso ovunque: MrsKawaiiPotato. Si tratta di un mix tra inglese e giapponese, il cui significato è Signorina Dolce Patata. Questo nickname deriva dalla moglie di MrPotato, proveniente da Toy Story, e dal meme che spopolò tempo fa sui social dove la protagonista non era una bella ragazza, non era la popolare della classe, non era la più carina, ma semplicemente una patata rosa. Una dolcissima patata rosa.
E io, non considerandomi né bella né tanto meno la più popolare della classe, trovai quel nick estremamente azzeccato. Nick che mi diede diversi problemi solo per il semplice fatto che, al suo interno, si trovava la dicitura “Mrs”. Lei. Una “Lei” a giocare online? Specialmente support? Non esisteva, anzi: non poteva esistere.
“Cerchi skin gratis? Sai cosa fare”
Il titolo di questo paragrafo dice già tutto quello che c’è da dire, ma voglio parlarne un po’ più nello specifico, se non ti dispiace. Parto dicendo che non hai idea di quanti messaggi mi ritrovai con frasi tipo “RP gratis per foto”, “social? :P”, “non puoi essere una ragazza e avere questi punteggi, il tuo account è boostato!” con tanto di report a fine partita. Questo, ovviamente, solo quando giocavo a League of Legends perché, andando verso PayDay 2, la situazione era leggermente diversa.
“Spari bene, chissà col ciclo”, “Non puoi sparare così bene, sei una donna”, “torna a cucinare” e abbandonavano la partita, letteralmente, lasciando la situazione nel più completo caos. Vuoi sapere la cosa più bella? Il mio nick, ai tempi, era diverso e andarono a vedere il profilo per capire quale fosse il mio sesso. Atteggiamenti che ancora oggi mi danno il voltastomaco, specialmente se penso a tutte quelle ragazze che hanno abbandonato una passione per molestie di questo tipo. Molestie, sì, ma anche minacce di morte.
Io stessa abbandonai il mondo dei videogiochi per un periodo lunghissimo, ma capii solo una cosa: stavo dando loro la soddisfazione che non meritavano. Sembra una frase fatta, lo so benissimo, ma è così; rinunciare a qualcosa che amo per colpa di qualcuno che vuole imporre il suo modo di pensare su di me, con tutta sincerità, non è un buon motivo per farmi mollare. Ed è estremamente difficile, specialmente quando sei alle prime armi con i videogiochi e con la community. Ti senti sola.
La violenza è sbagliata, in ogni sua forma e verso chiunque
La violenza è orrenda, sia fisica che psicologica e causa conseguenze sia alla vittima, sia al carnefice. Dietro alle parole, dietro ai fatti, bisognerebbe sempre ricordare che c’è una persona fatta di carne, di sangue e di emozioni che spesso vengono feriti grazie a una mentalità misogina e corrotta da un vecchio sistema che, nel 2021, dovrebbe cambiare. Le donne ci sono e non stanno sempre rinchiuse in cucina. Le donne ci sono e giocano, proprio come gli uomini che amano giocare Lara Croft in Tomb Rider. Una donna forte e caparbia.
Giochiamo come le stesse persone che ci definiscono gamer girl, utilizzando tale termine in modo assolutamente dispregiativo; nel 2014 avvenne il Gamergate dove moltissime donne operanti nel settore videoludico ricevettero una montagna spropositata di insulti online. Tanto da spingere moltissime aziende sviluppatrici ad assumere più donne (fattore positivo, senza dubbio) e di costruire campagne pubblicitarie per dimostrare come una donna fosse capace di giocare.
Fosse capace di giocare. Queste parole fanno più male dei messaggi ricevuti durante una partita online. Questa, caro lettore, è violenza. Questo Gamergate viene usato ancora oggi su Twitter da tutti quei giocatori, e lavoratori nell’industria videoludica, che non gradiscono il livello raggiunto dalla donna ad oggi nel settore.
Ancora oggi la figura della donna non è quella che sarebbe dovuta essere già da tempo
“Mi dicono cosa farebbero col mio corpo, oppure mi dicono che non merito di essere dove sono perché sfrutto la mia sessualità” questo è quanto disse Stephanie Harvey durante un’intervista alla BBC nel 2016 dove spiegava come l’eSports femminile non abbia ancora la stessa parità con la controparte maschile.
Questo articolo parla di violenza sulle donne e anche questa è una forma di violenza. Quando ti capita una situazione del genere, fatti valere; dai modo al tuo essere di rispondere, di dire ciò che sei e ciò che sei capace di fare, perché nessuno ha il diritto di dirti cosa fare con il tuo corpo. O quali sono i “reali” obiettivi della tua vita, se non te stessa. Sì, adesso parlo con te, cara lettrice, che sei approdata qui magari cercando un sostegno concreto.
Sostegno che noi di iCrewPlay diamo, perché ogni forma di violenza va condannata. Perché ogni forma di discriminazione non va sostenuta. Perché tu non sei da sola. Ricorda: non è solo una parola, non è solo un momento, non è solo una giornata storta; se sei vittima, puoi parlare. Se sei vittima, dillo e verrai aiutata. Perché non sei una persona stupida, non sei una persona sbagliata e vali. Vali come non immagini e non importa se chi cerca di fare da carnefice è una persona che conosci: non nasconderti.
Sei una gamer. Basta con la violenza.
Grazie a tutta la redazione di iCrewPlay per il sostegno dato per la creazione di questo articolo. Insieme siamo forti.