Se si considera l’attuale concezione di multiplayer, fa strano pensare che buona parte dei primi videogiochi fossero principalmente orientati verso questa tendenza. Basti pensare a Pong, considerato dai più il primo vero esponente del medium, e anche a ragione, dal momento che è di fatto uno dei primi videogiochi commercializzati da Atari. Il titolo prevedeva sfide di difficoltà variabile contro la CPU, ma il concetto di base era proporre a due giocatori una sfida 1 vs 1, naturalmente in locale, dal momento che ci troviamo nei primi anni ’70 e Internet non è ancora propriamente nato, trovandosi ancora nella fase embrionale che prende il nome di ARPANET.
Con l’avvento del vero e proprio Internet come lo conosciamo oggi, il gaming, in particolare su PC, iniziò lentamente ad abbracciare l’idea del multiplayer online, in particolare a partire dai primi anni ’90, man mano i timidi tentativi si trasformarono in vere e proprie potenzialità: se Internet collega tutto il mondo, perché non può ospitare al suo interno un vero e proprio mondo? E così partì l’ascesa dei MMORPG, naturalmente la storia che c’è dietro alla nascita del gaming online è molto più complessa e stratificata, ma stiamo prendendo in esame solo gli elementi funzionali al nostro discorso.
Infatti, la cosa importante in questa sede dei MMORPG (Massive Multiplayer Online Role Playing Game) è la loro natura quasi mai competitiva, nei vasti mondi di Ultima Online, per citare uno dei più importanti, e in seguito di Metin e World of Warcraft, sempre per fare esempi illustri, i giocatori creavano il proprio personaggio e partivano all’avventura, spesso organizzati in party pronti a contrastare le minacce del mondo che li circondava, talvolta troppo grandi da essere affrontate in solitaria.
Amici o nemici?
Proprio questa natura non competitiva dei MMORPG è la colonna portante che ha portato l’evoluzione del medium online verso lidi più rilassati, basti pensare a titoli come Second Life e Habbo Hotel, che nel corso degli anni hanno fatto della socializzazione il proprio cardine, venendo naturalmente meno con la nascita dei social propriamente detti, primo su tutti Facebook.
Naturalmente, la creazione di mondi in cui collaborazione e socialità la fanno da padrone viene ben presto affiancata dall’idea che il multiplayer locale di Pong e dei cabinati potesse ampliarsi grazie all’avvento di Internet e andare a mettere in competizione anche giocatori molto distanti tra loro. Vediamo così titoli come Quake accogliere volentieri una componente multiplayer online che mettesse contro i giocatori, e che riuscisse anche a farli collaborare al fine di elaborare strategie complesse nel caso di modalità come i Deathmatch a squadre.
Su console vediamo i primi accenni di multiplayer, specialmente con la sesta generazione, non che non ci fossero stati esperimenti precedenti, ma è importante notare come le copertine di alcuni titoli iniziassero a presentare sul fronte l’indicazione delle funzionalità online:
Il fatto che FIFA e Call of Duty fossero tra i primi titoli a tentare l’introduzione dell’online anche su console fa capire come questo tipo di utenza fosse più propenso a concepire il multiplayer online più come un momento di confronto con gli altri giocatori che come una possibilità di collaborazione. Dovremo attendere però la settima generazione perché l’online prenda sempre più piede su console arrivando a proporre anche esperienze più variegate e iniziando ad accostarsi al mercato PC da questo punto di vista, con la naturale evoluzione di questo processo nella current-gen (che si avvia ormai alla sua conclusione) grazie alla diffusione capillare del Wi-Fi che permette una qualità della connessione online idonea tale da consentire a un numero mai visto prima di videogiocatori di tuffarsi nei titoli online.
Tutti contro tutti…
Un evento, o meglio un titolo, in particolare ha scosso però il mondo del multiplayer online nell’attuale generazione, stiamo parlando naturalmente di Fortnite, il popolarissimo battle royale di Epic Games. La stabilità dei server e la qualità odierna della connessione hanno permesso alla software house Bluehole di sviluppare un’intuizione che si è rivelata tra le migliori dell’intera storia del videogioco, lanciando al pubblico di massa il genere del battle royale, a mani basse il più importante e influente dell’intera generazione.
Ormai tre anni fa infatti, Bluehole ha lanciato sul mercato il suo PlayerUnkown’s Battlegrounds (abbreviato e conosciuto maggiormente come PUBG). La rivoluzione introdotta dal titolo non stava nel gameplay, trattandosi di uno sparatutto dalla forte componente strategica, ma nell’impostazione generale, che consentiva a ben 100 giocatori di essere presenti sulla stessa mappa e giocare la stessa partita in tempo reale. Certamente, anche i primi MMORPG lo avevano fatto (anche in maniera molto più estesa a livello numerico), ma per la prima volta questa struttura veniva inquadrata nell’ambito di un match competitivo in cui un solo giocatore avrebbe prevalso sugli altri 99.
Purtroppo però, PUBG si è visto sorpassare da Fortnite a causa della sua iniziale esclusività al lancio su PC e Xbox One, solo molto dopo il titolo è arrivato su dispositivi mobile, Nintendo Switch e PlayStation 4. Il battle royale di Epic Games invece è stato disponibile fin da subito su molte più piattaforme, oltretutto era già in fase di Beta con la più classica campagna Salva il Mondo; in ultimo, la grafica cartoon e meno seriosa (e anonima) di quella del rivale PUBG ha permesso a un pubblico estremamente vasto di interessarsi a un prodotto che è diventato immediatamente riconoscibile. Agli sviluppatori è bastato riciclare gli asset e rimodularli così che si adattassero alla struttura del battle royale: il successo è servito!
… ma ora anche basta!
Se la tendenza del battle royale ha dominato negli ultimi tre anni, e quella del multiplayer competitivo è ormai una costante fissa da circa due generazioni videoludiche e mezzo, ed è in un momento di fortissima ascesa grazie all’importanza sempre maggiore (e meritata) data agli eSports, è anche vero che il mercato dà i primi segni di stanchezza, e in vista dell’ormai prossima next-gen sta già provando a rinnovarsi.
Sembra che il genere del battle royale si avvii ormai al suo naturale declino, e lo si può vedere dalle variazioni sulla formula che lo stanno ormai snaturando. Mi spiego meglio: i primi battle royale (PUBG, Fortnite, H1Z1) avevano tutti come impostazione principale il genere dello sparatutto, questa formula è stata riadattata da produzioni come Apex Legends, che hanno mescolato il battle royale con l’hero shooter alla Overwatch, mantenendo pur sempre lo sparatutto come base; altre produzioni parallele invece hanno completato stravolto questo presupposto, basti pensare a JoJo’s Bizarre Adventure Last Survival o Fall Guys, entrambi battle royale, ma rispettivamente picchiaduro e party game.
Se vogliamo fare un paragone, neanche troppo azzardato, col cinema, è la stessa cosa che sta succedendo al cinecomic: si guardi al caso di Joker, un ottimo film, ma prima ancora un ottimo cinecomic, eppure lontanissimo dai canonici estetici e cinematografici delle produzioni che compongono Marvel Cinematic Universe e DC Extended Universe, che hanno dato il via alla tendenza predominante dei cinecomic al cinema nell’ultimo decennio. Quando un genere viene snaturato e rielaborato nelle sue fondamenta è un chiaro segnale che si sta avvicinando verso la sua naturale conclusione.
Questo non significa però che il battle royale (o il cinecomic) e il multiplayer online competitivo siano destinati a scomparire! Semplicemente, com’è naturale che sia, in un mercato dell’intrattenimento odierno che tende a saturarsi estremamente in fretta, l’utente sente sempre il bisogno di qualcosa di nuovo e fresco, ed è quindi normale che i generi diventino tendenze, e in quanto tali siano connotati da una certa transitorietà; basti pensare ad Among Us, un titolo non recentissimo, rimasto molto di nicchia per qualche tempo, ma diventato estremamente famoso ultimamente grazie allo streaming. Il battle royale quindi potrebbe perdere centralità nei prossimi anni, e non essere più l’attrazione principale su Twitch o, in generale, non essere più la priorità per le software house.
Il multiplayer co-op online è la nuova tendenza?
Arriviamo dunque alla domanda che fa da titolo a questo approfondimento, siamo davvero desiderosi di farci influenzare da una nuova tendenza?
Partiamo dal presupposto che non ci stiamo preparando a nulla di nuovo, come detto in apertura, i titoli online con alla base la cooperazione tra giocatori sono una delle prime forme di gioco online, negli ultimi anni poi questa modalità di gioco non è mai scomparsa, basti pensare ai due Destiny di Bungie Studios, sparatutto in cui si può scegliere tra modalità co-op o PVP, al fallimentare Anthem di BioWare, o al travolgente successo di Genshin Impact, il GDR open world di MiHoYo prevede l’online esclusivamente a livello cooperativo.
Sembra che quindi il multiplayer co-op online sia sempre rimasto un’alternativa valida e presente per i giocatori, pur non essendo la scelta principale; cosa sta cambiando quindi? Di sicuro, ciò che cambia è l’interesse che gli sviluppatori mostrano nei confronti di questa modalità: Ghost of Tsushima per esempio, l’ultima esclusiva di PlayStation 4 a opera di Sucker Punch, dopo essersi mostrato in tutto il suo splendore in un’ottima campagna single player, ha aggiunto alla propria offerta ludica anche Legends, un’espansione gratuita che introduce il multiplayer online, rigorosamente cooperativo; oppure Hood: Outlaws & Legends di Sumo Digital, titolo su cui si sa ancora pochissimo, ma che è riuscito a meritarsi un posto in uno degli State of Play di Sony, e di cui si sa già che presenterà un impianto multiplayer online cooperativo; o ancora lo sfortunato Marvel’s Avengers di Crystal Dynamics, il cui endgame è totalmente votato alla cooperazione tra giocatori che impersonano gli Eroi più potenti della Terra, ma anche afflitto che numerosi bug che ne hanno decretato il prematuro fallimento.
La lista sarebbe ancora lunga, ma penso che questi esempi, uniti alle prossime due considerazioni siano più che esplicativi. Qual è stato il primo titolo presentato per PlayStation 5? GodFall! Il loot’n’slash di Counterplay Games, edito da Gearbox Software, richiederà l’always online e sarà giocabile in ogni sua parte in co-op online; come se non bastasse, Sony sta spingendo molto sulle funzionalità social della sua nuova console ammiraglia, dando a queste un posto di rilievo nelle interfacce e nella dashboard, segno della volontà di mettere in primo piano la comunicazione tra utenti. È come se Sony, che ha dominato in questa generazione videoludica stesse già dettando la strada per la prossima, e gli sviluppatori stessero già imboccando questa strada.
Dal canto suo, Microsoft, che a livello comunicativo e di offerta videoludica grazie ai suoi servizi, sembra partire col botto nell’ottica della next-gen, non sembra tenere in grande considerazione l’aspetto social del videogiocare, tuttavia è anche vero che questa nuova generazione e ancora a un passo dall’esordire, e tutte le parti in gioco hanno ancora molto tempo per sorprenderci.
Ora però tocca a te rispondere a questa domanda, la prossima tendenza del mercato videoludico sarà il multiplayer cooperativo online? Resteremo invece attaccati alla battle royale e al gioco competitivo? Oppure c’è altro che ci aspetta nel futuro del gaming? Ti aspetto nei commenti per sapere la tua!