Inferno Climber è un gioco che parte da premesse molto ambiziose, cercando di proporre un’esperienza ruolistica longeva e piena di aree, armi, nemici e loot. Il titolo ricorda da vicino i primi The Legend of Zelda, con un pizzico di platform 3d nell’esplorazione; ma nonostante le ottime intenzioni iniziali, crolla sotto una realizzazione mediocre che rovina, almeno in parte, il lavoro svolto dal team di sviluppo. In poche parole, siamo davanti a un prodotto che avrebbe richiesto un pizzico di cura extra per poter essere apprezzato fino in fondo. Vediamo perchè.
Un motivo per cui combattere
La storia di Inferno Climber Reborn inizia di fronte a un fantomatico “boss finale”: il re dei draghi. Quest’ultimo ci affronta in un’arena sospesa nel vuoto, con meteore che cadono da un cielo rosso. Ecco il primo colpo di scena, che ricorda quello di Dark Souls: non siamo abbastanza forti per sconfiggere questo potente nemico e, di conseguenza, veniamo letteralmente oneshottati.
Subito dopo ci ritroviamo in una sorta di limbo grigio, al cospetto della morte. Quest’ultima ci informa della nostra dipartita, accompagnandoci in un’altra dimensione per fare ammenda dei nostri peccati. Il mondo in cui ci ritroviamo è sull’orlo della rovina e per impedire la sua distruzione occorre reperire le cinque pietre del purgatorio.
Neanche a dirlo, l’ingrato compito spetterà a noi, data la forza della nostra anima. La maggior parte dei defunti, infatti, tende a ripetere ciclicamente le stesse azioni e non ha il potere materiale di fare la differenza nel destino dell’oltretomba. Da qui in poi la trama risulta lineare e priva di qualsivoglia forma di progressione. In pratica, siamo davanti a un pretesto per le nostre peregrinazioni e nulla di più: non aspettarti la lore di Dark Souls o dei personaggi memorabili.
Un viaggio pericoloso
Come insegna la tradizione, il viaggio dell’eroe è sempre pieno di pericoli di ogni tipo e questo non fa eccezione. In particolare, il mondo di Inferno Climber è gremito di mostri, trappole e burroni.
Tutto inizia dalla scelta di classe, la quale determinerà statistiche ed equipaggiamento iniziale del nostro eroe. Il gioco propone diverse opzioni, ognuna con caratteristiche uniche: abbiamo la possibilità di usare un personaggio equilibrato, uno con alta difesa oppure un altro basato sulla magia. In ogni caso, la scelta non è definitiva.
Di fatto, il sistema di morte pensato dagli sviluppatori è molto originale e permette di cambiare classe per continuare l’avventura. Dopo la nostra sconfitta, infatti, abbiamo la possibilità di controllare un nuovo eroe di una specializzazione diversa per poter proseguire. Quest’ultimo rinascerà nell’HUB centrale al posto del precedente personaggio controllato e potrà tornare nel luogo della nostra dipartita per rendere nuovamente disponibile l’anima dell’avatar caduto, il quale sarà controllabile dalla morte successiva.
In pratica, abbiamo davanti un’idea simile alla raccolta delle anime di Dark Souls, ma con un cambio di personaggio a ogni respawn. In tutto ciò, per fortuna, l’esperienza ottenuta è condivisa tra tutti, togliendo la necessità di livellare ogni volta. Tuttavia, lo stesso non si può dire per l’equipaggiamento, che è associato all’inventario di ogni eroe.
Dopo aver chiarito questo, possiamo parlare del gameplay vero e proprio.
Finito il breve tutorial, Inferno Climber Reborn ci porta in un piccolo HUB di gioco, che ricorda una specie di accampamento: qui possiamo trovare un falò per salvare, una tenda, la Morte (per potenziarci e acquistare diversi oggetti) e alcune sfide necessarie a sbloccare oggetti o altre ricompense. Da quest’area possiamo accedere ai diversi scenari che vanno a comporre l’avventura nel suo complesso.
In ognuno di essi occorre esplorare degli ambienti relativamente vasti, abitati da diversi nemici. Ecco il primo punto debole del gioco: il sistema di combattimento è semplicissimo e, unito alla blanda IA degli avversari, porta il giocatore a spammare soltanto gli attacchi leggeri. Il gioco permette di agganciare un bersaglio, per poi parare, schivare e alternare tra attachi leggeri e pesanti, tuttavia non c’è mai la necessità di ricorrere a questi ultimi. La situazione non migliora con le armi a distanza (magie e archi), che richiedono semplicemente di agganciare e sparare.
Il problema principale risiede nella prevedibilità dei nostri nemici. Questi si limitano solo a caricare l’eroe non appena è a portata, per poi avere un breve secondo di “pausa” subito dopo. Un modo di fare così elementare toglie profondità a ogni scontro, dato che basta attirare il mob di turno, per poi contrattaccare subito dopo. Allo stesso modo, la semplicità che ne deriva rende insulsa anche la componente ruolistica di Inferno Climber Reborn, dato che basta aumentare forza e stamina, al fine di concludere le battaglie con meno fendenti possibili.
Un altro difetto risiede anche nella deludente varietà di equipaggiamento e nemici. In entrambi i casi, infatti, abbiamo una carenza di fondo che porta ogni combattimento a essere estremamente ripetitivo: le armi hanno moveset molto simili tra loro e gli avversari si comportano sempre nello stesso modo. Proprio per questo motivo, dopo le prime fasi di sperimentazione, le battaglie diventano presto tediose e spiacevoli.
Per fortuna, il discorso cambia durante l’esplorazione degli scenari di gioco. Questi, infatti, possono vantare un buon level design, fatto di strade secondarie, enigmi e segreti da scoprire. Le sezioni platform sono un elemento molto ricorrente nella struttura di gioco e in generale ogni livello è sviluppato anche in verticale, grazie a portici, salite e passaggi vari.
A questo si aggiungono gli enigmi, che ricordano quelli di The Legend of Zelda. Infatti, per la loro risoluzione serve capire come azionare determinati interruttori (magari usando l’arco per colpirli a distanza), evitare trappole e aprire porte chiuse. Molti di essi sono semplici, ma alcuni riescono a regalare qualche momento piacevole.
Chiude il cerchio la componente puramente survival del gioco. Quest’ultima è visibile nel sistema di “fame” che caratterizza il nostro personaggio: con il passare del tempo, bisogna mangiare qualcosa per evitare di perdere HP progressivamente. Inizialmente questo non è un problema, data la grande quantità di cibo reperibile, ma andando avanti nel gioco diventa una meccanica da considerare assolutamente.
Un’altra caratteristica interessante di Inferno Climber Reborn è la progressione data dal lento apprendimento delle abilità. Queste non si ottengono semplicemente salendo di livello, ma ottenendo dei libri da leggere presso appositi tavoli. Ogni skill dona qualcosa di utile: da azioni basilari come lo scatto, fino ai parry. Per quanto la loro presenza sia apprezzabile, non viene mai sfruttata del tutto, dato che la semplicità di combattimenti ed enigmi non le richiede mai fino in fondo.
La realizzazione tecnica
Questo è il punto più dolente di Inferno Climber Reborn. La versione Nintendo Switch, infatti, viene completamente distrutta dalla pessima realizzazione tecnica. Il titolo gira a pochissimi FPS, risultando ingiocabile persino nella modalità dock della console. Parliamo di un gioco che va molto sotto i 30 frame al secondo, rovinando completamente ogni possibilità di godersi l’esperienza: gli attacchi dei nemici vengono visti a rilento, i salti calcolati male e i movimenti generali sono scattosi. Davvero pessimo.
In aggiunta, l’eroe controllato tende a incastrarsi in ogni dislivello, costringendoci a saltare ripetutamente per poterlo liberare. A concludere il tutto ci pensano i pessimi modelli di personaggi e nemici, accompagnati da ambenti vuoti e poveri di dettaglio e da animazioni orribili.
Il comparto sonoro, invece, si attesta su livelli migliori, proponendo musiche piacevoli e mai ripetitive.
In sintesi
Inferno Climber Reborn è una conversione pessima di un gioco mediocre. Il sistema di combattimento è tedioso, i nemici si comportano in modo simile e le armi hanno praticamente lo stesso moveset. La componente esplorativa e platform, invece, riesce a risollevarsi con livelli ben strutturati e pieni di segreti, seppur rovinati dall’eccessiva presenza di nemici.
Tuttavia, ogni possibilità di divertimento viene completamente eclissata dalla pessima ottimizzazione, che vede un gioco martoriato da fps costantemente bassissimi. Fin troppo bassi per godersi l’esperienza in modo dignitoso.