Quando ancora andavo a scuola (e a dirla tutta mi capitava raramente anche durante alcune interminabili lezioni universitarie), mi capitava, di tanto in tanto, di prendere carta e penna che avevo sottomano e iniziare a fare piccoli scarabocchi che diventavano man mano sempre più articolati. Non sono mai stato un grande artista, ma la chiamata alle arti era indispensabile per non cedere al sonno e crollare sul banco.
Penso che almeno una volta sia capitato anche a te e probabilmente anche tu ricorderai con affetto alcuni dei tuoi “Attacchi d’arte” più riusciti, che sono stati in grado di farti capire in maniera sorprendente quanto possa scaturire da un semplice schizzo di inchiostro su un foglio bianco, senza doverti necessariamente armare di tela e pennelli.
Dal punto di vista della direzione artistica, Inked parte proprio da questa intuizione, dal fatto che sia appunto sorprendente ciò che si riesce a creare grazie a dei semplici tratti d’inchiostro. Il risultato è una vera e propria opera d’arte in costante movimento che viene accompagnata da un gameplay che, per quanto classico nel suo essere un puzzle game con enigmi di difficoltà sempre crescente, riesce a divertire e a regalare una piccola perla videoludica.
Wake up, Samurai!
Come anticipato, il titolo punta quasi esclusivamente sulla componente visiva, mettendo da parte tutto il resto e regalando ai giocatori una trama giusto abbozzata, un semplice pretesto per proseguire nel mondo di gioco enigma dopo enigma. Questo non è assolutamente un difetto, anzi! Inked punta a costruire una narrazione silenziosa all’altezza di opere del calibro di Journey o Abzu, con giusto qualche linea di dialogo in più rispetto ai due titoli, essendo in effetti presenti due personaggi (e non un viaggiatore solitario) che interagiscono tra loro.
Ci ritroveremo dunque nei panni di un Eroe senza nome che ha ormai riportato la pace nella sua terra d’origine, non gli resta quindi che posare la spada e imbracciare… il pennello! Ben presto però, gli eventi del mondo di gioco prenderanno una strana piega e capiremo che c’è ancora qualcosa di oscuro che si annida in questa pacifica terra. A movimentare ulteriormente le cose, ci saranno anche alcune rotture della quarta parete determinate dall’intervento delle mani dell’artista che ha creato il mondo di gioco, che potranno modificare alcuni elementi di tanto in tanto, andando a modificare la natura dell’ambientazione.
Il titolo si porta a termine in poco meno di tre ore se non ci si impunta su alcuni degli enigmi più complessi, sarebbe quindi un peccato rivelarti dettagli di trama che potresti vivere in davvero pochissimo tempo; ti basti però sapere che gameplay e trama (per quanto quest’ultima, ripeto, non sia nulla di eclatante) vanno di pari passo, giustificando la difficoltà crescente degli enigmi con una minaccia sempre più palpabile e pressante. Penso sia davvero degno di nota quando un titolo così “inquadrato” in un genere riesce a giustificarti le meccaniche di gioco attraverso la trama.
Passami la tavolozza!
A proposito di gameplay, con Inked ci troviamo di fronte al più classico dei puzzle game in cui, come anticipato in precedenza, potremo proseguire nel mondo di gioco risolvendo puzzle ambientali. Il nostro Eroe senza nome si è da poco dedicato alla pittura e questo si riflette nello sviluppo delle sue capacità durante il corso dell’intera avventura.
Inizialmente infatti potremo interagire soltanto con determinati blocchi e piattaforme che ci consentiranno di attivare le classiche leve e meccanismi tipici del genere di riferimento. Man mano però, il nostro protagonista entrerà sempre più in contatto col suo animo artistico sopito da mille battaglie, e inizierà ad apprendere tecniche sempre nuove, proprio come farebbe un samurai coi vari kata della spada (Demon Slayer docet).
Un particolare del gameplay che ho trovato estremamente interessante è che, man mano, il mondo di gioco ci fornirà sempre meno elementi con cui interagire; l’Eroe senza nome infatti imparerà da sé a dipingere e rendere tridimensionali gli elementi di cui ha bisogno e con cui ha preso confidenza nelle prime fasi di gioco. Andando avanti nell’avventura quindi passeremo dal dover capire COME utilizzare gli elementi per risolvere i puzzle a QUALI dover mettere in gioco.
Per quanto un titolo davvero minuscolo nel panorama videoludico, Inked riesce nell’impresa di portare nel gameplay una vera e propria evoluzione costante e tangibile, sfida nel quale produzioni AAA ben più acclamate talvolta non riescono, rimanendo dal filmato introduttivo fino ai titoli di coda sempre uguali a sé stesse.
Ceci n’est pas une jeux
Ciò che la fa davvero da padrone e riesce a tenere incollato il giocatore allo schermo è il comparto artistico, in particolare l’ambientazione, a dir poco ispiratissima! Il mondo di gioco è ispirato al Giappone medievale, pertanto i tratti di penna su sfondo rigorosamente bianco che andranno a definire i contorni di questo mondo saranno inizialmente dolci e smussati, capaci di trasmettere alla perfezione la calma e la serenità di un giardino zen, grazie anche a qualche graditissimo dettaglio, come, per esempio, degli specchi d’acqua che sembrano realizzati ad acquarello.
Proseguendo, la trama andrà man mano ad aggiungere complessità e pericoli, questo cambiamento si rifletterà anche nello stesso mondo di gioco, che passerà da lineamenti dolci a tratti sempre più squadrati, arrivando a ricordare le opere di De Chirico e costituendo ancora una vera e propria gioia per gli occhi grazie alla complessità delle architetture che, oltre a essere estremamente ben studiata, porta il giocatore a mettere in moto la mente per comprenderne fino in fondo lo schema.
La colonna sonora invece pecca un po’. Intendiamoci, funziona alla perfezione e riesce a dosare con cura tracce più tranquilla che si legano perfettamente all’ambientazione ad altre più ritmate che accentuano i momenti di “pericolo”, ma non si traduce mai in nulla di memorabile, tanto da farsi dimenticare non appena si arriverà ai titoli di coda.
In conclusione, Inked offre al giocatore un comparto grafico a dir poco meraviglioso, che risulterà appagante alla vista come poche altre cose. Per il resto però, è meglio approcciarsi al titolo senza troppe aspettative, si tratta pur sempre di un piccolo indie senza pretese dal punto di vista del gameplay e della narrazione, ma che riesce a integrare il tutto in maniera sorprendentemente efficace e ben studiata. Insomma, una perla imperdibile per gli amanti dei puzzle game e degli indie, ma che potrebbe lasciare indifferenti i giocatori in cerca dei classici blockbusteroni AAA.