Dopo le esperienze di Verdun (2015) e Tannenberg (2017), M2H e Blackmill Games ci hanno riportato sui campi di battaglia del Primo conflitto mondiale con Isonzo, terzo DLC stand-alone del primo titolo, annunciato a marzo 2021, il quale, come dice il nome, è ambientato sul fronte italiano, mettendoci nei panni dei nostri bisnonni quando vendevano cara la pelle nelle chilometriche trincee che ancora oggi solcano le zone del Carso e Trentino, le cui montagne e città sono stati principali teatri degli scontri.
Il coinvolgimento emotivo è certamente grande, essendo sempre piacevole fruire di un’opera ambientata nella nostra Italia, eppure, almeno su PlayStation 4 (noi di iCrewPlay abbiamo provato Isonzo in questa sua versione), il titolo soffre di diverse pecche, le quali sono talmente invasive da riuscire a rovinare un’esperienza la quale, invero, a livello di gameplay funziona egregiamente, rendendo giustizia a titoli dai match notoriamente lunghi quali gli stessi Battlefield (nessuno ha dimenticato quel Battlefield 1 del 2016, atipico per ambientazione sia rispetto ai predecessori che, in generale, al panorama FPS dell’epoca).
Andiamo dunque a scoprire insieme i punti di forza e debolezza di Isonzo!
La guerra che avrebbe dovuto porre fine a tutte le guerre
Ricordata per il suo bilancio in vite umane, all’epoca senza precedenti, la Grande guerra è rimasta nell’immaginario comune come un scenario dominato da angoscia ed isolamento, sensazioni che vedono nelle trincee il loro maggiore simbolo: costantemente flagellate da bombardamenti d’artiglieria e sotto il perenne tiro di cecchini, questi ambienti claustrofobici sono preminenti anche in Isonzo, che riproduce perfettamente la sensazione nel cuore di chi gioca.
A ciò si aggiunge l’estrema specializzazione delle varie classi di soldato tra cui scegliere: dal versatile fuciliere, ideale per imparare a padroneggiare il gioco, all’alpino, deputato all’individuazione dei singoli nemici e alla difesa delle posizioni piuttosto che all’avanscoperta, fino all’ufficiale, il ruolo più complesso da assumere in quanto tocca prendersi la responsabilità di vittoria e sconfitta suggerendo all’intera squadra la strategia da adottare impartendo ordini e richiedendo attacchi d’artiglieria, aerei o chimici.
I venti membri di ogni team sono suddivisi in cinque plotoni da quattro soldati ciascuno. Qualora si rimanga uccisi nel corso della battaglia, c’è la possibilità di rischierarsi accanto ai compagni di plotone ancora in vita. La durata del tempo di respawn è legata a doppio filo alle prestazioni dei propri compagni.
Le battaglie sono piuttosto lunghe e propongono un gameplay palesemente ispirato a quello di titoli quali i già citati Battlefield, con il fattore tempo totalmente abbandonato in favore di quello dell’esaurimento rinforzi, i quali vengono riportati al massimo man mano che si guadagna terreno, rappresentato da zone da conquistare. Il risultato sono game dalla durata indeterminata, fattore opinabile che può essere gradito o sgradito a seconda del gusto personale, ma comunque poco comodo per chi non ha molto tempo alla giornata da dedicare al gaming, che certamente opterebbe dunque per FPS dai match più ‘svelti’.
Ogni colpo va ponderato con parsimonia, essendo i fucili dell’epoca tendenzialmente bolt-action, ovvero con un rateo di fuoco molto più basso rispetto alle armi semiautomatiche, le quali, sebbene già esistenti, si sarebbero diffuse solo in seguito. Ne consegue che spesso e volentieri bisogna ricorrere al corpo a corpo. Necessità, questa, anch’essa aderente alla Storia. Allo stesso modo vengono proposte meccaniche di sabotaggio, di infiltrazione e di dispiegamento di nidi di mitragliatrice ugualmente fedeli alle dinamiche che caratterizzarono quegli scontri.
L’intera scelta degli scontri cui unirsi è orchestrata riproducendo il vero fronte italo-austroungarico come appariva prima della disfatta di Caporetto, la quale costrinse le truppe italiane a riparare dietro il fiume Piave lasciando il corso dell’Isonzo, vero e proprio confine naturale tra i due contendenti, in mano al nemico asburgico. Si possono dunque visitare ed ammirare varie location familiari a chi vive in quelle zone, tra cui bellezze naturali quali le Tre Cime di Lavaredo, il Monte Fior e centri urbani importanti quali la stessa città di Gorizia.
Il tutto è accompagnato da un sistema di accumulo esperienza che rende disponibili armi migliori ed equipaggiamento via via più sofisticato, il quale riproduce abbastanza fedelmente quello in uso all’epoca.
La stabilità prima di tutto (e magari anche qualche aggiornamento tecnico)
Se Isonzo sa farsi valere a livello di gameplay, il discorso si inverte totalmente per quanto riguarda il versante tecnico ed estetico.
Graficamente parlando, il titolo è rimasto completamente ai tempi del suo predecessore Verdun, presentandosi dunque come datato e con un modelling tanto degli ambienti quanto dei personaggi stessi piuttosto discutibile (la maggior parte del tempo sembra di star giocando ad un titolo PlayStation 3). Tale problematica è da imputare probabilmente al suo status di DLC stand-alone del suddetto titolo.
A ciò si aggiungono continui cali di frame e tempi di caricamento esagerati anche per un multiplayer affollato, mentre a rovinare definitivamente l’esperienza ci sono crash periodici, i quali si verificano tendenzialmente in due circostanze: la prima, fastidiosa, è in fase di caricamento dopo aver sloggato da un game concluso, concludendosi spesso con un danneggiamento dei dati e dunque dei progressi fatti per il proprio account. La seconda, inaccettabile, è nel bel mezzo della battaglia, di solito in seguito al rischieramento.
Eccoti dunque spiegato il paragone tra Isonzo e la celeberrima poesia Soldati di Giuseppe Ungaretti.
Il sonoro risulta anch’esso piuttosto grezzo all’orecchio, con innaturali lamenti da parte dei soldati e qualche ritardo tra suono e azione qua e là. La colonna sonora, sebbene un po’ scarna, riesce a soddisfare, soprattutto per quanto riguarda l’originale aria tenorile ‘Rinasceremo insieme’ che fa da sfondo al menù principale e le chiusure dei game, che sono accompagnate, a seconda dei vincitori, da versioni cadenzate dell’Inno di Mameli e del Kaiserhymne di Haydn, all’epoca inno nazionale austroungarico e ora inno nazionale tedesco.