Neon Doctrine, publisher di tutto rispetto con uffici a Dublino e a Taibei, presenta Jack Axe, un titolo platform 2D che arriverà sui nostri schermi il 7 ottobre prossimo su Steam e Nintendo Switch e che sarà disponibile anche sul servizio in abbonamento videoludico Utomik, affacciatosi quest’anno sul panorama sempre più vario della nascente industria dei Games as a service.
Noi di iCrewPlay abbiamo provato quest’opera con un leggero anticipo sulla release date, e ci ha davvero sorpreso il fatto che un’azienda del calibro di Neon Doctrine, famosa per aver prodotto titoli ricchi di originalità come SINNER: Sacrifice for Redemption di DARK STAR (2018), abbia anche solo accettato di marchiare con il proprio nome questo primo cimento videoludico di Keybol Games (il fatto che sia un titolo d’esordio rinfranca).
Keybol Games, così come Yangyang Studios, piccolo team indipendente del quale presto debutterà l’avventura grafica The Bookwalker, ha la propria base nell’arcipelago asiatico delle Filippine. Ed è proprio alla mitologia tradizionale degli abitanti di queste numerose isole che Jack Axe deve la propria ispirazione per alcuni elementi, mischiati (come appare chiaro dall’estetica del gioco) con i miti e le leggende del Nord Europa vichingo, in un improbabile potpourri interculturale.
Ma andiamo a dare un’occhiata migliore al titolo, cercando, come al solito, di guardarne gli aspetti migliori!
Quattro sorelle e un’ascia
Jack Axe si apre senza alcun preambolo. La scena è la seguente: la protagonista Jack e sua sorella Red sono in giro per le lande innevate di Freymont, il loro Paese.
Dopo una discussione di elevata levatura intellettuale sul perché i loro compatrioti Bunking (un divertente ma non troppo gioco di parole tra le parole inglesi ‘viking’ e ‘bunking’, quest’ultimo termine gergale che indica il ‘marinare la scuola’ o il ‘fuggire da qualcosa/qualcuno’. Ne consegue che in italiano tale nome si potrebbe rendere con ‘Fugginghi’) non siano ancora tornati dalla loro ultima razzia, le due ragazze optano per distrarsi un po’ giocando a taguan (altro mash-up verbale tra ‘tag‘, il nome anglosassone di ‘acchiapparella’, e ‘taguan’, nome comune del Petaurista petaurista, una specie di scoiattolo volante del sud-est asiatico).
Durante l’inseguimento, Red si infila in un labirintico sotterraneo pieno d’insidie e trappole. Jack ritrova infine la sorella bloccata da uno di questi trabocchetti. Decide così di addentrarsi ancora di più all’interno del dungeon per cercare una via d’uscita alternativa, ma finisce per imbattersi in un sacrario dove è custodita una misteriosa ascia.
Impugnata l’arma, una voce risonante scuote la caverna, annunciando che “la profezia della Peste purpurea è agli albori” e che “colui che brandisce l’Ascia maledetta ha il compito di liberarci da questo male ultraterreno“. Cionondimeno, la voce si irrita parecchio nel constatare che è stata una donna a recuperare l’Ascia maledetta (per niente sessisti questi Bunking, vero?) Tuttavia, messa alle strette dall’incombenza degli eventi, la voce decide di condiscendere al fatto che il prescelto non sia maschio, e lascia andare Jack con l’Ascia maledetta, la quale sarà il suo principale (nonché unico, si può dire) strumento per tutta l’avventura.
A seconda del numero dei giocatori, Jack agirà da sola o con l’aiuto di Red e delle altre due sorelle.
Jack Axe, ovvero “niente di nuovo sotto il sole“
Questa frase, contenuta nel mai troppo citato libro biblico dell’Ecclesiaste, è probabilmente il modo migliore e più sintetico per descrivere il gameplay di questo platform. In effetti, anche volendo investigare nella maniera più politicamente corretta e meticolosa ogni singolo pixel di cui Jack Axe è composto, non si riesce a trovare neanche un solo elemento degno di essere definito originale.
Il gameplay è infatti quello tipico del genere: tanti salti; qualche manovra ardita che richiede di aguzzare l’ingegno e il tempismo qua e là; trappole e puzzle sparsi a loro modo efficaci in termini di sfida ma non esaltanti e a tratti snervanti. Completano il quadro plastico i nemici, la cui scarsa varietà e mollezza viene leggermente risollevata dalle boss fight, le quali sono probabilmente uno degli aspetti meglio riusciti del gioco.
Come anticipato, l’Ascia maledetta è l’unico e solo mezzo di offesa dell’intera opera, ed è uno strumento fondamentale anche per gli spostamenti. Lanciandola è infatti possibile scattare in aria, cosa che abbinata ai salti rende possibile lunghe sequenze aeree, le quali tuttavia riescono, a lungo andare, abbastanza frustranti, data anche la severità del titolo ogni volta che si muore. Ad ogni decesso corrisponde infatti perdita di parte delle monete (che garantiscono l’accesso ad aree bonus e consentono di acquistare tinte cosmetiche per i personaggi).
Nel probabile tentativo di sopperire alla gestione discutibile del level design (l’aggettivo ‘labirintico‘ non fa binomio con ‘caotico‘), i developer hanno deciso di conferire varietà all’ambientazione dividendo l’avventura in sei livelli corrispondenti ciascuno a un diverso bioma. Onde passare da un livello al seguente è necessario raccogliere un numero variabile di rune, che garantiranno l’apertura di una sorta di portale dimensionale (sì, ci sto capendo molto poco anch’io).
Nemmeno chi recensisce e chi gioca ha tempo da perdere
C’è veramente poco da segnalare riguardo al versante tecnico ed estetico di Jack Axe. Tutto scorre tranquillamente. I tempi di risposta sono nella norma e, tanto per cambiare, tanto il gioco stesso quanto noi consigliamo l’uso di un controller.
Trattandosi di un titolo pixel art, sarebbe da zero tagliato se l’azione non scorresse o la navigazione tra le interfacce fosse imprecisa. Eppure, ci sarebbe un altro grave motivo per dare il suddetto voto a questo titolo, ovvero il seguente: non si può salvare la partita.
Proprio così: ogni volta che il gioco viene chiuso, i progressi fatti, pur essendo presenti ben quattro slot di salvataggio distinti e separati, vengono cancellati automaticamente, costringendo ogni volta ad avviare una nuova run.
Ora, nessuno mette in dubbio che Jack Axe sia stato il prodotto del sudore della fronte del team che ci ha lavorato. Ma anche queste recensioni sono frutto della fatica e dell’attenzione di noi di iCrewPlay. Ancora di più, c’è gente che potrebbe decidere di destinare del denaro a questo gioco, e tu che leggi non fai certamente eccezione. Ne consegue che presentare un prodotto a cui manca una funzione basilare come il salvataggio dei progressi denota uno scarso rispetto tanto per chi deve recensirlo quanto per chi deve fruirne, che giocoforza sarà un minimo influenzato da ciò che legge in rete.
Concludiamo questa ‘piccola’ discussione sugli aspetti tecnici del titolo con qualche parola sul sonoro. Anche in questo caso “niente di nuovo sotto il sole“, solo una colonna sonora inflazionata ed anonima.