Quello degli shoot-em-up è già un genere di nicchia, figurarsi il suo figlioletto dei bullet hell. Eppure, la ristretta cerchia di appassionati del genere non è mai realmente tenuta a stecchetto: basti pensare a Ghost Blade HD, che abbiamo recensito su iCrewPlay di recente. A seguirlo a ruota, ora, abbiamo l’ultimo arrivato di Final Form Games, Jamestown+.
Nato sotto il nome di Jamestown: Legend of the Lost Colony nel 2011, questo “shoot-em-up” è uscito prima su computer, per poi raggiungere quattro anni fa i lidi di PlayStation 4 sotto il nome “plus” con cui lo conosciamo ora. Se abbiamo messo shoot-em-up tra virgolette è per un motivo semplice: l’articolo di Wikipedia sul gioco insiste nel definirlo così, ma in realtà è un bullet hell fatto e finito. Andiamo con ordine.
Veloci come il vento, nel milleseicento
“Mi hanno avvertito di non andare su Marte da solo. Dicono che questo Nuovo Mondo. Ma Marte è antico, con orrori dimenticati da tempo. E io non sono da solo”. Così recita la narrazione del trailer per la versione PlayStation 4 del titolo, uscito per l’occasione nel Giorno di San Patrizio. Il gioco trasuda passione per la storia americana e britannica da ogni poro, il che, in quanto a trama, può essere un’arma a doppio taglio.
La storia alternativa (intesa letteralmente come la storia) del gioco è godibile solo per chi conosce un po’ dell’era colonialista della storia americana. Quanti giocatori possono sapere che Virginia Dare è stata la prima persona nata nelle colonie inglesi, la prima “figlia del Nuovo Mondo” insomma, al di fuori dei furbetti che hanno letto Marvel 1602 di Neil Gaiman?
Ad ogni modo, l’inglesissima (anche nell’unica lingua disponibile) trama ha ben poco a che fare con la vera città di Jamestown; il titolo del gioco, al di là di una menzione dell’omonima colonia, si limita ad ammiccare al periodo del colonialismo in generale, né più né meno. Ripescando la narrazione che precede lo schermo del titolo, una narrazione incorporea in prima persona ci dice che ci troviamo nel 1619, e di essere appena scampati al patibolo.
Il protagonista, per un desiderio di rivalsa, si è spinto all’apice dell’esplorazione umana: nientemeno che Marte. I primi monologhi, che aprono e chiudono ogni stage del gioco, si concludono con l’iniziale R, implicando che si tratti di una versione fittizia di Walter Raleigh, noto per aver violato il trattato di pace con la Spagna; dal momento che i nemici marziani sono presentati subito come “leali agli spagnoli”, si direbbe essere proprio questo il caso. In questa nebulosa premessa, iniziamo bellamente a sparacchiare in giro.
Ye olde bullet hell
Prima ancora che inizi il primo livello, e dopo un doveroso tutorial, ci vengono mostrate le differenze tra le varie navicelle. Ogni nave ha a disposizione un’opzione di fuoco primaria, seguita da una secondaria che la rallenta (per la navicella di base, si tratta rispettivamente di una mitragliatrice “a ventaglio” e di un raggio laser enorme, il quale rallenta di molto la nostra traiettoria di volo) e, infine, di uno scudo che accomuna ogni scialuppa.
Proseguiremmo volentieri nella descrizione delle abilità a disposizione del giocatore, ma bisogna prima tornare un attimo sul punto dove la presentazione della trama ci ha interrotto. Avevamo detto che questo gioco è un bullet hell, e il gioco lo chiarisce da subito nel tutorial parlando espressamente di hitbox: come vogliono le convenzioni di questo sottogenere, qualunque punto della nave può venire colpito, ad eccezione del centro. Per controbilanciare questo “vantaggio” che abbiamo (o viceversa), il gioco non si fa scrupoli nel riempire lo schermo con il fuoco nemico, assai difficile da schivare.
Torniamo al gameplay vero e proprio. Una volta sconfitto, ogni nemico lascia cadere dell’oro, convenientemente distribuito in… bulloni. L’oro ha due funzioni: durante il gameplay, carica la nostra barra speciale, mentre a livello finito si può usare l’oro ottenuto per comprare nuove navi ed altrettante modalità. All’interno dei livelli, la barra in questione ci consente di usare lo scudo, ovvero un campo di forza che, per pochissimo tempo (si parla di due secondi al massimo), riflette i proiettili nemici; per il resto, la barra viene usata per potenziare i nostri.
Se il nostro hitbox viene colpito, è morte istantanea. In giocatore singolo, abbiamo due vite a disposizione per ogni “credito”; una volta che veniamo abbattuti per la seconda volta, appare un contatore in stile picchiaduro arcade, e continuare vuol dire consumare una delle nostre monete immaginarie. Nel caso del multiplayer, invece, è possibile continuare ad oltranza quando muore un giocatore, finché l’unico rimasto in vita riesce a non farsi abbattere per dieci secondi, che sembrano pochi ma in realtà sono interminabili. Fallire nel tenersi strette le proprie vite è un biglietto di sola andata per la schermata di Game Over.
A discapito della brutale difficoltà che emerge dall’anima arcade del titolo, però, la possibilità di affrontare tutti i livelli in sequenza – ribattezzata “The Gauntlet”, cioè la sfida – è un’opzione che stranamente va sbloccata nel negozio interno. Per il resto, il gioco comprende una vera e propria mappa per la selezione dei livelli, dalla quale si può anche accedere al già citato negozio per acquistare navicelle, livelli di difficoltà aggiuntivi e quant’altro.
Steampunk Slug
Graficamente parlando, Jamestown+ è un gioiellino. Lo stile artistico, per quanto riguarda gli sprite degli elementi presenti su schermo, è un delizioso rimando all’era del Super Nintendo Entertainment System, ma sono i fondali a dare il loro meglio. Gli sfondi, infatti, riportano alla mente il misto tra la caricatura e il dipinto tipico dello stile artistico di Metal Slug, e questo non è nemmeno l’unico aspetto del gioco a riportare alla mente la mitica serie di SNK.
Se sei curioso in merito a quale sia l’aspetto in questione, l’attesa finisce subito: stiamo infatti parlando del sonoro. A livello di audio, infatti, abbiamo melodie tipiche delle storie piratesche, arrangiate però con un soundfont che non stonerebbe affatto tra le colonne sonore della serie Metal Slug. Non sono melodie che ci ritroviamo a fischiettare, ma senza dubbio hanno un minimo di personalità.
Sul gameplay non c’è molto in merito a cui dilungarsi: è un bullet hell, pregno di un distinto sapore arcade che si riflette anche sul suo tasso di difficoltà; quest’ultimo, infatti, non concede sconti a nessuno, a meno che non lo si affronti in co-op con una squadra quantomeno competente e dai riflessi rapidi.
Anche la longevità, nel bene e nel male, riflette lo spirito arcade del titolo: giocare Jamestown+ può richiedere un solo pomeriggio, a seconda della propria abilità o di quella degli amici che ci accompagneranno nelle scorribande cosmiche (e anacronistiche) del protagonista, così come può tenerci occupati per settimane. Per 16 euro come prezzo fisso di base, il gioco potrebbe dare di più, ma con uno sconto diventa molto consigliabile.