Sviluppato da Exe-Create e pubblicato da Kemco, Jinshin è un nuovo JRPG in 2D a turni targato Kemco. Noi abbiamo vissuto l’epopea fantasy di Mikazuchi e amici su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione! Pronto a scoprire se il nuovo titolo Kemco è riuscito a distinguersi dagli altri suoi congeneri?
Jinshin – una nuova storia con gli stessi clichè
Quando arriva un nuovo JRPG targato Kemco il problema è sempre lo stesso: si assomigliano in modo spaventoso. Jinshin stesso, infatti, soffre di questo medesimo problema. Escludendo METRO QUESTER (qui trovi la nostra recensione per nintendo Switch) che prova a cambiare completamente lo schema ludico tipico della casa di pubblicazione a cui appartiene, gli altri titoli si ripetono e richiamano in modo fin troppo sfacciato.
Se infatti esteticamente e ludicamente, i titoli Kemco non si distinguono se non per pochissime variazioni, la differenza grande la fa quasi sempre la narrazione. Qui siamo in un’atmosfera da Giappone Feudale con clan, maestri e allievi di spade, mostri folkloristici e un solito sistema di buoni e cattivi con tanto di mondo da salvare. Insomma i soliti clichè.
E i cliché, in Jinshin, li troverai non solo nello sviluppo dell’intreccio narrativo, dotato comunque di un buon incipit e un ritmo tutto sommato sufficiente e gradevole, ma anche nel cast che in parte delude. La delusione è dovuta proprio al fatto che la loro caratterizzazione (esclusi alcuni) è molto basilare, fittizia e già letta e riletta in innumerevoli titoli.
Ma procediamo con ordine, come anticipato, in Jinshin vestiamo i panni di Mikazuchi, un fine stratega e un abile spadaccino a cui viene rapito il maestro. Non solo, si ritrova anche immischiato in un clan di mercenari “buoni”. Il clan Amaterasu. Lo scopo di tale clan, appunto, è quello di riportare l’ordine nel mondo e, guarda caso, tale scopo è affine con la ricerca del maestro di Mikazuchi.
Lo sviluppo narrativo procede così in modo lineare con non molte sorprese ma, in compenso, con poche fasi lente. Il problema è appassionarsi alle vicende e ai personaggi in quanto di originale, in Jinshin, non c’è moltissimo. Rimane però una buona storia con un’atmosfera che agevola alla creazione identitaria di un titolo che, altrimenti, sarebbe apparso come semplice reskin di un qualsiasi altro titolo Kemco.
I miei amati turni
Jinshin è un JRPG classico in 2D, oseremo dire retrò, con un sistema di combattimento a turni. Come la maggior parte dei titoli Kemco, anche qui avremo una macro mappa alla Dragon Quest o Final Fantasy che collega dungeon e città. Non mancano combattimenti casuali con nemici non visibili su schermo, città da esplorare, dungeon con mini enigmi e trappole ambientali, tesori da collezionare e personaggi con cui dialogare.
Insomma, Jinshin ha tutto ciò che un JRPG classico deve avere con l’aggiunta dell’immancabile sezione “extra” stile Kemco. Questo perché anche Jinshin proviene dal mondo mobile e come tale ha un sistema interno del tutto opzionale che, con l’acquisto “reale” ti garantisce ulteriori bonus come esperienza accumulata più velocemente e quant’altro. Non manca neanche il solito giochino stile “ruota da girare” con bonus giornalieri.
Tutti questi bonus e upgrade, passivi o temporanei, si vanno ad accumulare a un sistema di personalizzazione, anche qui, decisamente standard e già visto. Che sia per le abilità, le armi o l’equipaggiamento, ogni eroe può essere personalizzato e, neanche a dirlo, un buon team equilibrato garantisce una permanenza più gradevole all’interno del mondo di Jinshin. C’è però da segnalare che il livello di sfida, salvo enormi differenze di livello, è sempre molto accessibile.
Jinshin non ha quindi grandi novità se non un piccolo sistema di ulteriore personalizzazione che riguarda il nostro villaggio. Migliorarlo ci garantirà di ottenere risorse extra. Un ulteriore bonus che va quindi a rendere la nostra vita più semplice ma che a conti fatti non innova poi molto l’esperienza in sé che permane decisamente standard e con un costante retrogusto amaro di “già giocato”.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, Jinshin è in linea con gli standard di cui Kemco ci ha abituati. I personaggi presentano artwork realizzati con una certa cura ma che peccano d’identità. Un personaggio di Jinshin potrebbe appartenere a quasi qualsiasi altro titolo Kemco. Discorso analogo per il mondo di gioco e soprattutto i dungeon.
Il mondo di Jinshin, infatti, recupera lo stile Kemco offrendo luoghi spogli, con elementi riciclati e pesantemente ancorati a uno stile retrò fortemente anonimo e poco creativo. Un peccato considerando che in alcune situazioni, Jinshin è in grado di richiamare un’atmosfera feudale a suo modo affascinante e su cui si poteva decisamente scommettere di più.
Anche il sonoro risulta poco coraggioso, anonimo e in parte ripetitivo. Poche sorprese negli effetti audio mentre le animazioni sono decisamente semplici e poco accattivanti. Da segnalare la totale assenza della lingua italiana che può risultare un ostacolo considerando la mole di testo presente nel titolo. Infine, Jinshin si difende bene in entrambe le modalità dell’ibrida Nintendo con quella portatile più consigliata per comodità e resa visiva complessiva.