Il videogioco domestico come lo conosciamo noi, ovvero un sistema connesso alla tv che proietta immagini con le quali è possibile interagire mediante un apparecchio di controllo, esiste più o meno dalla fine degli anni ’70: per la precisione, correva l’anno 1975 e Atari commercializzava la versione casalinga di Pong, probabilmente il primo vero videogioco casalingo della storia.
Erano solo due lineette che si rimbalzavano da parte a parte un quadratino, ma a quei tempi bastava poca fantasia per avere l’idea di assistere ad una vera e propria partita di tennis.
Oltre 40 anni più tardi, il videogioco ne ha fatta molta di strada, sono cambiati i supporti, le tecnologie, i metodi di interazione; una cosa è rimasta, per sommi capi, molto simile rispetto agli esordi, ovvero la necessità di un joypad per poter interagire.
Certo, nel caso di Pong si trattava di una rotella su un parallelepipedo che permetteva di direzionare la “stanghetta” in alto o in basso, ma subito dopo, con la nascita dell’indimenticabile Atari 2600 fece la comparsa il primo vero joypad, che al tempo era meglio noto come “joystick” in quello che possiamo considerare come il nonno degli attuali controller disponibili sul mercato.
Ma qual è quel filo rosso che, attraverso i decenni e i salti quantici dal punto di vista tecnologico del settore, collega tuttora quel preistorico sistema di controllo con gli attuali modernissimi joypad? Sembra strano, e addirittura incredibile, ma è nientepopodimeno che il cavo.
“Il cavo è morto!”
Questo sentenziava il mitico Farenz oltre 10 anni fa in uno dei suoi storici video, quando prese di mira la pistola utilizzata per giocare alla versione PlayStation di Time Crisis, sparatutto in prima persona su binari reso celebre dalla versione in sala giochi e successivamente trasportato su console.
Ma allora perché all’alba del 2021 e con la nona generazione che ha da poco fatto capolino, abbiamo ancora in qualche modo a che fare con un cavo per il joypad, almeno per quanto riguarda la sponda Sony? E perché c’è così tanto dibattito tra chi preferisce il sistema di ricarica di PlayStation e chi invece premia la care vecchie pile tuttora in cima alle scelte di Microsoft per la sua Xbox Series X?
A questo proveremo a dare una nostra risposta, non prima di aver fatto un rapido cenno storico dei vari tipi di joypad.
Gli albori del joypad: il “joystick”
Come detto, la prima versione di joypad-joystick la dobbiamo ad Atari, che con il suo 2600 introduceva questo sistema di controllo con un barra di comando e un tasto posto subito a lato; in qualche modo cercava di ricreare il feeling provato nei “coin op” da sala con i loro stick e i pulsanti posti appena vicini.
Il risultato non era esattamente lo stesso, ma a quel tempo nemmeno ci si faceva caso dal momento che il divario tecnologico tra quello che si poteva giocare al bar o in sala giochi era lontano anni luce da quello fruibile nel salotto di casa propria.
Per tanti anni, in effetti, si andò avanti in questo modo senza particolari problemi, dal momento che anche le varie incarnazioni dei Commodore usufruivano di sistemi di controllo molto simili a quelli scelti da Atari.
Ci volle l’ingresso nel mercato dei videogiochi di Nintendo nella prima metà degli anni ’80 per rivoluzionare i sistemi di controllo che, a dire il vero, iniziavano ad essere un po’ obsoleti.
Il Nes, uscito nel 1983 in Giappone, nel 1985 in Nord America e l’anno dopo in Europa, introdusse il primo vero joypad della storia: un sistema di controllo di forma rettangolare con una precisa croce direzionale, deputata a muovere il personaggio/veicolo del videogioco in questione, due tasti per le interazioni e altri due per le funzioni secondarie.
Possiamo tranquillamente dire che quello fu lo standard per almeno 15 anni, perché sia la concorrente Sega con il suo Master System sia le successive console a 16 bit Super Nintendo e Mega Drive adottarono questo sistema di controllo composto da croce direzionale e tasti per interagire.
Medesima scelta fu assunta anche per quella che tuttora viene riconosciuta come una delle rivoluzioni più importanti nell’ambito dei videogiochi casalinghi: l’avvento del 3d e della grafica poligonale. Sony PlayStation e Sega Saturn, infatti, proseguirono su quel modello con i rispettivi joypad, segno che l’introduzione fatta da Nintendo oltre 10 anni prima continuava ad essere efficacissima nonostante la progressione tecnologica sopratutto in ambito grafico.
Ma fu la stessa Nintendo che, nel 1996, decise che era arrivato il momento di portare aria fresca anche in un settore che sembrava consolidato come quello dei controller: l’uscita del Nintendo 64 non rimane incastonata nella storia dei videogiochi solo per i titoli di estrema qualità che l’hanno accompagnata (Super Mario 64 e 007 Goldeneye, per fare due esempi), ma soprattutto per un’altra innovazione sotto il profilo del sistema di controllo che per la prima volta prevedeva un piccolo stick analogico al centro del joypad.
Un’introduzione così semplice ma dannatamente efficace, in quanto permetteva un perfetto controllo dei movimenti in tutti quei giochi creati in ambiente tridimensionale che dalla seconda metà degli anni ’90 iniziavano a fare capolino sulle console più moderne.
Impossibile dimenticare la sensazione di libertà provata la prima volta che abbiamo fatto correre Mario nei giardini del castello in Super Mario 64, un qualcosa mai visto prima d’ora.
Sony corse presto ai ripari facendo uscire il DualShock, un joypad che nelle forme ricalcava il controller originale di PlayStation con in aggiunta due stick analogici in modo da fruire meglio i giochi completamente in 3d. Una scelta evidentemente così felice che la casa di Tokyo ha deciso di portare avanti in maniera quasi intatta anche con la sua nuovissima PlayStation 5.
La scelta di Microsoft andava in una direzione leggermente diversa, dal momento che con la sua console di esordio, la Xbox, presentò nel 2002 un joypad che aveva sì due stick analogici, ma collocati in maniera asimmetrica rispetto a quelli di PlayStation 2, creando una prima divisione e due diverse scuole di pensiero che permangono tuttora.
Il cavo in mezzo ai piedi: un problema da risolvere
Ma cosa rimaneva sempre uguale rispetto a quel primo, iconico controller del Nes? Il cavo.
Fedele seguace di ogni nostra partita, spesso invadente e non di rado responsabile di cadute rovinose dello stesso joypad o addirittura della console quando qualche distratto passante vi inciampava contro.
Il cavo era spesso, se non un fastidio, almeno un problema.
I produttori decisero allora che i tempi erano maturi per i primi joypad wireless, introdotti nella generazione della prima PlayStation e diventati standard con l’avvento di PlayStation 3 e Xbox 360.
Il messaggio era chiaro: il cavo stava davvero iniziando ad essere un fastidio e a metà degli anni 2000 era impensabile doverci avere ancora a che fare.
Quello che rappresentava la vera discriminante erano le modalità con cui il pad andava ricaricato e mentre Sony optò per una ricarica via cavo, fatta durante la sessione di gioco o a console in stand by, Microsoft decise per l’introduzione di un pack di due pile stilo. Una scelta che la contraddistingue tuttora e di cui, a fine articolo, proveremo a valutarne i pro e i contro, con la chiosa finale in cui daremo anche il nostro personalissimo parere.
L’Xbox Wireless Controller e il DualSense
Ma veniamo ai giorni nostri: la nona generazione, al momento in cui scrivo questo articolo, sarà praticamente realtà (quantomeno in teoria, perché in pratica solo i più fortunati avranno Xbox Series X e soprattutto PlayStation 5 al lancio) e le scelte fatte dai due principali contender in termini di joypad sembrano essere conservative con alcune piccole ma in prospettiva importanti innovazioni, quantomeno per quanto riguarda Sony.
Se il controller scelto per accompagnare Xbox Series X è di fatto l’ultima versione del joypad Elite apprezzato negli ultimi mesi, con una piccola modifica sopratutto per quanto riguarda la croce direzionale, ora completamente in rilievo e non solo relativamente ai quattro lati disponibili, PlayStation 5 vedrà la luce assieme al nuovissimo DualSense, che oltre a presentare una forma leggermente diversa rispetto al passato presenta due novità come il feebdack aptico e i grilletti adattivi.
Con la prima abbiamo sostanzialmente un nuovo livello di vibrazione, che in un certo senso ricorda quella del Rumble HD di Nintendo Switch, ma portato all’ennesima potenza grazie ad una maggiore complessità di movimento dei motorini inseriti all’interno del controller, in grado di restituire tutta una serie di sensazioni mai provate prima.
I grilletti adattivi, invece, modificando in tempo reale la loro resistenza richiedono di imprimere forze diverse per essere premuti fino a fine corsa, in base alle caratteristiche richieste dal gioco e a quelle che saranno le scelte di game design fatte dagli sviluppatori.
Si tratta certamente di qualcosa più semplice a provarsi che a dirsi, e al momento possiamo solo immaginarne gli utilizzi in senso pratico: prova però a pensare di giocare ad uno sparatutto in cui la pressione del grilletto quando si brandisce una potente doppietta sarà certamente diversa rispetto ad una più leggera pistola.
Oppure immagina di tendere un arco in un gdr, con il grilletto che diventa più duro man mano che la corda si tende. Insomma, sensazioni ad una prima occhiata molto semplici ma che posso trasformare non poco un gameplay.
Ma quindi, perché c’è ancora sto cavo??
Ok, abbiamo fatto dei piccoli cenni storici dei vari joypad usciti sul mercato, abbiamo visto come si sono evoluti nel corso degli ultimi 30 anni e la direzione che possono prendere da qui all’immediato futuro.
Cosa può esserci a tenere insieme tutto questo? Può sembrare strano, ma proprio il cavo.
Si perché nonostante ormai da anni, come abbiamo visto, il cavo non sia più quell’ingombro fastidiosamente presente tra noi e la console, è anche vero che possiamo doverci avere tuttora a che fare per la ricarica del controller.
Questo risulta essere vero dal lato PlayStation, dal momento che avendo le batterie interne, quello di collegarlo ad una fonte di energia è di fatto l’unico modo ufficiale per poterlo ricaricare, mentre come abbiamo visto, Microsoft continua sulla scia delle batterie da cambiare ogni volta. Ma quali possono essere i pro e i contro di questa scelta? Vediamoli rapidamente:
Joypad Xbox (con pile)
Pro:
– il cavo è un ricordo;
– basta avere un caricabatterie e 4 pile ricaricabili e il problema del controller scarico non sarà più un problema;
– niente paura di rimanere “a secco” durante una partita.
Contro:
– se non si hanno pile ricaricabili diventa un fastidio/costo trovare sempre pile nuove.
Joypad PlayStation (senza pile)
Pro:
– non servono pile esterne;
– può essere collegato ad una normale usb o un caricatore qualunque, basta che sia compatibile.
Contro:
– se ti dimentichi o non puoi ricaricarlo una volta scarico, i casi sono due: o interrompi la partita oppure devi giocare con il joypad connesso ad una fonte di energia;
– se si danneggia il pack di batterie interno c’è poco da fare, se non sostituire il controller.
Insomma, come vedi i pro e i contro sono diversi, ma la modesta opinione di chi scrive, potendo parlare con cognizione di causa avendo posseduto tutte le console Sony e Microsoft, è che il sistema adottato dalla Casa di Xbox risulta essere migliore, dal momento che affrontando una modesta spesa per 4 batterie ricaricabili e un caricatore apposito, ci si trova con il problema risolto in maniera definitiva, senza doversi preoccupare di un joypad scarico magari nel mezzo di una sessione appassionante oppure dover aspettare che sia carico a sufficienza per iniziare a giocare, a meno di non volerlo fare con un cavo in mezzo ai piedi.
Insomma, ben 10 anni dopo il buon Farenz si può dire che il cavo sia tutt’altro che morto.
Al massimo, non se la passa molto bene.