Dopo tanto tempo in accesso anticipato, Jupiter Hell arriva finalmente alla sua versione 1.0, che diventa quella di partenza per il lancio effettivo del titolo. Se sei un appassionato di roguelike tradizionali stai sicuramente seguendo lo sviluppo da un bel pezzo, dato che parliamo di quello che molti definiscono “il successore spirituale di Doom RL”. Se invece non bazzichi nella community del genere, probabilmente lo hai sentito nominare da poco.
Per quanto motivo, vale la pena spendere due parole su Jupiter Hell. Il gioco è un roguelike puro, che prende a piene mani dalle caratteristiche tradizionali del genere. Quindi, per la gioia degli appassionati più hardcore, troviamo dungeon generati proceduralmente, morte permanente, nessun tipo di metaprogressione e un tempo di gioco gestito a turni.
Ciò che rende il titolo così interessante, però, è la sua accessibilità, che potrebbe finalmente contribuire a rendere il genere meno elitario. A differenza di titoli come Nethack, il primo ADOM o Brogue, infatti, qui troviamo meno key da memorizzare, unite a dei menù navigabili in modo agevole e a un comparto tecnico di tutto rispetto.
Insieme a progetti come Ultimate ADOM o Shiren the Wanderer, quindi, Jupiter Hell contribuisce a rendere i roguelike tradizionali più accessibili e divertenti e, magari, anche più diffusi. Vediamo quindi se vale la pena buttarsi in questo inferno.
Tra demoni, sparatorie e armi
Jupiter Hell non ha una vera e propria trama ma, al contrario, presenta un’atmosfera subito riconoscibile. Molto semplicemente, il gioco inizia quando il nostro personaggio torna da una missione di pattuglia, trovando un’atmosfera lugubre e ostile. Per capire cosa succede, inizia quindi a farsi strada tra i vari settori della base, trovandola infestata da demoni, soldati e robot ostili.
Da qui in poi, troviamo semplicemente dei brevi testi scritti che ricostruiscono alcuni eventi specifici accaduti nella base stessa, ma nulla che faccia realmente proseguire un intreccio di fatti. Questo, però, non è un difetto. Da una parte perché il gioco punta tutto sulla classica struttura tipica dei roguelike classici, dove la trama è secondaria o assente; e dall’altro lato perché l’esperienza richiama in modo evidente giochi anni ’90 come Doom o Duke Nukem.
L’atmosfera che permea Jupiter Hell, di fatto, è caciarona e sopra le righe. Il nostro protagonista dirà continuamente battute volgari quando raccoglie armi, uccide nemici, aspetta troppo a lungo e molto altro. A questo si aggiungono un’insistente musica metal di sottofondo e delle abilità che hanno descrizioni fantasiose.
In pratica, tutto richiama il tipico immaginario degli shooter anni ’90, dove la trama lasciava spazio a uno stile chiassoso e virilissimo. Ma non farti ingannare dall’atmosfera, come dice la descrizione ufficiale, siamo davanti agli scacchi con i fucili a pompa.
Sparatorie a turni
Il gameplay è sicuramente il cavallo di battaglia di Jupiter Hell, che farà sicuramente felici gli appassionati di roguelike puri e crudi.
Tutto si svolge come nel più classico titolo del genere: abbiamo dei dungeon generati casualmente ogni volta, dove l’esplorazione è divisa in piani progressivamente più difficili ed estesi. I movimenti si svolgono su una griglia che divide tutte le aree di gioco e il tempo dell’azione è a turni.
Per essere precisi, questo vuol dire che ogni nostra mossa corrisponde a un movimento di tutti i nemici su schermo, sia quando si cammina, sia per azioni come attaccare o ricaricare. Il ragionamento tattico, quindi, è una parte fondamentale del gameplay.
Infine, morire significa perdere tutto. Ogni partita inizia da zero, con mappe completamente nuove e non c’è nessuna forma di metaprogressione ad addolcire la pillola: per arrivare alla fine, devi conoscere meglio il gioco e le sue meccaniche. Una scelta davvero apprezzabile, che avvicina ancora di più Jupiter Hell ai classici del genere, rendendo ogni partita totalmente skill-based. Chiaramente, questo vuol dire che il gioco si rivolge a un pubblico hardcore o, più in generale, a giocatori che possano apprezzare la mentalità da roguelike.
Ciò che rende Jupiter Hell così unico, però, è la sua grande enfasi sul combattimento a lunga distanza, che si distacca molto dai classici scontri corpo a corpo tipici del genere. Il gioco vanta infatti un sistema di coperture davvero ben fatto, in grado di rendere tutto più profondo di quanto possa sembrare a un primo impatto.
Di base, per sparare un nemico basta premere F, e il personaggio lo colpirà istantaneamente, consumando un turno. Restando dietro una copertura, però, possiamo aumentare la probabilità di colpire il nemico e, allo stesso modo, ridurre le chance di essere colpiti e i danni ricevuti. Tutto ciò che si frappone tra noi e i nemici può diventare una copertura, quindi il dungeon diventa un luogo da sfruttare a dovere, utilizzando ogni angolo, colonna o cassa che possa tornarci utile. In quest’ottica, il posizionamento diventa fondamentale, dato che diventa importantissimo cercare di non farsi accerchiare, di non restare senza ripari o di non fare affidamento su oggetti che possano rompersi quando ricevono troppi colpi.
A questo si aggiungono i diversi tipi di armi da fuoco, ognuna con gittata, munizioni e statistiche diverse. Per esempio, un fucile a pompa avrà un danno AoE a distanza ravvicinata, ma sarà meno potente sulle lunghe distanze. Ogni bocca da fuoco trovata, poi, può essere tranquillamente ispezionata direttamente dal terreno, consentendoci di ragionare sulle statistiche prima di decidere se prenderla.
E non è finita qui. Tutto questo viene influenzato a sua volta dai perk passivi del nostro personaggio, che aumentano determinate statistiche o consentono di ottenere dei bonus con azioni specifiche. Ad esempio, è possibile aumentare la salute, la furia oppure scegliere di aumentare il bonus fornito dalle coperture. Sbloccando terminati tratti, poi, si potranno acquistare delle abilità più avanzate, che per essere utilizzate richiedono prima i perk base.
E ancora non è finita. Jupiter Hell permette di scegliere fra tre classi, ognuna con abilità passive e attive differenti, che incoraggiano determinati stili di gioco. Ad esempio, il Marine consente di ricaricare la salute più facilmente, grazie a un medipack, e vanta un’abilità che permette di guadagnare salute e di subire meno danni.
Esplorando i dungeon, poi, possiamo imbatterci in terminali da hackerare per ottenere piccoli vantaggi, come kit di riparazione, medipack, rendere amichevoli i robot di sicurezza e molto altro. Purtroppo, però, non siamo ai livelli di altri roguelike tradizionali, dove l’interazione tra dungeon e oggetti è ancora più profonda.
Come puoi intuire, siamo davanti a un gioco più profondo di quanto possa apparire a un primo impatto. Il merito più grande di Jupiter Hell, però, è quello di essere estremamente accessibile ai neofiti, grazie a un ottimo tutorial, affiancato da menù e controlli immediati (cose per niente scontata nei roguelike), e da un comparto tecnico sopra la media rispetto ai congeneri.
Il classico loop descritto all’inizio (gioca, muori, ripeti) viene quindi arricchito da una profondità che lo rende interessante anche dopo diverse partite. Per quanto tutto questo possa sembrare positivo, va precisato che Jupiter Hell è un prodotto di nicchia, adatto soprattutto agli amanti del genere o a chi ha un minimo di interesse verso meccaniche simili. Il lavoro di rifinitura degli sviluppatori ha sicuramente reso questa nicchia più ampia, ma serve comunque un minimo di interesse per apprezzare davvero il gioco.
L’esperienza, per quanto curata, resta infatti limitata dal classico loop tipico del genere che, alla lunga, può stancare i giocatori alla ricerca di varietà. Sia chiaro, questo non è necessariamente un difetto ma, in questo caso, i gusti personali contano tantissimo.
E’ vero anche l’opposto però: Jupiter Hell è meno profondo dei maggiori esponenti del genere e un veterano di roguelike come Nethack potrebbe cercare interazioni più vaste e varie tra dungeon, armi e oggetti.
In pratica, l’esperienza è la giusta via di mezzo tra un roguelike fin troppo profondo – con troppe key da memorizzare e adatto solo agli appassionati – e l’eccessiva semplificazione a cui assistiamo di solito. Jupiter Hell semplifica il giusto, risultando immediato ma comunque complesso.
Un buon comparto tecnico
Il comparto tecnico di Jupiter Hell, pur non facendo gridare al miracolo, riesce a essere soddisfacente, grazie a degli ambienti sufficientemente rifiniti e a degli effetti di luce che rendono tutto bello da vedere. Non siamo di fronte a nulla di eccezionale ma, se confrontiamo il titolo con la poca attenzione che solitamente i roguelike tradizionali riservano alla grafica, allora siamo già di un gradino sopra. Forse sarebbe stato bello vedere anche una maggior cura per le animazioni, che per adesso risultano limitate e poco rifinite.
Il comparto artistico richiama le atmosfere di Doom, grazie a uno stile sopra le righe e caciarone, fatto di battutacce, musica metal e tanta enfasi sulle uccisioni.
Proprio il comparto audio è invece altalenante. Da un lato abbiamo degli effetti sonori davvero ottimi, che fanno sentire la potenza di ogni arma e rendono giustizia ad azioni come la ricarica o la morte di un nemico. Dall’altra parte, però troviamo una colonna sonora metal fin troppo ripetitiva, che per lunghe sessioni diventa davvero fastidiosa. Chiaramente l’assolo di chitarra elettrica è un tentativo di avvicinarsi ancora di più alle atmosfere di Doom ma, alla lunga, può non piacere.