Se la software house Tbjbu2 fosse un singolo individuo cui porre domande e dovessimo chiedergli: “Qual è il tuo genere videoludico preferito?”, quest’ipotetico interlocutore risponderebbe senza dubbio: “Il survival“.
Noi di iCrewPlay abbiamo tratto questa conclusione in quanto su quattro progetti portati avanti da questo studio, due titoli figurano come omologabili a tale genere. Tra questi c’è Karagon: Prelude, titolo di ambientazione post-apocalittica che potrebbe essere tranquillamente descritto con l’aggettivo ‘stereotipico‘ per come incorpora in sé ogni elemento del survival.
Prima di addentrarci nella descrizione del titolo e dare voce alle impressioni che esso ci ha lasciato, è debito sottolineare che Karagon: Prelude non segna l’esordio di Tbjbu2: esso ha avuto luogo già il 30 marzo di quest’anno, quando su Steam ha fatto la propria comparsa Contrablade: Stadium Rush, mentre alla fine del mese scorso è arrivato anche Outerverse, pubblicato sotto l’egida di Freedom Games, editore che negli ultimi tre anni è riuscito a piazzare sul mercato una quindicina di titoli.
Tutto questo preambolo per significare ancora di più come Karagon: Prelude, sebbene sia a ragion veduta un prodotto in divenire, lasci l’amaro in bocca a causa, a nostro dire, di alcune scelte tecniche ed artistiche forse eccessivamente premature.
Ma andiamo a conoscere un po’ meglio questo survival ‘stereotipico’.
Karagon: Prelude, ma ‘preludio’ a cosa?
Tutto ciò che ci è dato conoscere sul retroterra narrativo di Karagon: Prelude non deriva dall’esperienza di gioco, bensì dalle varie descrizioni a riguardo trovabili sul web (Steam compreso). Sulla base di esse (e solo ed esclusivamente di esse) sappiamo che il titolo è ambientato in un mondo post-apocalittico disseminato di robot teriomorfi (qualcuno ha detto Horizon?)
Come in ogni survival degno del nome, nostro compito sarà per l’appunto sopravvivere in questo ambiente selvaggio e scontrarci con queste bestie metalliche affidandoci ad armi e strutture sempre più sofisticate.
Il tutto avviene in una cornice tutta da esplorare sulla quale torreggiano palazzi abbandonati che dovremo esplorare alla ricerca dei rari materiali volti all’avanzamento nostro e della nostra base, mentre i nemici da sconfiggere saranno sempre più agevoli da abbattere grazie alle nostre abilità di crafting. Tbjbu2 promette per la versione completa del gioco un totale di quattro biomi in cui muoversi, ciascuno contiguo all’altro.
Dysterra, sei proprio tu?
Il titolo di questo paragrafo è dovuto alle numerose somiglianze che abbiamo riscontrato con un altro titolo del quale abbiamo presentato un’anteprima circa dieci mesi fa. Stiamo parlando di Dysterra, il quale per molti versi si dimostrava un prodotto molto migliore rispetto a Karagon: Prelude, stante la presenza di un retroterra narrativo più compiutamente definito e di un comparto tecnico più al passo con i tempi.
L’elemento che distinguerebbe Karagon: Prelude dagli altri titoli suoi simili, Dysterra compreso, sarebbe un’innovativa possibilità di fabbricare i robot sconfitti e pilotarli.
Una caratteristica che, almeno al momento, sembra non essere ancora presente in-game, e anche se presente, difficilmente attuabile visto che già nelle fasi iniziali del gioco (vale a dire quando il nostro personaggio è praticamente alla mercé del mondo che lo circonda) ci si spawnano davanti bestie robotiche nettamente OP rispetto a noi. Un grave problema di bilanciamento che porta molto spesso (esperienza personale) al rage-quit.
Fabbricare i robot sconfitti richiede come prima cosa l’azione di analizzarli tramite uno strumento chiamato Scanner, il quale tuttavia deve essere usato mentre i robot sono ancora vivi, dopo averne neutralizzato i punti deboli. Tuttavia, anche avendo compiuto tale manovra, il gioco continuerà a mostrare di continuo la didascalia che spiega come non sia possibile scannerizzare il robot in quanto ‘troppo integro’. Lo stesso scanning mette a repentaglio il combattimento, visto che il robot nostro avversario continuerà a muoversi e ad attaccarci a oltranza.
Un’altra problematica riguardo al bilanciamento e la almeno momentanea totale mancanza della possibilità di costruire strutture, costringendo chi gioca a realizzare i pochi macchinari standard (letto dove respawnare in caso di morte, falò dove cuocere la carne della selvaggina etc.) all’interno dei suddetti edifici diroccati, i quali sono comunque potenzialmente pericolosi essendo che ai piani alti si annidano altri robot.
Unreal Engine 5, versione 2010
Karagon: Prelude è uno di quei titoli che qualcuno potrebbe augurarsi vengano realizzati con il mai troppo abusato Unity, invece ci troviamo di fronte ad un’opera in Unreal Engine 5, e proprio per questo motivo i dev consigliano di abbassare i settaggi grafici del gioco.
Ebbene, che siano settaggi alti o bassi, il gioco presenta comunque le stesse problematiche: crash, animazioni obsolete e legnose, sgranature in ogni dove e dulcis in fundo qualche calo di framerate qua e là (per fortuna almeno questo non invasivo).
Un piccolo plauso va alla varietà dei nemici, i quali sono tuttavia rimasti purtroppo sfigurati dall’uso mediocre che si è fatto del suddetto motore grafico.
Sonoro e colonna sonora sono entrambi senza infamia e senza lode, sebbene bisogni dire che il sync con quanto avviene in-game sia stato gestito egregiamente, considerando anche il disdicevole contorno.
Chiudono la trafila di critiche (si spera costruttive e spronanti a cambiamenti che coincidano con miglioramenti) le interfacce, non esattamente scomode ma estremamente sgradevoli alla vista. Funestate anche dalla solita ‘localizzazione a metà’ e automatica che da un po’ di tempo affligge i titoli ‘piccoli’.
A conti fatti, oltre al già reiterato ‘stereotipico‘, possiamo aggiungere un ulteriore aggettivo a Karagon: Prelude, ovvero ‘approssimativo’.
Se vuoi dare comunque una possibilità al gioco, ti lasciamo il link alla sua pagina Steam, dalla quale potrai scaricare una sua demo gratuita.