Sviluppato da Pollard Studio e pubblicato da Wired Productions, KARMA: The Dark World è un nuovo horror psicologico in prima persona 3D che sembra promettere grandi cose. Puntando tanto sul taglio cinematografico quanto sul continuo ribaltamento delle situazioni, l’avventura imbastita dallo studio di sviluppo ci ha donato un primo assaggio dal forte impatto scenico.
In occasione dell’imminente lancio, previsto per il 27 marzo 2025 su PC e PlayStation 5 (con particolare attenzione alla versione Pro Enhanced), abbiamo messo mano su una demo esclusiva per la console Sony che ci ha portato subito in contatto col potenziale di un titolo che focalizza tutto su narrazione e atmosfera. Ma, prima di procedere, è bene fare qualche precisazione ulteriore. Prima di tutto, la data d’uscita per la versione per Xbox Series S/X sarà annunciata successivamente.
Per quanto riguarda invece la demo stessa, questa sarà resa disponibile nel corso della settimana e noi suggeriamo calorosamente di provarla. Il gioco completo sarà infine venduto al prezzo di 24,99 euro in versione digitale sui rispettivi store. E ora bando alle ciance, pronto a scoprire i nostri primi passi in KARMA: The Dark World?
KARMA: The Dark World ispirazioni e mondi concentrici
Raccontare KARMA: The Dark World è difficile in quanto già nella prima ora di gioco, succedono così tante cose che fatichiamo ancora a metterle in ordine cronologico e a cui, non lo nascondiamo, è complesso (per ora) fornire una spiegazione logica. Ma procediamo con ordine. Prima di tutto, come accennato, KARMA: The Dark World è un’avventura fortemente narrativa facente parte del genere horror psicologico, ambientato in un mondo distopico e che focalizza tutto tanto sulla messa in scena (in costante mutazione) che sull’intreccio narrativo.
Esordiamo su schermo nei panni di un anonimo individuo che si ritrova in quella che sembra essere una stanza d’ospedale. Il problema è che al braccio sono stati impiantati degli strani tubi. Tubi che vengono rimossi con forza perdendo dello strano liquido nero (sangue, forse?). Pochi secondi e il nostro malandato protagonista ci rivela che non si ricorda un accidente. Un clichè molto abusato quello della perdita della memoria ma che viene presto travolto da un’ondata di altri eventi.
Prima di tutto, non sapendo chi è e dove si trova, tutto ciò che ci circonda ci è fortemente ignoto. Situazione che s’aggrava quando, affacciandoci alla finestra, troviamo un uomo disteso a terra. Forse è morto? Come se non bastasse, sulla strada appaiono e scompaiono auto con un effetto glitch in loop. Ma procediamo oltre. La porta della stanza si apre da sola e una voce c’invita a settare le opzioni di gioco.
Audio e video e i rispettivi settaggi vengono inglobati nella narrazione stessa del titolo come sorta di “analisi” che viene effettuata al protagonista stesso. Superati i settaggi di gioco iniziale, entriamo in una sorta di stanza/serra dove degli umani (sono umani?) sono impiantati in piccole vasche di terra. Si agitano appena e mugugnano. Sono tutti uguali. Poco distante da loro c’è una pila di cadaveri. Un’altra voce ci dice di raccogliere uno scarto e di gettarlo proprio sulla suddetta pila. Noi eseguiamo e finalmente facciamo la conoscenza del primo PNG umano.
Questi però inizia a vaneggiare, ci fornisce alcune frasi che probabilmente fungono da indizio. Ci chiama anche per noi e ci paragona (se non proprio “mettendoci alla pari”) dei precedenti scarti “umani” e infine ci blocca a una sedia per poi gettarci in una pozza di liquido scuro. Lo schermo si rabbuia e sul sottofondo parte un minuto di canzone (molto bella tra l’altro) che accompagna le nostre discese in un mondo oscuro e ancor più privo di significato.
Al nostro risveglio, tutto è cambiato. Lo stesso protagonista sembra un “altro”. C’è anche la prima creatura mostruosa da cui dovremo scappare e le situazioni che andremo a vivere si fanno crescentemente più strane. Basti pensare a un filo di luci di Natale che fungono da linee guida luminose in un tunnel d’aria… o ancora a un ufficio dove le macchine da scrivere scrivono da sole. E ci fermiamo qui per non rovinarti la demo. Ti basti sapere che questo racconto riguarda solo la prima ventina di minuti di gioco… e nella stessa demo accadono ancora più cose e tutte molto difficili da prevedere.
Sì, nel titolo c’è un po’ di Bioshock, un po’ di Singularity, c’è spazio anche per We Happy Few con tanto di stravagante sostanza da dover assumere obbligatoriamente per star bene. C’è molto di “altri” ma il risultato finale, almeno per quanto giocato, è estremamente coeso ed efficace. Entrare in KARMA: The Dark World da il via a un percorso da cui è difficile uscire, un percorso oscuro, imprevedibile e terribilmente affascinante che ci ha sinceramente incuriositi.
Gameplay, grafica e sonoro
Il gameplay di KARMA: The Dark World è in linea con gli altri horror in prima persona e ci vede, essenzialmente, camminare per aree di gioco prevalentemente lineari, raccogliendo documenti opzionali (che provano a dar vita a una lore decisamente oscura) e cercando il modo per proseguire. Ci sono enigmi ambientali e tra questi ne abbiamo beccato uno molto simile a quelli alla Layers of Fear, quindi legati proprio all’esplorazione e al mutamento degli scenari.
C’è spazio per un inventario con tanto di oggetti da raccogliere e intuire dove posizionare. A tal proposito, i comandi sono semplici e intuitivi, con un cursore a schermo che muta in caso di possibile interazione. Presente anche la possibilità di correre così come di accucciarsi e strisciare nell’ombra per sfuggire agli orrori che ci attendono. La demo ci ha offerto una buona varietà di situazioni ma questa andrà confermata in vista del gioco definitivo.
Così come andrà confermata la bontà narrativa stessa. In campo c’è davvero molto e siamo sinceramente curiosi di scoprire come l’intreccio della storia (o delle storie, visto come muta la demo stessa) andranno alla rispettiva conclusione. Le aspettative sono alte anche soprattutto alla cura dal taglio cinematografico offerto dal titolo. Le scene, gli ambienti e l’atmosfera sono impreziositi da una grafica di buona fattura e che presta attenzione al dettaglio (basti vedere l’analisi dei vari oggetti).
Nota di merito per il sonoro, estremamente coinvolgente e ben studiato. Non solo le tracce audio ci hanno convinto ma anche gli effetti sonori, accuratamente posizionati e perfettamente in linea con ciò che avviene a schermo. Molto buono anche il doppiaggio in inglese, soprattutto del protagonista che fa trasparire alla perfezione tutta la sua sofferenza e spaesamento. Infine, ma non meno importante, il titolo ha i sottotitoli in lingua italiana, elemento non da poco.