Deemo Reborn deve questo suo particolare nome all’essenza di questo particolare progetto, la “rinascita” di questo brand in un gioco 3D con il suo arrivo su PlayStation 4. Non è infatti la prima volta che vediamo questo nome, Deemo, sul mercato; nel 2013 l’originale DEEMO è stato rilasciato su iOS e Android ed è andato a colmare il vuoto lasciato dalla serie TAP TAP, diventando un grande successo su piattaforme mobili.
Proprio in virtù di questa popolarità il gioco è approdato anche su PlayStation Vita introducendo alcune funzionalità aggiuntive e mutando anche stavolta il nome originale in DEEMO: Last Recital; un porting che è arrivato persino Nintendo Switch. Stavolta Deemo è arrivato su PlayStation 4 con un altro nome DEEMO Reborn. Questa versione non assomiglia affatto alle precedenti e introduce nuovi contenuti, immagini completamente rimasterizzate, una riproduzione 3D dei personaggi e del castello e il supporto per la realtà virtuale. Gli sviluppatori hanno voluto dare a DEEMO Reborn un’impostazione particolare: oltre a essere un rhythm game, il titolo unisce a un’iterazione molto classica del genere, una trama inaspettatamente profonda e coinvolgente, con una vena da puzzle game ben integrata e la possibilità di giocare con VR.
Una storia inaspettatamente valida
L’aura malinconica e “dolcemente oscura” che circonda Deemo è probabilmente l’aspetto che più ha reso popolare questa vera e propria serie di “remake”. La storia di Deemo Reborn è piuttosto semplice, ma superando lo scoglio iniziale il titolo rivela una storia sorprendentemente profonda. La protagonista è una bambina di nome Alice. Una bambina che si perde in un mondo magico, un oscuro castello che sembra situato nel fondo di un pozzo, abitato da una creatura nera e muta chiamata Deemo, dall’aspetto che ricorda Slenderman.
L’obiettivo principale della storia è di riuscire a risalire l’abisso e riportare a casa Alice: per raggiungere la luce della libertà si dovrà impersonare Deemo e suonare il pianoforte situato direttamente sotto l’uscita. La musica farà crescere un albero che si trova proprio di fronte al pianoforte. Facendolo diventare sempre più alto, potremo rendere libera Alice.
La pianta reagirà con maggior vigore alla musica che non ha ancora mai ascoltato. Nonostante le tre diverse difficoltà (facile, medio e difficile) in cui potremo riprodurre i diversi brani, ci sarà comunque la costante necessità di procacciarci nuovi brani. Per fare questo dovremo affrontare con Alice svariati puzzle games. La qualità di questi Puzzle è piuttosto altalenante, ma sono utili per spezzare il vero e proprio gameplay, alcuni dei quali saranno piuttosto banali e dalla facile risoluzione, intervallati da altri piuttosto riusciti, stimolanti e impegnativi. Quest’interruzione del gioco vero e proprio a favore di una componente puzzle e narrativa potrebbe infastidire i puristi del genere, ma potrebbe aiutare tanti profani ad avvicinarsi al titolo.
Due esperienze fin troppo diverse
Sono sempre stato un amante dei rhythm games con note a cascata, quei giochi alla stregua di Guitar Hero per intenderci. Anche per questo conosco Deemo ben prima di recensire la sua versione Reborn. Proprio per via della mia esperienza, mi sono stranito quasi subito quando, sprovvisto di VR, che ho successivamente reperito, ho fatto partire la prima canzone a facile e ho fin da subito avuto grandi difficoltà nel giocare con il controller. Inizialmente ho creduto fosse una mia mancanza, eppure non ricordavo Deemo come un titolo estremamente tecnico, e vista la passata esperienza hardcore avuta con il genere ho pensato sarebbe servito poco per riprendere la mano.
In seconda battuta ho capito che non ero io ad essere il problema, quanto più che il visualizzatore delle note non era stato adattato in una maniera sensata e intuitiva al Dualshock della PlayStation 4. Giocando in modalità Tv si va infatti incontro a una totale desincronia fra ciò che appare sullo schermo e il modo con cui ti troverai a riprodurlo sul controller. In questo tipo di giochi si cerca di attribuire a ogni tasto un comando che sia simile rispetto alle note, il più intuitivo da associare a livello spaziale (o di colore) rispetto alle note che compaiono. Un artificio spesso utilizzato anche per dare la sensazione di star veramente suonando. Sul piano teorico il layout di Deemo Reborn funziona, perché ogni pulsante (Sinistra, L1, destra, quadrato, R1 e cerchio) rappresenta uno dei sei tasti del piano che vanno da sinistra a destra. Tuttavia, il posizionamento dei pulsanti stessi, che sembra come percorrere una montagna russa situata fra le cime di due catene montuose (L1 e R1), non rispecchia mentalmente il layout lineare dei sei tasti che compaiono a schermo, creando uno spiacevole feeling.
A funzionare invece sono le “catene di note”. Sullo schermo, per le scale musicali piuttosto complesse che farebbero impazzire per riprodurle con un layout di esecuzione così macchinoso, vengono visualizzate delle vere e proprie scie di note che andranno eseguite con il solo spostamento degli analogici.
Con il VR
La situazione cambia radicalmente con il VR, dove Deemo Reborn mostra ciò che è davvero e dà il suo meglio. Seppur muoversi con Alice con la coppia dei PlayStation Move attraverso il particolare edificio rimanga comunque più scomodo che non usando il controller, il feeling del gameplay del titolo muta quasi completamente. Grazie ai due controller potrai prendere il controllo delle mani di Deemo e suonare come se fossi davanti a un piano. Anche se è richiesta un iniziale presa di confidenze con le misure, giocare con il VR regala delle belle soddisfazioni. Deemo Reborn non sarà di certo avvezzo a tecnicismi come i suoi alcuni colleghi sul mercato della realtà virtuale, ma è visivamente piacevole e divertente, due qualità che unite a una storia appassionante e a dei puzzle stimolanti creano davvero un bel pacchetto.
Le uniche pecche della modalità VR sono la scarsezza di scenari da sfondi differenti e lo spiacevole effetto dato, nelle fasi più concitate, dai PlayStation move. Nelle fasi di gioco più adrenaliniche ci ritroveremo ad agitare i due controller come se stessimo suonando una batteria invece che un pianoforte, una sbavatura che purtroppo inficia un po’ nell’immersione della, comunque valida, esperienza. Peccato anche per le sole due difficoltà in cui si potranno giocare le canzoni con il VR.
E la musica?
Deemo Reborn propone una selezione di musiche che spaziano dal solo strumentale al vocale, con queste ultime dallo stampo piuttosto orientale: in questo caso si spazia da J-pop a K-PoP e devo ammettere che nonostante non apprezzi particolarmente questi generi, la scelta musicale è piuttosto adatta al gioco, con una sessantina di brani a disposizione. Questo può essere un tasto dolente per gli appassionati di Deemo come me, visto che mancheranno tantissimi brani rispetto ai capitoli precedenti, di cui in Reborn abbiamo solo un quarto dell’intera selezione. Da non conoscitore del gioco, i 60 brani sono più che sufficienti e sono dotati di un’ottima varietà sonora.
Inaccettabile però la presenza di DLC al lancio. A rimetterci di questa scelta saranno solo gli sviluppatori: anche alzando un pochino il prezzo, il gioco avrebbe giovato non poco dell’aggiunta di altri contenuti.