L’aver toccato il fondo non sempre rappresenta la fine del mondo, soprattutto per l’ex-detective John Souza, il quale si ritrova a seguire un incarico molto importante da nientepopodimeno che Charlie “Two Angels”, noto mafioso, ucciso proprio dallo stesso John. Partendo dai bassifondi della città di Pecaminosa, John intraprende una propria, confusa crociata col fine di portare la pace ai morti e ritrovare la propria anima.
Pecaminosa – A Pixel Noir Game, ci catapulta in un’avventura poliziesca dominata da elementi noir e soprannaturali, mentre il gameplay ispirato ai twin-stick shooter arcade riempe d’azione il giocatore mentre si avventura per le strade, i deserti e…gli inferni di una città al limite della desolazione e solitudine.
L’idea principale di un gioco come questo non si vede certo tutti i giorni, ma sfortunatamente l’accoppiata di storia poliziesca e twin-stick shooter non ha saputo fondersi in un unico punto di forza efficace, creando un patchwork che confonde, irrita e pone davanti al giocatore sfide ben più che difficili da affrontare.
Ci troviamo davanti ad un diamante grezzo, il quale necessiterebbe davvero di molta più cura ed attenzione ad unire le meccaniche action con gli elementi narrativi, oltre ad implementare un sistema RPG che funzioni come tale e non sia solo una spilla colorata su un sacchetto dell’immondizia nero.
Pecaminosa: un diamante grezzo dalle opportunità mancate
Nel breve percorso che i 3 atti del gioco presentano, il giocatore seguirà l’evolversi di una storia inizialmente poliziesca e noir alla Genesis Noir, per poi finire col completo massacro e misticismo di Doom Eternal… come? Perfino io non so spiegare il perché, ma il filo conduttore di tutto quanto sembra davvero tenersi su per miracolo!
Cominciato con un semplice incarico, il giocatore riceverà man mano richieste sempre più fuorvianti e soprannaturali, fino ad assumere aspetti divini di redenzione e caccia alle streghe, letteralmente…
Il semplice scopo principale della storia è sicuramente quello di trasportare il giocatore nel mondo di Pecaminosa ed immedesimarsi coi personaggi. Purtroppo, questo scopo non compare nella vicenda, risultando in un assurdo balletto di personaggi chiave che compaiono solo nelle “cut-scene”, mentre quei pochi NPC che incontreremo sapranno solo ripetere la loro mono-frase di poca rilevanza.
All’infuori di tutto ciò, la completa mancanza di missioni secondarie e vere indagini poliziesche non ampliano minimamente una storia che risulta davvero fragile, facendoci vagare totalmente a vuoto in una città deserta. Le uniche attività disponibili sono il Blackjack come mini-gioco e due possibili rivenditori di munizioni e cure, rappresentate da bottiglie di whisky che tracanniamo senza sosta.
Un combattimento superficiale, ma davvero ben impostato
Come già citato, mentre ci avventureremo nel mondo di Pecaminosa, avremo a che fare con poche categorie di nemici, tutti rappresentati da ratti di fogna, scagnozzi, zombie, demoni volanti e non, cani, ragni giganti velenosi e Boss.
Ottenuta la prima pistola potremo già osservare però i primi veri problemi della dinamica twin-stick shooter: avere un mirino che segnali una determinata distanza, da regola, dovrebbe indicare perfettamente dove il colpo andrà, ma non in Pecaminosa. Infatti, anche solo equipaggiando i pugni per combattere, avremo nella direzione in cui stiamo guardando in piccolo mirino.
Nella versione Switch è presente un piccolo bug che varia la disposizione dei puntatori e quindi ne varia il loro funzionamento: il mirino non indica niente che l’orientamento di mira, mentre una leggera, impercettibile ombra gialla sotto ai piedi del giocatore, indicherà la distanza massima a cui il proiettile arriverà…wow!
L’unica speranza quando si imbraccia l’arma da fuoco è quella di osservare la propria ombra per prendere distanze, mira e feedback di sparo, il tutto mentre il mirino passerà sullo schermo totalmente senza senso perché troppo lontano dallo stesso vivo dell’azione per essere utile.
I feedback, invece, sono un altro paio di maniche altrettanto deludenti: oltre ad essere davvero impercettibili o non presenti, non sapremo mai perfettamente se ci abbiano colpito, o del perché siamo stati colpiti durante uno scatto. Unica vera salvezza è vedere i bordi dello schermo diventare insanguinati per capire di essere ormai morti prima di prendere una qualche azione e curarsi…
Un sistema RPG non proprio perfetto: L.I.F.E.
Quello che la saga di Fallout ha fatto è stato creare un sistema RPG che potesse spaziare tra diversi stili di combattimento e passive tipiche del gioco di ruolo…Pecaminosa invece crea un sistema molto simile a quello S.P.E.C.I.A.L.: il L.I.F.E.
Suddivise tra Luck, Intelligence, Force ed Endurance, ogni caratteristica potenzia la possibilità di schivare proiettili, avere accesso ad opzioni di dialogo più utili, avere molta più salute e poter effettuare più scatti col quale salvarci durante gli scontri. Bello eh, peccato sia davvero di poco impatto.
Cominciando da zero, il giocatore avrà nuovi punti da inserire nel suo L.I.F.E., andando a costruire e definire il proprio stile di gioco…il quale sfortunatamente risulterà sempre a potenziare al massimo Force ed Endurance col solo fine di sopravvivere agli scontri confusi, troppo veloci e davvero poco bilanciati!
A cominciare dal fatto che le poche opzioni di dialogo sbloccate potenziando Intelligence saranno disponibili solo durante i primi momenti di gioco e non andranno comunque a cambiare alcuna risposta data dagli NPC. Aggravante è il fatto che avere 7 di intelligenza e fare il raggiro di un poliziotto quando basta anche solo la frase sottostante (gratuita) per la stessa risposta, risulta in un vero e proprio spreco…
Stesso discorso per la Luck, la quale comincia ad essere davvero evidente dopo il 7° punto utilizzato, il quale ci aiuterà a trovare più risorse e munizioni rompendo casse o uccidendo nemici, piuttosto che la probabilità irrisoria di schivare ogni tanto uno dei millemila colpi che ci arriveranno nel singolo momento…anche qui è davvero poco necessario.
Arrivando a livello 14/15 (fine della storia), le uniche due qualità potenziate sono state appunto Force per la vita al massimo ed Endurance per poter schivare e sopravvivere a boss fight non proprio pensate al bacio, creando un tripudio di pixel, proiettili velocissimi e dash senza senso per avere una qualche possibilità di salvezza!
In tutto questo potenziare però, spuntano dei bonus passivi che si possono sbloccare una volta raggiunto un determinato punteggio L.I.F.E., ma delle 4 disponibili solo due si possono attivare alla volta, riducendo davvero di molto una possibile combinazione variabile o anche solo l’idea di potenziare al massimo tutto.
Punto a favore è la possibilità di equipaggiare diversi indumenti con i quali potenziare le nostre statistiche ed ottenere un bonus per indossare tutto il completo. Peccato che dei 3 completi presenti al momento della recensione sembrano più dei punti fissi oltre i quali diventano inutili e senza la possibilità di potenziarli, quindi il giocatore prenderà sempre il vestito più forte perdendo tutta la magia del proprio equipaggiamento.
Boss fight disastrose e manici di scopa…
E qua la nota davvero dolente…i nemici! Dico dolente perché l’incredibile design dei nemici, dei boss e dei personaggi è davvero accattivante, coerente e appunto mostruoso, ma combatterli non è altrettanto piacevole quanto guardarli, complici i comandi e le dinamiche davvero “dure e legnose” che su Nintendo Switch hanno più volte minato la mia stessa voglia di continuare a giocare.
Ogni nemico è rappresentato dal proprio sprite, suoni ed attacchi, mentre ogni boss è preceduto dalla loro presentazione e discorso malvagio stile cartone animato.
Il dolore viene proprio dal combattere ogni nemico: che sia uno zombie o un semplice scagnozzo, ognuno di loro dispone di un singolo attacco, il quale però ci prenderà quasi sempre alla sprovvista, non avrà avvisi di alcun tipo e sarà fin troppo veloce all’inizio per essere schivato!
Senza contare la troppa lentezza e calma con la quale ci muoveremo per spazi aperti enormi e totalmente vuoti, questi movimenti ci creeranno non pochi problemi nel momento delle boss fight dove, in spazi estremamente ridotti e pieni zeppi di meccaniche ad area, perderemo vita, munizioni e pazienza cercando di sfruttare le rapide finestre di tempo per assestare qualche danno ai boss che ci correranno in contro ad una velocità supersonica rispetto alla nostra…
Vero dolore è stato il Boss finale, il quale non ci lascia un singolo secondo di tempo per decidere su cosa concentrarsi, mentre verremo sommersi da danni ad area ed orde infinite di nemici dalle meccaniche davvero frustranti: cercare di schivare ogni attacco sarà sempre impossibile, mentre il mirino troppo lontano e troppe cose a schermo ci faranno perdere il nostro personaggio nel mucchio, risultando in spari a caso, tempistiche sbagliate e morti improvvise.
Il tutto viene poi ridotto alla semplice schermata di sconfitta con il monito che “Il gioco è perfettamente fattibile”…frase su cui mi trovo d’accordo, ma non per il genere e scarso bilanciamento a cui ogni singolo scontro è stato sottoposto.
Grande delusione è il fatto che le possibilità di comprare munizioni, equipaggiamenti e cure si riduce drasticamente o manca totalmente, impedendo al giocatore di fare brevi pause per rifocillarsi di munizioni prima di un boss. Gli unici venditori saranno lontani da noi e non sempre avremo abbastanza risorse per lo scontro, costringendo il giocatore a muovere i suoi lenti passi attraverso tutta l’area di gioco per tornare indietro e di nuovo verso l’antro del boss pieni di munizioni introvabili!
Un diamante grezzo circondato da troppo carbone ancora
L’esperienza di Pecaminosa lascia un amaro che purtroppo non è causato dalla bellezza, ma bensì dalla frustrazione e rabbia che le piccolezze che il titolo presentano. La vera delusione è il fatto che il titolo ha davvero una incredibile potenza sia narrativa che di gameplay, ma che non è stata approfondita al punto di creare un unico ritmo e cura, risultando appunto un diamante grezzo che necessita di enorme cura e rivalutazione delle meccaniche!
Il vero piacere del titolo è presentato dallo stile 32 bit molto curato e le musiche Jazz che trasformano gli enormi spazi vuoti in piccole riflessioni esistenziali.
Purtroppo basare tutto su estetica e musiche non è stata la carta vincente nella scommessa di Pecaminosa, il quale però potrebbe presentare una opportunità per gli amanti delle difficoltà alte, quasi frustranti.