Nel giorno di Pasqua, la comunità Cristiana celebra la Resurrezione di Cristo dalla morte. Il sepolcro vuoto, le bende ripiegate e la gioia di poter annunciare che la morte è stata sconfitta.
Le campane vengono slegate dopo alcuni giorni di silenzio, il cero pasquale si rinnova e la Liturgia della Parola, dell’acqua e della luce ci introducono nel tempo liturgico della Pasqua.
E noi?
Vivere la Pasqua significa affermare che anche l’uomo è destinato a risorgere, ad andare oltre la morte per accedere alla vita eterna. Si tratta di un elemento della fede che, ultimamente, il teologo Vito Mancuso ha messo un po’ in discussione.
L’ anima
Come possiamo trovare parole adeguate per l’anima? Dove la possiamo collocare? In quale momento dell’embriogenesi possiamo riconoscere il suo incipit? Se ci atteniamo ad una prospettiva empirica e biologicista, dobbiamo ammettere che questi interrogativi sono, ad oggi, privi di risposta.
Certo, non è la sola prospettiva possibile. Possiamo ritenere che l’anima venga infusa nell’essere umano da Qualcuno -o Qualcosa- di esterno ma, anche in questo caso, non si attenua la portata delle precedenti domande.
Il suo destino
Leggendo l’opera di Mancuso, possiamo osservare quanti irrisolti si accompagnano alla riflessione sul destino dell’anima. A quale speranza è chiamata? Lungo questo filo conduttore si snoda il saggio “L’anima e il suo destino“, edito da Raffaello Cortina Editore.
Vito Mancuso individua nella gioia e nella libertà due elementi cardine nella ricerca di senso che, da sempre, accompagna l’uomo. Tra essi, è la libertà a fungere da motore del pensiero e dell’azione. In particolare, la libertà viene intesa come la nostra capacità di tendere al bene.
La prospettiva
In Vito Mancuso, la ricerca del bene appare un sentiero caratterizzato dalla tensione verso un Divino che, talvolta, perde i connotati a cui siamo soliti: Dio Padre, Uno e Trino. Allo stesso tempo, questa ricerca trova nella morte un limite importante.
L’a1utore empatizza con quanti, crescendo, si sono allontanati da un’idea di “semplice resurrezione” e l’interrogativo “che ne sarà di me?” perde la risposta certa della fede.
La Pasqua
A mio avviso, la problematicità con cui Mancuso affronta il tema della morte e della vita eterna non priva la Pasqua del suo senso profondo. Sottolineando la capacità umana di porsi domande e di convivere con il dubbio, ci permette di guardare alla Resurrezione di Cristo con animo inquieto e, laddove la filosofia non può rispondere compiutamente, forse lo slancio della fede può rilanciare la speranza.
E voi, che ne pensate?