Last Train Home è un titolo davvero interessante, che parte da una storia vera, che viene poi romanzata tramite un comparto ludico molto corposo e con vicende presumibilmente inventate per fare da sfondo alle vicissitudini del gioco. Il risultato è una war story che prende le forme di un gestionale con meccaniche da RTS a squadre. Vediamo quindi se vale la pena giocarlo in questa recensione.
Un letterale Last Train Home
La trama di Last Train Home prende spunto da vicende realmente accadute, svoltesi al termine della Grande Guerra. Semplificando molto i dettagli storici, possiamo dire che un gruppo di soldati Cecoslovacchi si ritrova in territorio dell’attuale Russia, perdendo l’alleanza con il precedenze Zar e di conseguenza divenendo immediatamente una forza armata neutrale.
Questa neutralità, però, non è destinata a durare a lungo, dato che un grosso contingente militare che attraversa un territorio dilaniato da una guerra civile non passa inosservato. Ben presto, infatti, i soldati si ritrovano coinvolti nei conflitti tra le due forze militari che si contendono il dominio della Russia, mentre il loro obiettivo è uno solo: scappare dal territorio ostile e tornare in patria.
Per farlo utilizzano un treno armato – ovvero una sorta di treno-carro-armato dotato di armi e di rinforzi metallici – per attraversare la Russia e arrivare a un punto di fuga. Come accennato, la vicenda è realmente accaduta (si, sono esistiti anche i treni armati, ma sono durati poco per via della facilità con cui si possono sabotare i binari) ma nel titolo viene chiaramente romanzata.
Banalmente, l’inserimento di una missione reale in un contesto ludico vede per forza di cose un ampliamento delle vicende, che passa dai dialoghi inventati, finendo con incontri con nemici e civili. Questo, in altre parole, vuol dire che Last Train Home si dimostra un gioco di ruolo a tutti gli effetti, con una trama da seguire, personaggi da conoscere e “lore” da approfondire poco alla volta. Una trama, peraltro, decisamente interessante, soprattutto per gli appassionati di vicende belliche.
Tatticamente gestionale
Il loop di gameplay di Last Train Home segue due fasi distinte, che per certi versi corrispondono a due generi differenti e che infatti possono essere addirittura eliminate tramite le impostazioni di gioco a inizio partita. Last Train Home è innanzitutto un RTS tattico a squadre, che quindi basa tutto il suo sistema di combattimento sulla gestione di una piccola unità composta da vari membri, tutti con le loro peculiarità.
Metà del tempo si passa quindi a esplorare mappe relativamente vaste, muovendosi con una visuale dall’alto. L’esplorazione si non è troppo complessa e di base ha lo scopo ultimo di raccolta risorse. Queste serviranno infatti nella conseguente fase gestionale, di cui parleremo tra poco. Oltre alle risorse, poi, le mappe offrono brevi obiettivi secondari, anche in questo caso utili da completare se la situazione non è critica.
I controlli non sono troppo complessi e di fatto si riducono ai semplici click del mouse e ad accessorie combinazioni da tastiera. Spostamenti, abilità e menù sono infatti affidati quasi del tutto a un sistema di controllo classico per i titoli del genere.
Ma, soprattutto, le mappe offrono scontri dal sapore tattico, dove piccole squadre di soldati si affrontano. Muovendosi nella mappa, infatti, si devono completare obiettivi ben precisi, che praticamente sempre comprendono lo scontro con soldati nemici. Ogni combattimento viene innanzitutto influenzato dal terreno, che delinea in modo chiaro l’impatto che i colpi hanno sui bersagli.
Tanto per cominciare, è possibile mettersi al riparo, riducendo la percentuale di essere colpiti, e lo stesso vale per i nemici. Nonostante questo, però, i colpi arrivati dai lati o da posizioni dove il soldato di turno è scoperto hanno comunque una percentuale alta di andare a segno.
A questo si aggiungono le abilità dei combattenti, dipendenti dalla classe. Per esempio è possibile avere un mitragliere che offre fuoco di copertura in un’area conica, uno spotter che possa avvistare i nemici nella fog of war, oppure un combattente che possa stanare i nemici al riparo con una carica di baionetta. Ogni soldato incarna quindi una classe con armi, statistiche e abilità ben precise, che vanno combinate con quelle degli altri membri del gruppo.
Il risultato è un sistema di combattimento riuscitissimo, decisamente poco realistico, ma vicino a quello di un GDR tattico in tempo reale. I soldati, però, non sono soltanto truppe dispiegate per il combattimento, ma tornano utili anche nell’altra metà di Last Train Home: quella gestionale e survival.
Tra i vari scontri, infatti, i soldati faranno ritorno al treno, che si muove inesorabilmente verso la destinazione finale. Questa lenta marcia sui binari passa da punti di interesse specifici, che il giocatore è costretto a esplorare, con tutti i rischi del caso. Il treno ha infatti bisogno di risorse per andare avanti, prima tra tutte il carburante. Queste vanno acquisite tramite il completamento di missioni rischiose, dove entra in gioco la già citata parte strategica.
Ma le gestione del treno armato non si riduce a poche barre. Ogni vagone va infatti gestito separatamente, assegnando dei ruoli ai vari operatori. Dalla locomotiva all’infermeria, tutto deve essere gestito tramite menù dove si assegnano ai vari soldati delle mansioni. Come in ogni buon gestionale, però, i soldati non sono tutti uguali. Ognuno di essi ha degli attributi che lo rendono più o meno adatto a ricoprire un certo ruolo, obbligando quindi a una selezione costante delle nuove leve.
Si passa quindi molto tempo davanti ai menù, assegnando e riassegnando i ruoli, per esempio perché un nuovo soldato si dimostra più efficace in una certa mansione. Vanno poi prese in considerazione le dipartite: i combattenti e gli “addetti ai lavori” sono essenzialmente gli stessi soldati. Questo significa che ogni decesso priva il giocatore di una risorsa preziosa anche nella parte gestionale.
Gli attributi dei singoli, peraltro, possono dimostrarsi spesso fondamentali per la gestione non solo del treno, ma anche di alcune situazioni tattiche, dove per esempio il carisma di un soldato può dimostrarsi molto utile in una contrattazione. Nonostante ogni individuo sia quindi “perdibile”, vanno necessariamente presi dei rischi in Last Train Home.
Ogni singolo vagone richiede infatti un dispendio costante di risorse per la manutenzione e per il funzionamento, quindi oltre ad assegnare soldati ai vari compiti, è anche necessario sfruttare i punti di interesse sparsi nella mappa per il recupero di più risorse possibile. Ecco quindi le due anime del gameplay si uniscono: da un lato la gestione del treno – con l’assegnazione di soldati e la gestione di risorse e vagoni – e dall’altro lato la parte tattica da RTS, dov’è possibile guadagnare risorse, far proseguire la trama, o perdere tutto.
Last Train Home si dimostra quindi come un mix riuscito e divertentissimo, anche se decisamente lento e difficile da padroneggiare. Una grossa pecca del titolo risiede infatti nei menù decisamente poco intuitivi, che rendono difficoltosa la navigazione anche dopo diverso tempo. Questo peggiora, peraltro, la generale lentezza del titolo, che potrebbe scoraggiare i giocatori meno abituati al genere. Va detto, però, che le opzioni di personalizzazione rendono l’esperienza più o meno complessa e quindi adattabile.
Va poi segnalata una generale ripetitività nel level design delle mappe, che difficilmente presentano situazioni tattiche particolari e memorabili. Sia chiaro, il titolo si mantiene comunque interessante, ma si allontana dall’eccellenza.
Tecnicamente meh
Il comparto tecnico di Last Train Home non è troppo elaborato. Il titolo presenta modelli e animazioni non troppo elaborati, che si affiancano a scenari a loro volta poco dettagliati. Nonostante tutto, però, il colpo d’occhio generale resta comunque piacevole e dona al gioco un’estetica quasi vecchia scuola. La parte gestionale che vede come protagonista il treno, peraltro, risulta decisamente più piacevole da guardare.
Il comparto estetico del titolo è invece decisamente degno di nota, date le riuscite accortezze che sembrano richiamare costantemente alla natura “storica” della narrazione: i ritratti dei soldati sembrano foto, le armi sono reali, la palette dei colori non è troppo accesa e lo stile generale si mantiene sobrio.
Infine, il comparto sonoro si mantiene davvero ottimo, grazie a musiche ed effetti che contribuiscono a immergere il giocatore nell’atmosfera del titolo.