Ormai manca poco all’uscita di Dragon Ball Z Kakarot, il titolo mi ispira parecchio, ma guardando indietro mi accorgo dei molteplici cambiamenti che i videogiochi dedicati alle avventure di Son Goku hanno subito nel corso del tempo. Ciò che andrò a scrivere si basa sul mio gusto personale e sui titoli che ho avuto modo di giocare, potrei quindi non menzionarne alcuni usciti nel corso degli anni.
Sono sempre stato un grande appassionato dell’opera del maestro mangaka Akira Toriyama fin da piccolo, e l’idea di poter giocare nei panni di Goku, Gohan, Vegeta e del resto dei personaggi del vasto mondo di Dragon Ball mi è sempre piaciuta un sacco. Ho passato un numero incalcolabile di ore con i vari titoli dedicati a Dragon Ball sin dalla prima PlayStation, la mia prima console, e ogni singolo gioco riusciva a trasmettermi le emozioni che mi dava il guardare l’anime ma con una grandissima differenza: ero io a muovere i miei personaggi preferiti.
Con il passare del tempo però ho iniziato a notare un brutto e anche piuttosto preoccupante calo di qualità con i titoli che vedono Goku come protagonista. Non ho più percepito quella meravigliosa sensazione che provavo nel lanciare una Kamehameha premendo un paio di tasti. Forse dipende anche dal fatto che crescendo come videogiocatore ho iniziato a notare i diversi difetti che può portarsi dietro un gioco e che un fan potrebbe anche ignorare del tutto, e mi sono anche reso conto che diversi di questi non erano poi tanto meravigliosi tecnicamente parlando. Ma andiamo a vedere singolarmente quelli che più mi sono rimasti impressi, non mi soffermerò troppo sui tecnicismi, ma metterò in evidenza le emozioni e il divertimento provati giocando, anche perché il videogioco deve far divertire ed emozionare.
Dragon Ball GT: Final Bout
Il primo gioco di Dragon Ball è anche uno dei miei preferiti. Uscito nel 1997, Dragon Ball GT: Final Bout si pone come un picchiaduro molto classico, con una grafica 3D che riproduceva abbastanza fedelmente i personaggi. Ogni tasto corrispondeva ad un’azione come il pugno o un ki blast e con varie combinazioni di tasti si potevano usare gli attacchi speciali o dare il via a delle combo devastanti. Ovviamente erano presenti le classiche barre per la salute e per l’energia dei personaggi.
Una delle cose che più mi è rimasta impressa è il boss finale della modalità arcade, ovvero Baby Vegeta nella sua forma Oozaru, che non stava letteralmente nello schermo, bisognava volare per poter vedere la parte superiore del corpo di questo mastodontico avversario. Una delle chicche di questo titolo è, a mio parere, il filmato introduttivo accompagnato dalla canzone “The Biggest Fight” che potrebbe essere una degna opening per l’anime di Dragon Ball. Nonostante fosse piuttosto lento e un po’ macchinoso (non ti nascondo di non essere mai riuscito a far partire una mossa speciale) il gioco mi divertiva parecchio, soprattutto in compagnia degli amici.
Dragon Ball Z: Budokai 3
Passiamo alla PlayStation 2 con quello che secondo me è uno dei migliori titoli dedicati alle avventure di Goku e dei suoi compagni, ovvero Dragon Ball Z: Budokai 3, del 2004. La base è quella di un picchiaduro classico, con un comando per ogni azione e una combinazione di tasti per le mosse speciali, ma non solo: qui si sentiva parte dell’essenza del mondo di Dragon Ball grazie alla possibilità di trasformarsi in battaglia.
La modalità storia era ben costruita, ripercorrendo alcune delle battaglie più significative del manga. La struttura della modalità storia chiamata “Dragon Universe” ci permette di vivere le battaglie dal punto di vista di diversi personaggi, e non solo nei panni di Goku, donando buona longevità al titolo. Ho apprezzato molto anche la componente esplorativa, seppur minima, della Dragon Universe che consentiva al giocatore di spostarsi in volo in giro per il mondo senza obbligarlo ad affrontare una battaglia dietro l’altra per finire la storia. Certo si poteva giocare anche “rushando”, ma esplorare premiava il giocatore più paziente.
Si potevano trovare infatti oggetti utili, zeni (il denaro del mondo di Dragon Ball), skill per i personaggi e le iconiche sfere del drago con le quali evocare il leggendario drago Shenron ed esprimere un desiderio. Le lotte, molto dinamiche e frenetiche, oltre a essere divertenti da giocare avevano quel tocco di imprevedibilità grazie a una piccola, ma ingegnosa, trovata ovvero un sistema di skill personalizzabili. Oltre al set di mosse speciali, potevano essere utilizzate skill passive per potenziare determinate statistiche ai propri personaggi, oppure oggetti utilizzabili una sola volta in battaglia per recuperare salute e simili. Se dovessi metterlo in una classifica Dragon Ball Z: Budokai 3 si prenderebbe il secondo posto. Nonostante abbia apprezzato tantissimo Budokai 3, il primo posto se lo aggiudica il suo “fratello spirituale” come lo definisco io, e forse hai già capito a quale titolo mi riferisco, ed è il prossimo di cui parlerò.
Dragon Ball Z Budokai Tenkaichi 3
Semplicemente il gioco di Dragon Ball più bello mai creato, a parer mio ovviamente. Ho avuto modo di giocare tutta la saga Budokai Tenkaichi, che vede la sua massima espressione col terzo, e purtroppo ultimo, capitolo.
Uscito nel 2007, ho consumato talmente tanto il disco di gioco che se ne avesse avuto la possibilità avrebbe chiesto pietà. Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 3 è il titolo di Dragon Ball più completo sotto quasi ogni aspetto. La più grande differenza col suo “fratello spirituale” è sicuramente lo stile di gioco, ci troviamo infatti d’avanti a un picchiaduro 3D con arene anche piuttosto spaziose e quasi completamente distruttibili. Un gameplay semplice ed immediato, con un tasto assegnato alle varie azioni come pugni o calci, lancio di ki blast, scatti, combinazioni di più tasti per utilizzare mosse speciali e un tasto dedicato alle trasformazioni dei personaggi. Lanciando un nemico verso una roccia o verso un palazzo potevamo vedere l’oggetto sgretolarsi e cadere rovinosamente al suolo, proprio come si vedeva nell’anime, rendendo decisamente più immersiva l’esperienza di gioco.
Un’altra delle possibilità date dal gameplay, anche qui frenetico e dinamico, era lo scontro fra i raggi energetici o lo scontro fra impeti nei quali bisognava ruotare compulsivamente la levetta analogica (con conseguente distruzione di diversi controller), portando ai massimi livelli l’esperienza “dragonballiana”. La modalità storia è veloce e completa. Veloce perché narra interi pezzi di storia attraverso un’unica grande battaglia con i personaggi che si vanno ad alternare, come per esempio lo scontro fra i Guerrieri Z e Nappa, ma nonostante l’accorpare scontri di lunga durata, è ben narrata anche tramite i quick time event attivabili nel corso della battaglia. Completa perché racconta di tutta la storia di Goku, oltre a vivere la grande saga Z, toccando anche la prima serie in cui Goku è bambino, la saga di Dragon Ball GT, tanto discussa dai fan, le battaglie dei film di Dragon Ball e una breve storia extra inedita. La completezza del titolo era anche nell’immenso roster di personaggi giocabili (ben 162) che raccoglie la quasi totalità dei combattenti di Dragon Ball, alcuni dei quali (come Goku, Gohan, o Vegeta) riproposti in una versione differente a seconda della saga in cui compare e con costumi e mosse speciali che fanno riferimento ad un arco temporale preciso della storia.
E non è finita qui, ci sono diverse modalità extra oltre alla storia. Abbiamo il classico duello (sia in singolo che a squadre), la modalità torneo che propone diverse modalità di torneo, ognuna con regole e premi differenti, la modalità “ultimate battle” che propone tre diversi tipi di sfida che portava ulteriore longevità al gioco. Il gioco di Dragon Ball definitivo a mio parere, col quale ho passato piacevoli pomeriggi e credo che sarà difficile, se non impossibile, eguagliarlo.
Dragon Ball: Origins
Per questo titolo, esclusiva per Nintendo DS e datato 2008, ci discostiamo un po’ dal classico stile picchiaduro maggiormente utilizzato per i titoli di Dragon Ball, per spostarci sulla scia di un action-adventure. Dragon Ball: Origins, come il titolo stesso suggerisce, racconta delle origini del mito, facendoci vivere le avventure di Goku da bambino.
La storia va dal primo incontro fra Goku e Bulma sul monte Paozu fino al ventunesimo torneo Tenkaichi al quale Goku, Crilin e il loro maestro prenderanno parte. La particolarità di questo titolo è la struttura action, molto simile a The Legend of Zelda: Phantom Hourglass, con diverse intuizioni di gameplay uniche ed originali. I movimenti, così come il combattimento, sono affidati allo stilo ed al touchscreen del DS; si può scegliere se combattere a mani nude o utilizzando l’iconico bastone di Goku, ma non è tutto: alcune tecniche di combattimento ci saranno utili anche fuori dalla lotta per farci strada e proseguire con la nostra avventura. Graficamente molto gradevole e con un ottimo livello tecnico, Dragon Ball: Origins è uno dei giochi che più mi ha tenuto incollato agli schermi del vecchio Nintendo DS, e che toccava, anche in maniera molto dettagliata, una parte delle avventure di Goku che nei giochi sembra essere sparita, ovvero le origini del mito.
Dragon Ball Z: Burst Limit
Qui inizia una brutta discesa per i titoli di Dragon Ball, che ha reso i videogiochi dedicati alle avventure di Goku sempre più scadenti. Questo Dragon Ball Z: Burst Limit sembra essere un seguito spirituale della serie Budokai, viste le molte similitudini fra loro. Una cosa che va sicuramente premiata è la qualità grafica (la migliore proposta su PlayStation 3 e Xbox 360 a parer mio), purtroppo non è tutto oro ciò che luccica. Un grave problema è la povertà di contenuti: il titolo propone una modalità storia che si conclude con la sconfitta di Cell, per poi proporre due episodi extra con Broly e Bardack. E la saga di Majin Bu? Assente, cosi come sono assenti tutti personaggi che appaiono nella saga del buffo demone rosa. Sarebbe quindi stato più corretto intitolare il gioco “Kai” e non “Z”, visto che Dragon Bal Kai si chiude proprio con la sconfitta di Cell.
Per chi non conoscesse Dragon Ball Kai, si tratta di un progetto che puntava a riproporre Dragon Ball in maniera riassuntiva in meno di 100 episodi che si interruppero al 97 con la fine della saga degli androidi, per poi riprendere in seguito e concludere la serie. Il buon livello tecnico e l’ottima realizzazione grafica però non possono giustificare la povertà di contenuti che fa perdere parecchi punti a quello che poteva essere uno dei migliori giochi di Dragon Ball.
Dragon Ball Z: Ultimate Tenkaichi
La più grande delusione videoludica che coinvolge Goku e compagnia. Ottima l’idea della Hero Mode per proporre qualcosa di diverso rispetto alla classica modalità storia in cui rivivere ancora una volta le avventure di Goku, dando al giocatore la possibilità di creare un personaggio personalizzato. Una buona resa grafica e un’ottima realizzazione tecnica, con un colpo d’occhio spettacolare dato dai segni che lo scontro lasciava sul campo di battaglia. Per esempio una Kamehameha ben assestata lascia un evidente segno sul terreno, come spesso si vede nell’anime.
La delusione però sta nel gameplay: il sistema di combattimento lascia davvero a desiderare e gran parte di esso è composto da quick time event. Premendo il tasto giusto al momento giusto inizieremo una serie di combo che non dipendono affatto dall’abilità del giocatore, ma dalla sua velocità nel premere i tasti che compaiono a schermo e, cosa ancor più brutta, dovremo far affidamento anche ad un pizzico di fortuna. Proprio così, entra in ballo anche il fattore fortuna visto che potremo contrastare la serie di attacchi concatenati del nostro avversario premendo il suo stesso tasto. Il sistema di combattimento rende si il tutto molto cinematografico e bello da vedere, ma non premia in alcun modo il giocatore più abile. Fatico a definirlo un picchiaduro proprio a causa del gameplay proposto che di picchiaduro ha poco e niente.
Dragon Ball Xenoverse 1 e 2
Ho deciso di accorpare Dragon Ball Xenoverse 1 e 2 visto che sono piuttosto simili fra loro. L’idea è semplice ma funziona egregiamente, ogni fan di Dragon Ball ha sempre sognato di combattere al fianco di Goku e con questo gioco il sogno diventa realtà.
Verremo messi nei panni di un nuovo membro della Pattuglia Temporale e dovremo aiutare Trunks del futuro a fermare i cattivi di turno che stanno interferendo con la linea temporale degli eventi di Dragon Ball. Potremo scegliere la razza del nostro personaggio tra umano, namecciano, saiyan e clan frieza ai quali viene aggiunto il majin nel secondo capitolo. Il titolo unisce le meccaniche di un picchiaduro 3D a quelle di un RPG: il nostro personaggio potrà infatti salire di livello e apprendere le varie mosse speciali dei personaggi. Il primo capitolo, nel complesso un titolo piuttosto solido, aveva una grossa pecca per il bilanciamento: il saiyan era evidentemente troppo forte rispetto alle altre razze. Trasformandosi in super saiyan era possibile spammare le mosse speciali fino all’esaurimento della barra del ki, rendendone automatico l’abuso soprattutto negli scontri online.
Il secondo capitolo riesce a migliorare diversi aspetti del primo, e dà un motivo valido per provare le diverse razze dando a ognuna di esse una propria trasformazione o abilità particolare. Lo stravolgere la storia con eventi alterati e cattivi inediti riesce a rompere un po’ la monotonia che, dopo anni e anni di giochi di Dragon Ball, iniziava a sentirsi. Nonostante le buone idee di base e una solida realizzazione, i due Xenoverse non mi hanno fatto gridare al miracolo, li ritengo tuttavia due titoli tutto sommato validi. Piccola nota per il comparto online: o lo si ama o lo si odia. A mio parere il comparto online di Xenoverse è l’anello debole, soprattutto con il secondo capitolo con una cattiva gestione dei server e la pessima scelta di rendere alcune skill accessibili solo tramite DLC a pagamento che possono influire anche in modo molto sostanziale sull’andamento delle battaglie online.
Dragon Ball FighterZ
Dragon Ball FighterZ è a dir poco spettacolare. Il passo indietro fatto con lo stile di gioco, proponendo un picchiaduro più classico utilizzando lo stile 2.5D, è invece un passo avanti. Il gioco non brilla per la modalità storia, noiosa e ripetitiva, con unico punto interessante l’inedita Android 21. Sotto tutti gli altri punti di vista però, Dragon Ball FighterZ è un gioiello.
Un’ottima realizzazione tecnica e un comparto grafico che supera quello dell’anime e un gameplay adatto a tutti, Arc System Works è riuscita a proporre un picchiaduro dai comandi semplici, ma difficile da padroneggiare, per offrire un buon livello di sfida anche agli esperti dei picchiaduro più puri. Una vera chicca sono le “Dramatic Finish” ovvero scene tratte dall’anime e realizzate col motore di gioco, attivabili con personaggi specifici in specifiche arene, che mettono ancora più in risalto l’ottimo lavoro grafico fatto dagli sviluppatori. La cura dei dettagli è maniacale: ogni movimento dei personaggi è riprodotto fedelmente e ognuno di essi ha il proprio stile di lotta, il tutto ben bilanciato. Una vera e propria lettera d’amore ai videogiocatori fan di Dragon Ball.
E ora attendo con trepidazione Dragon Ball Z Kakarot, inutile dire che le aspettative sono altissime, dopotutto i trailer promettono grandi cose, ma sappiamo bene che è meglio non fidarsi troppo dei trailer. Ai posteri l’ardua sentenza, come si suol dire in questi casi.