“Sfruttano il chip grafico più potente che esista al mondo: l’immaginazione!”
Così Sheldon, uno dei protagonisti più amati della serie televisiva “The Big Bang Theory“, descrive le avventure testuali. Saranno in pochi a ricordarsele o anche solo a sapere della loro esistenza, ma le avventure testuali furono estremamente popolari tra i videogiocatori negli anni ’80. Ovviamente, all’epoca i videogiochi non erano diffusi o numerosi come ora e la figura del videogiocatore era vista come una nicchia di nerd asociali. Ed in quelle fredde serate, magari quando fuori pioveva e non si era in vena di leggere fumetti o guardare film noleggiati da Blockbuster, ci si poteva divertire con le avventure testuali.
Come si giocava alle avventure testuali?
Il “gameplay”, se così possiamo definirlo, era molto simile ad una rudimentale partita a Dungeons & Dragons, con la differenza che era il computer a fare da Dungeon Master. Si veniva introdotti ad una storia, che poteva essere di tipo fantasy, apocalittico, cyberpunk o di qualsiasi altro genere letterario, tramite un breve testo esplicativo. A quel punto ci veniva chiesto come procedere in forma di domanda: cosa fai? E qui iniziava l’avventura. Bisognava ingegnarsi a trovare modi per proseguire con input non sempre semplici da ideare. Da un parte doveva esserci un programmatore in grado di prevedere una grande varietà di possibili risposte, dall’altra un giocatore che avesse una fervida immaginazione.
Nero su bianco
La grafica, nelle avventure testuali, era spesso assente, come nel caso di “Avventura nel Castello“, uno dei giochi più celebri del genere, ideato da un programmatore italiano, Enrico Colombini, assieme a sua moglie, Chiara Tovena. Quindi ciò che il videogiocatore si trovava davanti era uno schermo nero a scritte bianche. Nel migliore dei casi, un minimo di grafica pixelata, assolutamente non interattiva, serviva a fornire un tocco in più di contesto, ma spesso bastava una buona narrazione e l’immaginazione del giocatore. Non è difficile capire come mai questo genere sia tramontato abbastanza presto, dopo un picco raggiunto nei primi anni ’80, dato che già nel 1985 usciva Super Mario Bros e l’interazione con un ambiente di gioco divenne fondamentale in ambito videoludico.
Che ne è oggi delle avventure testuali?
Le avventure testuali sono oggi relegate ad un sottogenere pressoché morto, dato che nessun publisher che si rispetti finanzierebbe un progetto così semplice ed è difficile trovare un amatore abile tanto nella programmazione quanto nello storytelling. Ma chissà che prima o poi non spunti qualcosa in grado di far rinascere l’interesse di una parte del pubblico per questo genere videoludico affascinante e dimenticato…intanto puoi dare un’occhiata a questo link , per trovarne qualcuna di tuo gradimento oppure puoi provare AI Dungeon, presente sul play store e che si basa su un meccanismo differente, cioè una rozza intelligenza artificiale ed è completamente in inglese.
Cosa servirebbe per rilanciare il genere?
Sicuramente delle storie d’impatto e con una certa profondità, che non si limitino a “Compare un troll, cosa fai? -Uccidi troll”, sarebbero l’elemento essenziale che potrebbe far approcciare nuovamente i videogiocatori alle avventure testuali. Del resto anche un gioco come Undertale, che si basa su una grafica e su un gameplay decisamente fuori dal tempo, è riuscito a conquistarci tutti, proprio per la narrazione a volte toccante e profonda, a volte divertente e scanzonata. Inoltre anche un accenno di grafica, magari realizzata in pixel art, con delle animazioni ed effetti sonori ad hoc, potrebbero dare anche all’occhio ed all’orecchio la loro parte. Staremo a vedere.