Bentornato. Penultima tappa del nostro viaggio attraverso le vere leggende del mondo di League of Legends. Chi sono queste vere leggende? Sono quelle persone le cui capacità si sono imposte in modo così massiccio sulla Landa degli Evocatori da essere associate a stili di gioco o eventi specifici. Nomi utilizzati ancora oggi per riferirsi a determinati modi di giocare o azioni. Sette giorni fa abbiamo visto ulteriori quattro leggende e oggi ne vediamo altre quattro per un totale di 12!
Scarra Ward
La visione è una di quelle meccaniche di League of Legends che un giocatore neofita deve imparare il più velocemente possibile. Sapere dove sono gli avversari per tempo può fare un enorme differenza non solo in un teamfight, ma nell’intera partita. Non è per puro caso che il punteggio di visione di un giocatore è uno dei valori più commentati e valutati all’interno della scena professionistica. La quantità di ward e pink ward (come ci si riferisce agli oggetti che i team possono usare per vedere nella nebbia di guerra anche senza esserci dentro) piazzate nelle partite di alto livello fa ben intendere l’importanza della visione.
Uno dei punti più contesi è il tribrush vicino alle fosse. Con tale nome ci si riferisce ad un cespuglio che copre la visione su un incrocio a tre che passa proprio vicino ai luoghi dove appaiono il drago e il barone, due degli obiettivi più importanti del gioco. Tale tribush è luogo spesso di battaglie selvagge proprio per piazzarci ward efficaci, ma sapevi che è possibile wardare il tribrush bot direttamente dalla fossa del drago? E’ una tecnica estremamente difficile, ma lo si può fare ancora oggi.
Tale mossa è chiamata Scarra Ward in onore di William “scarra” Li, il primo giocatore professionistico che l’ha resa popolare nonostante egli stesso la fallisse spesso (testimoniato da un video esilarante). Il trucco per piazzare la Scarra Ward sta tutto nel posizionamento e nello sfruttare un piccolo glitch grafico. Il cambio di design della Landa degli Evocatori ha reso il piazzamento ancora più difficile, ma non impossibile. Nel video qua sopra trovate una piccola guida per riuscire in questa impresa.
The Madlife
Se esiste un ruolo bistrattato in League of Legends, questo è quello del support. Nonostante ad alti livelli professionistici un buon support possa fare la differenza tra una partita vinta o persa, se si gioca a elo basso questo ruolo viene spesso visto come quello riempitivo in cui infilare la ragazza o chi non sa giocare. Un’assunzione davvero arrogante e sbagliata perché è un ruolo davvero importante per permettere al proprio team di costruire giocate di livello capaci di consolidare un vantaggio consistente.
Non ci sono dubbi, a far capire al mondo quanto i support siano importanti è stato Hong “MadLife” Min-gi, il miglior support del 2012 per la lega coreana. Egli ha dato anche il nome ad una particolare tecnica di gioco che si ispira al suo stile assolutamente unico, capace di calcolare skill shot (ovvero quelle abilità che vanno direzionate manualmente) precisi al millimetro prevedendo i movimento più assurdi degli avversari. MadLife era capace di catturare con un gancio di Thresh un avversario che saltava la parete con un Flash o un Arcane Shift di Ezreal o che era in una zona in piena nebbia di guerra. Sembrava quasi che potesse guardare direttamente nel futuro, ma era una semplice previsione logica.
Con il Madlife ci si riferisce quindi a tutti quegli skill shot che riescono a connettere prevedendo qualsiasi schivata, scatto, flash o simile movimento da parte di un avversario. Di solito questo avviene con i campioni dotati di ganci in grado di superare le pareti, tipo Blitzcrank o Thresh, ma in realtà ci si può riferire a questa mossa quando si usa una qualsiasi mossa a skill shot. Lo stesso MadLife era solito farlo anche quando guidava addirittura Alistar. Inutile dirlo che è una delle tecniche più complesse di sempre, richiede una conoscenza del gioco abnorme.
The Misaya
Yu “Misaya” Jingxi è uno di quei nomi che sono entrati nella storia del competitivo cinese di League of Legends. Egli è stato a lungo uno dei migliori mid-laner della regione ed il capitano di uno dei team di primo livello della stessa, il Team World Elite (tanto da causare un mezzo scandalo quando nel 2019 venne licenziato dal coaching della squadra). Il suo campione preferito è, a mani basse, Twisted Fate per cui ha creato una mossa bizzarra quanto funzionale che ha preso il suo nome.
Cosa serve per eseguire la Misaya? Prima di tutto bisogna conoscere Twisted Fate. La sua R, Destiny, può essere attivata due volte. La prima volta rivela tutti gli avversari sulla mappa, la seconda teletrasporta TF su un qualsiasi punto della Landa. La sua W è altrettanto importante visto che permette di scegliere una carta colorata tra tre, ognuna di esse ha un effetto diverso e la Carta Dorata è quella più famosa visto che stordisce il bersaglio colpito. Infine bisogna possedere una Clessidra di Zhonya, un oggetto che, quando attivato, fa diventare dorato, immobile ed invincibile il Campione per qualche secondo.
La Misaya è una giocata contro-intuitiva che si basa sul fare da esca (non a caso viene chiamata anche Golden Bait). In pratica si usa Destiny con la carta dorata attiva per teletrasportarsi vicino agli avversari e stordirne uno per poi attivare immediatamente la Zhonya. Se la Misaya funziona, il team avversario sprecherà i suoi colpi più forti su un Twisted Fate invulnerabile dando un concreto vantaggio nel successivo teamfight! Esiste anche una variante di questa mossa, chiamata Reverse Misaya, dove la Zhonya viene usata mentre Twisted Fate si sta teletrasportando per annullare il teletrasporto stesso. In questo modo infatti il team avversario crederà che questi stia per apparire in un punto, sprecandoci tutti i crowd control mentre il Campione sarà rimasto ben al sicuro altrove.
PUSH FOR THE WIN!
Non tutte le leggende di League of Legends riguardano singoli giocatori, a volte è un team intero che entra nella storia. E’ il 2013 e la NLB, una delle due principali leghe del circuito coreano, sta svolgendo la sua prima season dell’anno (al tempo ce ne erano tre più corte e la prima era invernale). Tra le molte squadre partecipanti ce ne sono due che non potrebbero essere più diverse: CJ Entus e GSG. La prima era la più grande dell’intera regione, era sponsorizzata da un conglomerato coreano di primo livello e conteneva giocatori considerati tra i migliori del mondo come inSec e dade. Secondo molti avrebbe dominato qualsiasi competizione quell’anno.
I GSG erano il completo opposto. Erano una squadra quasi completamente amatoriale, non avevano sponsor e dovevano allenarsi incastrandosi tra i vari impegni personali per trovarsi nei vari internet caffé con tutti i problemi del caso. Immaginate la sorpresa di molti quando i GSG riuscirono ad arrivare alla finale della Winter Season proprio contro i CJ Entus. Questo però era solo l’inizio. Nel corso di 4 game i GSG si difesero con le unghie e con i denti, dando il massimo per arrivare a quell’agognato 5° game decisivo. Qui il genio e la follia si mischiano e i GSG decidono di tentare il tutto per tutto con una formazione che punta esclusivamente al push compulsivo su tutta la mappa, una formazione che vede il suo nodo cardine in un assurdo Heimerdinger in Giungla. I CJ Entus vengono completamente travolti da questo piano ed in un tempo record di 19 minuti, i GSG sconvolgono il mondo diventando NLB Winter Champions!
Quel game rimase così impresso nella storia che ancora oggi molte strategie di vittoria si basano sul “Push for the Win”, ovvero sul creare una tale pressione sulla mappa ed evitare i teamfight così da poter battere un team di giocatori tecnicamente più forte. Quante partite avete visto vincere così? La tattica per eccellenza degli underdog. Per quanto ora come ora sia difficile definire i GSG underdog visto che dietro quei nomi che nel 2013 erano sconosciuti si celavano: PoohManDu (ManDu), Easyhoon (Easy), Heart (Solo) e Acorn (Cheonju). Se hai guardato anche solo i mondiali degli ultimi anni, dovresti aver sentito parlare di loro, no? Sono tutti finiti in finale e hanno avuto carriere clamorose.