Il backlog, ovvero tutto quell’insieme di videogiochi più o meno nuovi accumulati in catalogo e mai finiti (a volte neanche iniziati), è un elemento che accomuna moltissimi videogiocatori con abitudini e preferenze diverse.
Nonostante il periodo di pandemia abbia in qualche modo rallentato il mercato videoludico, sempre più utenti iniziano a sentirsi sovrastati da tutti i giochi lasciati indietro e dalle continue uscite che scandiscono le settimane ad un ritmo vertiginoso.
Il settore del gaming, come ben sappiamo, si è trasformato in pochi anni da passione di nicchia a vero e proprio fenomeno commerciale, aprendosi a diversi tipi di utenti e proponendo le più disparate soluzioni per approcciarsi a questo mondo.
Questa apertura spesso e volentieri, è testimoniata dai continui giochi che di volta in volta vengono letteralmente regalati dai vari store o che sono inclusi nei servizi a pagamento per giocare online, come PlayStation Plus o Xbox Live Gold.
In questo senso, qualsiasi giocatore più o meno accanito, si trova quasi istantaneamente accerchiato da una schiera di titoli pronti per essere giocati. A questi si aggiungono le uscite di tripla A e non che, se un tempo erano concentrate in uno o due periodi dell’anno, adesso vanno a ricoprire quasi ogni mese, sfidando il tempo libero di chiunque.
Ovviamente non possiamo non citare la nascita e lo sviluppo di servizi come PlayStation Now e soprattutto Xbox Game Pass. Tali piattaforme, permettono di accedere, con un costo relativamente basso, ad un catalogo davvero enorme di giochi. Soprattutto il servizio di Microsoft viene costantemente aggiornato, addirittura con le esclusive dell’azienda di Redmond fin dal day-one.
Il “problema” che si presenta è enorme; sostanzialmente non c’è abbastanza tempo per giocare a tutto ciò che vogliamo acquistare o che abbiamo già nel backlog e non c’è abbastanza tempo per giocare “bene”.
In questo incessante flusso continuo di uscite, in una sorta di brulichio di sensazioni e stimoli sempre alla ricerca del nuovo e del diverso, il consumatore, spesso e volentieri, rischia di sentirsi letteralmente alienato ed in balia dei tempi che impongono di essere sempre sul pezzo.
Questa considerazione va direttamente correlata alla velocità con cui un gioco si stacca dalla memoria collettiva per finire nell’oblio o nel dimenticatoio, in favore di uno degli altri mille videogiochi appena usciti. Pensiamo al caso di Cyberpunk 2077, finito sommerso dalle critiche per i suoi enormi problemi al lancio e ormai quasi abbandonato dalla community, che stanca di aspettare patch e DLC, migra verso altri titoli con un supporto più puntuale.
Se è vero che la contemporaneità è forse il periodo migliore per essere videogiocatori, e sicuramente quello più conveniente. È anche vero che la diversità e la particolarità dei prodotti e delle sensazioni ad essi connessi rischiano, inesorabilmente, di appiattirsi.
Il mercato, che sforna quasi giornalmente giochi più o meno interessanti, non permette al giocatore-tipo di focalizzarsi quanto vorrebbe (o dovrebbe) sui diversi titoli, costringendolo, forse, a vivere esperienze ludiche fugaci e meno profonde, per la paura di non essere abbastanza veloce e perdere il biglietto per la corsa verso il nuovo videogioco in voga.
Soprattutto dividersi tra più piattaforme diviene un problema tutt’altro che facile da risolvere; pensiamo a quanto possa diventare complesso alternarsi tra i tripla A che vengono pubblicati, i giochi del Game Pass e gli altri che ci aspettano da mesi (o anni) nel backlog.
Il backlog, a tal proposito, simboleggia proprio la zavorra e la pesantezza che grava sulle spalle del videogiocatore dell’attualità che ha davanti due alternative.
Cosa fare davanti al Backlog?
La prima strada da percorrere, e sostanzialmente quella meno problematica, è il lasciarsi completamente andare nel flusso imperante delle uscite videoludiche, fatto di titoli in regalo, cataloghi immensi e sconti che fino a pochi anni fa era impossibile concepire. In sintesi, adottando un tale comportamento, si decide deliberatamente di assecondare i tempi, magari vivendo esperienze più mordi e fuggi e saltando continuamente da un gioco all’altro, rispolverando, di tanto in tanto, i vecchi titoli rimasti incompleti.
La seconda opzione, molto più dispendiosa in termini di impegno individuale, è quella di porsi con spirito critico davanti a tali questioni, smettendola di assecondare in tutto e per tutto la cultura dell’hype, le logiche di mercato che impongono continui pre-order, i cataloghi alla Netflix ecc.
In questo modo, ascoltando sé stessi, è forse possibile vivere l’esperienza complessiva del gaming in maniera molto più profonda, personale ed intima. Questo, ovviamente, non significa smettere di comprare giochi al lancio o di scaricare titoli inclusi nei vari cataloghi, ma è un modo per affrontare la propria passione con più consapevolezza.
Così, è possibile da un lato liberare la mente, che in qualche modo si trovava incastrata dentro un meccanismo costruito proprio per creare un sentimento di perenne insoddisfazione per muoversi verso altri prodotti, e dall’altro si può vivere la situazione con meno pressioni, forse non riuscendo ad essere “sempre sul pezzo” ma certamente evitando tutti i risvolti negativi di tali dinamiche.
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