Nel 2017 Tarsier Studios, pubblicata da Bandai Namco, è riuscita a portare all’attenzione di un vasto pubblico il primo Little Nightmares, uno dei quei progetti sospesi nel limbo dei AA, poco più di un indie, ma con importanti publisher alle spalle che credono nelle potenzialità del titolo dandogli risalto. Questa fu una scommessa decisamente vinta da parte di Bandai Namco.
La software house aveva già dimostrato fiducia e capacità artistiche coi DLC dei primi due Little Big Planet, con il terzo capitolo della serie stessa (nata in casa Media Molecule) e con Tearaway: Avventure di carta, una vera e propria perla nascosta facente parte della nutrita schiera delle esclusive dell’era PlayStation 4. Con Little Nightmares però, il team di sviluppo decise di dare una virata decisamente meno “luminosa” rispetto alle produzioni precedenti, disegnando un mondo cupo e inquietante, ed è proprio il caso di ripeterlo: una scommessa decisamente vinta!
Il successo clamoroso del primo Little Nightmares deve aver colto di sorpresa tanto il publisher quanto gli sviluppatori, dal momento che il secondo capitolo, oggetto di questa recensione, si è fatto attendere per ben quattro anni, attesa fortunatamente alleviata da alcuni interessanti contenuti aggiuntivi delle avventure di Six che hanno arricchito la lore dell’oscuro mondo di gioco e seminato impercettbili dettagli che ritroviamo in questo nuovo titolo, segno che l’odissea di Mono (protagonista di Little Nightmares II) fosse già nella mente degli sviluppatori.
Questa nuova avventura sarà riuscita a raccogliere degnamente l’eredità lasciata dal primo capitolo? Scoprilo subito nella nostra recensione!
Cambiamo canale?
Tarsier Studios ha deciso di rendere estremamente riconoscibili i due Little Nightmares (in particolare questo secondo capitolo) grazie a un’iconografia che, a parer mio, si è già fatta ampiamente strada nell’immaginario collettivo dei personaggi. Se l’avventura di Six voleva costruire una decadente allegoria legata al consumismo rappresentata grazie al cibo, la storia di Mono vuole raccontare l’odierna ossessione per i social media.
Non per niente, il titolo si apre con una vecchia televisione a tubo catodico, simbolo per eccellenza dei media, da cui Mono viene letteralmente sputato fuori. Muoveremo quindi i nostri primi passi col misterioso ragazzino in una squallida brughiera, letteralmente il terreno di caccia del primo boss in cui incontreremo anche Six, protagonista del primo Little Nightmares finita imprigionata in circostanze misteriose.
Sarebbe un vero peccato raccontare qualcosa della trama, quindi non andrò oltre, sappi però che il titolo vive letteralmente di atmosfere e dei suoi personaggi, resi ancora più grotteschi e inquietanti rispetto al primo. Le televisioni sparse per il mondo di gioco giocheranno un ruolo fondamentale per ricostruire le vicende che hanno spinto Mono nel suo viaggio, che rimarranno pur sempre criptiche e misteriose.
Il mondo di gioco è curato fin nel minimo dettaglio: potremo terminare l’avventura in poco meno di cinque ore, ma sarebbe un vero peccato non fermarsi a esplorare e a dare un’occhiata ai vari elementi che compongono le ambientazioni. Ogni singola stanza infatti potrebbe nascondere segreti e particolari inquietanti che sfuggirebbero di sicuro a uno sguardo troppo veloce, ma che, oltre a dipingere un quadro ben più distorto del previsto del mondo immaginato da Tarsier Studios, regaleranno anche qualche brivido ai più sensibili.
In Little Nightmares II ogni situazione e personaggio nasconde una facciata macabra e costituisce un pericolo per Six e Mono, che comprenderanno ben presto che l’unica speranza di sopravvivere è collaborare. Ho trovato davvero facile empatizzare coi due bambini, spaventati in un mondo molto più grande di loro; ancora una volta, gli sviluppatori di Tarsier Studios sono riusciti a rendere spaventose le piccole cose, rendendo i protagonisti ancora più piccoli e riportando alla memoria dei giocatori traumi e sfide che ci sembravano insuperabili da piccoli, non a caso uno degli ambienti del gioco sarà una scuola.
Dammi la mano, giochiamo assieme!
Come accennato in precedenza, nelle prime battute di Little Nightmares II ritroveremo Six, protagonista del primo capitolo, un segnale forte della volontà di Tarsier Studios di mantenere il titolo in continuità col precedente. In effetti, il gameplay riprenderà in tutto e per tutto il precedente, nemmeno l’aggiunta di un aiutante controllato tramite IA rivoluzionerà la situazione come succedeva, per esempio, in una coppia di titoli concettualmente simile come Unravel e il suo seguito.
Possiamo annoverare questa caratteristica tra i difetti? Assolutamente no! Anzi, è un piacere rimettere mano a una formula di gioco rodata non solo dal primo titolo, ma dall’intero genere dei platform rompicapo in tre dimensioni, capaci non solo di raccontare storie sorprendentemente complesse e stratificate senza nemmeno bisogno di parole (come nel caso di Little Nightmares II) grazie a un world building curatissimo, ma anche di mettere alla prova la mente del giocatore e, soprattutto, il suo pensiero laterale.
In buona sostanza, in Little Nightmares II dovremo farci strada nel mondo di gioco a forza di risolvere rompicapi che diventeranno man mano sempre più complessi. All’uso della mente però dovremo anche aggiungere una buona dose di riflessi e coordinazione, dimostrando la nostra capacità di reazione e di scegliere il momento propizio per agire e scampare alle minacce mortali costituite da elementi del mondo di gioco stesso o esseri deformi pronti a fare di Mono e Six un sol boccone.
Purtroppo però questo gameplay non è privo di difetti. Rispetto al primo capitolo infatti, gli sviluppatori si sono lasciati andare a una componente leggerissimamente più “action”: Mono infatti non sarà del tutto indifeso, potrà imbracciare di tanto in tanto delle armi come spranghe e martelli per farsi strada tra i pericoli del mondo di gioco; il problema è che il loro utilizzo sarà estremamente impreciso e lento, aprendosi a finestre talmente ridotte da richiedere riflessi degni di Sekiro: Shadows Die Twice al giocatore e rendendo frustranti le sezioni di gioco in cui dovremo farci strada a suon di sprangate.
Intendiamoci, Little Nightmares II non si trasforma improvvisamente in un beat’em’up a scorrimento, ma queste parti sembrano pensate come un “qualcosa in più” che si rivela un’aggiunta non particolarmente riuscita, piuttosto contribuisce a delineare una curva di difficoltà non proprio omogenea, che rende qualche momento del gioco frustrante.
Un’altra aggiunta che mi è sembrata superflua, ma qui riconosco che si parla di puro gusto personale, è rappresentata dai Cappelli. Di tanto in tanto Mono troverà (esplorando un po’ più a fondo) dei Cappelli che potrà indossare a proprio piacimento, questi però non influiranno in nessun modo sul gameplay. Fin qui tutto ok, l’aggiunta di un collezionabile opzionale non è mai di troppo, il punto è che si rivelerà del tutto inutile, soprattutto pensando al fatto che Mono e il suo sacchetto di carta coi buchi per gli occhi (proprio come Six e il suo impermeabile giallo) sono ormai già iconici, e difficilmente vorremo vivere l’avventura con altre sembianze.
Un incubo lucidissimo
Il comparto tecnico si attesta su standard qualitativi altissimi. In primis, la direzione artistica è a dir poco perfetta, il mondo allucinato di Little Nightmares II setta uno stile unico che assorbe completamente il giocatore per le sue atmosfere (leggermente burtoniane) e riesce a sorprendere con easter egg dedicati alle colonne portante del genere horror come Shining o a momenti iconici del videogioco moderno come la “riunione di famiglia a tavola” che il povero Ethan Winters vive in Resident Evil VII.
Oltre agli ambienti memorabili (trovo che ogni singola inquadratura di ciascun ambiente di gioco possa tranquillamene diventare un quadro a sé stante), i personaggi si inseriscono alla perfezione nell’immaginario di questo mondo. Si va quindi da maestre serpentiformi a medici aracnidi, passando per bambini fatti di porcellana, tutto estremamente contestualizzato e metaforico. Il tutto viene impreziosito da una grafica estremamente ben curata, con un sistema di illuminazione minuzioso che dà un peso a ogni singolo taglio di luce e fa dei toni freddi un punto forte dell’intera produzione: un impatto visivo talmente curato da riuscire a trasmettere alla perfezione le sensazioni dei due sventurati protagonisti.
E il sonoro non è da meno! Sono sempre più convinto che al giorno d’oggi in un horror sia più importante l’aspetto sonoro che quello grafico, in fondo, in decenni di genere abbiamo visto orrori, deformità e squartamenti di ogni genere, è difficile tirar fuori immagini capaci di sorprendere e inorridire lo spettatore (o il giocatore): è ciò che non si vede ormai che deve essere in grado di spaventare chi decide di vivere l’incubo.
Little Nightmares II centra pienamente quest’obiettivo, costruendo un comparto sonoro che vive di rumori distanti, sospiri, fruscii, lamenti e, soprattutto, silenzi. Silenzi assordanti che riescono a generare una tensione fuori dal comune, soprattutto perché il titolo non cede mai alla semplice soluzione del jumpscare, creando una tensione molto più fine ed elaborata di quella del classico horror di serie B.
In definitiva, Little Nightmares II colpisce nel segno, si conferma un’esperienza imperdibile sia per gli amanti del genere che per chi, preso da un impeto di coraggio, volesse buttarsi a capofitto in un’avventura dai toni oscuri, ma comunque accessibile sia a livello narrativo che di gameplay. Non posso che consigliarlo, magari giocato tutto d’un fiato assieme al suo predecessore, sperano che anche stavolta Tarsier Studios abbia in mente dei DLC che espandano la lore di questo grottesco mondo.