Approcciarsi a questa neonata rubrica fa un po’ rabbia sinceramente, perché lo scopo è di analizzare ottimi titoli che però si sono, appunto, persi nel tempo. E in molti casi è un peccato mortale, perché esistono nella storia videoludica videogiochi che avrebbero meritato almeno un sequel, nonostante non abbiano magari avuto un successo commerciale tale da giustificarne un investimento in questo senso.
Eternal Darkness: Sanity’s Requiem fa decisamente parte di questa categoria ed è oggetto della seconda puntata di “Lost in Time”. Sviluppato da Silicon Knights esclusivamente per Nintendo GameCube e pubblicato nel 2002, Eternal Darkness era un ottimo Survival Horror con una forte componente action. Ad oggi, è considerato uno dei titoli più affascinanti e di atmosfera che avevano calcato le scene del cubetto Nintendo, inserendosi idealmente tra i due Resident Evil (il remake del primo e Zero) e ponendosi come una validissima alternativa ai due capolavori targati Capcom. Ebbe un riscontro di critica eccellente e anche dei discreti numeri in termini di vendite, anche se la poca diffusione del GameCube non favorirono di certo lo sviluppo di alcuni brand. Ed è un peccato, perché titoli come Eternal Darkness stesso o altre perle che furono pubblicati per il cubetto meritavano senz’altro ben altra fortuna.
Resident Evil…?
Lo sviluppo di Eternal Darkness in realtà fu un po’ problematico. Inizialmente previsto nel 2000 per Nintendo 64, fu successivamente traghettato su GameCube e affidato alle mani dei talentuosi Silicon Knights, che un paio d’anni dopo omaggiarono i possessori della console cubica con il fantastico remake di Metal Gear Solid. Sovente accade che alcuni per titoli che hanno avuto uno sviluppo difficile, una volta giunti sul mercato palesano una qualità complessiva piuttosto scadente. Per fortuna non era il caso di Eternal Darkness, che riuscì a divertire e non poco gli early adopter di un GameCube, nonostante le imperfezioni che comunque esistevano, specialmente da un punto di vista tecnico.
La storia prende il via da un misterioso ritrovamento del corpo di un uomo all’interno della sua villa, il dottor Edward Roivas. Spetterà alla nipote e protagonista del gioco, Alexandra, decidere di addentrarsi nella magione per cercare di comprendere ciò che è successo al nonno e scovare i misteri che hanno avvolto la villa.
Il comparto narrativo è senza dubbio uno degli aspetti migliori dell’opera Silicon Knights, sia per il plot che sta alla base della trama, sia per come è raccontata. La narrazione è difatti articolata nel corso di varie epoche storiche e scandita dal cosiddetto “libro delle tenebre”, antico tomo dal quale Alexandra troverà gradualmente risposta alle sue domande. La particolarità sta nel fatto che venendo in possesso dei capitoli successivi del libro, ottenuti a rigor di logica progredendo nell’avventura, vi ritroverete a vivere una vicenda intricata e diluita nel corso di duemila anni, ognuna con un obiettivo specifico da portare a termine. Antichità e paranormale che si mescolano in maniera sorprendentemente impeccabile, grazie a una narrazione che riesce sempre a catturare il giocatore e dotata di svariati colpi di scena.
Il male nella testa
L’altro elemento distintivo di Eternal Darkness va riconosciuto nell’indicatore di sanità mentale. Ogni qualvolta la nostra protagonista incontra un nemico, questo indicatore poco alla volta si incrementa, impanicando Alexandra e mostrando su schermo effetti collaterali come immagini confuse, comandi che rispondono in ritardo all’input che forniamo al joypad o suoni distorti. Per tenere sotto controllo il livello di sanità mentale sarà necessario ovviamente abbattere i nemici e utilizzare particolari oggettivi curativi che troveremo nell’incedere dell’avventura. Un’aggiunta innovativa e che ben si incastra nel gameplay di Eternal Darkness, incutendo spesso e volentieri quell’ansia che accresce l’atmosfera generale.
Per il resto la produzione Silicon Knights offre la possibilità di prevalere sui nemici con un ottimo asset di armi (che variano in base alla collocazione storica che stiamo affrontando in quel momento) e incantesimi, donando a Eternal Darkness un’impronta più action che survival, ma che nonostante questo non lascia il giocatore privo di enigmi da risolvere, esplorazione e un po’ di backtracking tipico del genere.
Sul fronte tecnico, Eternal Darkness lasciava intravedere le origini dal Nintendo 64, soprattutto per quanto concerneva il dettaglio grafico generale, anche se all’epoca stupì per la qualità delle ambientazioni e soprattutto per gli scenari completamente tridimensionali, a differenza di Resident Evil che uscì su GameCube circa un paio di mesi dopo.
Eternal Darkness fu in buona sostanza un gran bel titolo, dotato di un’anima tutta sua. Narrativamente appassionante, con una buonissima atmosfera e con delle situazioni di gioco proposte appassionanti, Eternal Darkness è riconosciuto ancora oggi come uno dei migliori esponenti del genere. Riconoscimento che avvallo in toto, perché ricordo perfettamente che quando lo acquistai assieme a Super Mario Sunshine, riuscì a distrarmi e non poco dall’avventura marina dell’idraulico baffuto.
Si è parlato molto spesso negli anni a venire della possibilità di un sequel, teoria avvalorata anche dal fatto che Nintendo ha più volte rinnovato i diritti del marchio. Siccome sono un sognatore, confido ancora in questo o perlomeno in un remake di Sanity’s Requiem stesso, visto che vanno molto di moda in questa generazione (per fortuna, aggiungo).