Ti do il benvenuto in questa mia recensione dedicata a Maid of Sker, un videogioco il cui debutto che risale al 2020 sarebbe dovuto avvenire un paio d’anni fa, salvo poi tornare a fare eco in occasione di un update dal sapore di next-gen. Prima però di tuffarci tra le righe di questa recensione, che tenterà di valutare il gioco tenendo conto delle aggiunte, direi di fare come sempre un timido passo indietro così da capire il contesto in cui stiamo per addentrarci.
Dopo una serie di videogiochi realizzati in full motion (film interattivi o FMV) e l’approccio alla VR con Don’t Knock Twice, titolo stroncato dalla critica alla pari dell’omonimo film, i creativi di Wales Interactive non si diedero certo per vinti e idearono un nuovo horror partendo dalla propria terra. L’obiettivo? Iniettare la cultura e il folklore tipici dei loro dintorni in un’opera più vicina agli stilemi di un gioco classico, ispirandosi apertamente all’inquietante Sker House.
Purtroppo, durante la fase di pubblicizzazione del progetto, l’attuale proprietario dello stabile non si dimostrò ben disposto alle attenzioni che Wales Interactive stava dando a quel luogo, tanto che per evitare di cacciarsi in beghe legali il team di sviluppo optò lesto per alcuni accorgimenti, nonostante il gioco fosse ambientato all’interno di un hotel immaginario costruito su quel sito.
A ogni modo, ciò che conta qui e ora è una cosa sola: l’esperienza che Maid of Sker offre a chi ha il pad in mano. Sarà stato un battesimo del fuoco superato alla perfezione o un brutto passo falso da non ripetere assolutamente? Inutile dire che come sempre la verità si cela nel mezzo e senza perdere altro tempo, vestiti i panni di Thomas Evans, direi che siamo pronti a svelarla quanto basta.
Un canto di miele, o forse era fiele?
Nel dirigersi verso un hotel pronto a una grande riapertura è sempre meglio prepararsi contro ogni evenienza, specie se la tua amata ha voluto scriverti una lettera in cui ti chiedeva aiuto disperata. È così che Maid of Sker sceglie di aprirsi a noi e conoscendo le leggende legate al nome della ragazza, Elisabeth Williams, ci si aspetterebbe di conoscere già il finale. Niente di più errato, dal momento che Wales Interactive non si è limitata a prendere un racconto popolare e trasporlo sullo schermo, bensì ha fatto incetta di ogni sua sfumatura al fine di crearne una versione originale.
In un primo momento, le informazioni date in mano al giocatore sono poche e piuttosto confuse, ma più che sufficienti a motivare il viaggio del musico protagonista. Thomas Evans deve salvare Elisabeth, questo è chiaro, e per farlo dovrà recarsi in quel maledetto Sker Hotel di proprietà della famiglia Williams, affrontando una minaccia che sembrerebbe aver a che fare con un canto il cui potere ha del sovrannaturale. Questo però, non è che l’inizio.
“L’obiettivo di mio padre è usarmi, così come usò la mia povera madre prima di me. Vuole che canti per lui come già fece lei, che la mia fama attiri poveri innocenti verso queste terre maledette. Il mio rifiuto mi ha condannata alla prigionia qui nello Sker Hotel”.
Tra sacrifici umani, riti disdicevoli, ombre dal passato e fenomeni inspiegabili, Maid of Sker ci inquieta già dai primi istanti e lo fa senza rivelarci le carte in suo possesso. I richiami alla mitologia celtica e non solo, affiancati ai numerosi racconti che da secoli riguardano la Sker House, si uniscono fino al punto da confondersi tra di loro e diventare parte integrante della narrazione.
Il giocatore, perso così a domandarsi se credere o meno al proprio istinto, se dare un senso agli strani eventi o accettarli per quel che sembrano, viene spinto a procedere attraverso un gameplay che di fatto segna la fine di tutta la magia. A soffrirne, prima ancora dell’aspetto puramente ludico di Maid of Sker, è infatti l’atmosfera che in un’esperienza horror risulta di importanza a dir poco basilare.
È stato bello finché è durato
L’idea di survival horror in soggettiva messa insieme dal team gallese, chiaramente derivata dai maggiori esponenti del genere, si concentra a più mandate sull’esplorazione e il backtracking, sull’approcciarsi in modo stealth a qualsiasi minaccia e – in piccola parte – sulla gestione di risorse quali gli intrugli curativi. Partendo dal primo di questi elementi, analizziamo dunque con ordine l’ossatura di Maid of Sker fino a comprenderne il potenziale e il motivo per cui appare sprecato.
In maniera non troppo dissimile da quanto ricordo di Villa Spencer, anche i momenti passati nello scricchiolante Sker Hotel sono scanditi da zone sicure, note sparse in alcune stanze, enigmi ambientali piuttosto immediati e porte recanti vari simboli da aprire con la giusta chiave. Suddiviso su più piani e spartito tra interni e esterni, l’ambiente di gioco riesce a essere abbastanza vario da suggerire che il team di sviluppo, malgrado il ripetersi di molti asset, sia riuscito a far fronte ai limiti portando a casa il risultato.
Diversa è la questione nel momento in cui Maid of Sker va a spogliarsi del mistero che manteneva inizialmente, esibendo a chi lo gioca quel che non funziona affatto e cioè i cosiddetti uomini Silenti. Quelli che andrebbero visti come una perenne fonte di ansia, infatti, a causa di una programmazione artificiale ma non intelligente, finiscono con il divenire semplici ostacoli da evitare senza il bisogno di fare nulla che non sia muoversi cautamente.
Persino alle difficoltà più alte, in cui i nemici dovrebbero essere “più aggressivi, vigili e sensibili ai suoni”, Maid of Sker si riduce a uno sgattaiolare da una parte all’altra senza smettere un secondo di aggirare nemici ignari. Questo, oltre a rovinare irrimediabilmente il clima di tensione – che oltretutto pareva essere l’aspetto più riuscito del videogioco – svaluta l’unica arma su cui puoi fare affidamento e le meccaniche basate sui suoni ambientali.
Ti sfido a valutare il comparto tecnico
Potrei spendere una marea di parole senza riuscire a rendere l’idea di quanto il comparto audio emerga focale in Maid of Sker, ma proverò ugualmente a farlo iniziando dal condividere una curiosità balzatami all’occhio durante i titoli di coda: colonna sonora e sound design sono stati gestiti dalla stessa persona, Gareth Lumb. Questa circostanza, che si verifica di rado, ha senz’altro giovato molto alla sensazione che ridà l’immergersi dentro all’hotel con un paio di cuffie in testa, motivo per il quale sarei molto curioso di testare il gioco anche su PlayStation 5.
Tralasciando il richiamo dell’audio 3D, torno a parlarti dell’update che ha portato in Maid of Sker la nuova modalità Sfida anche sulla old-gen. In due parole? Una parentesi piacevole, dato che offre ritmi serrati in cui farsi strada nello Sker Hotel uccidendo i soliti nemici e qualche new entry più agguerrita. Vite limitate, l’intera mappa da esplorare, centinaia di bersagli e un arsenale con cui abbatterli.
Sono certo che, se i Silenti si fossero rivelati più astuti, mi sarei ritrovato anch’io a trattenere il fiato come Thomas, concentrato sull’evitare di fare rumore e movimenti bruschi o tossire a causa del fumo e della polvere nell’aria. Erano tutte idee valide, addirittura originali, ma introdotte in un gameplay come quello di cui sopra che non ha permesso loro di brillare a dovere. Dispiaceri a parte, possiamo tornare a sorridere nel parlare delle melodie e della resa grafica a cornice di Maid of Sker; entrambi elementi decisamente ben riusciti al netto dei pochi frame andati persi saltuariamente.