The Legend of Zelda: Majora’s Mask sta per fare il suo debutto su Nintendo Switch Online (precisamente il 25 febbraio), dando così la possibilità a tanti giocatori di recuperare un titolo che a tutti gli effetti ha conquistato il suo posto nell’Olimpo dei capitoli di Zelda.
Fin dal suo debutto nel 2000 su Nintendo 64, infatti, Majora’s Mask è riuscito a colpire con la sue atmosfere cupe, i suoi personaggi carismatici, la lore profondamente tragica e le musiche che si adattavano perfettamente a un mondo vicino alla rovina. Vale la pena, insomma, parlare ancora di tutto questo, soprattutto in vista dell’uscita del titolo anche su Nintendo Switch.
Un mondo dark dai tratti cupi e misteriosi
The Legend of Zelda: Majora’s Mask si distingue sicuramente per le sue atmosfere dark, cioè tenebrose e cariche di inquietudine. Il mondo in cui si svolge l’avventura non è infatti Hyrule, il classico regno in cui si svolgono tutte le vicende della saga di Zelda, bensì Termina, una terra che molti hanno definito il rovescio speculare di Hyrule. Su ogni area di Termina, infatti, aleggia una sensazione di mistero, come se ogni zona nascondesse terribili segreti che vanno oltre la semplice apparenza.
Su tutta Termina è visibile la terribile Luna, un astro con occhi, naso e bocca che minaccia di precipitare sul regno e distruggerlo completamente. Link, lo storico protagonista della saga, ha infatti a sua disposizione solo tre giorni per completare la propria avventura, altrimenti durante la vigilia del Carnevale la Luna si schianterà al suolo.
Il giocatore prosegue quindi nel proprio percorso con un orologio che davanti ai suoi occhi continua lentamente a scorrere, facendo avvicinare il momento dell’impatto finale. Più in generale, poi, alcune aree di gioco sono state create da Nintendo per creare una precisa sensazione di inquietudine: basti pensare al Canyon Ikana, che pullula di Ghibdo, i famosi mostri mummia che con le loro grida stridule immobilizzano Link e lo avvinghiano per succhiargli energia.
Persino la Piana di Termina, la vasta pianura al centro della mappa, è caratterizzata da una colonna sonora sinistra, dai tratti decisamente più cupi rispetto all’epica melodia della Piana di Hyrule. Nessun altro titolo di Zelda è mai riuscito a creare un mondo così profondamente bizzarro e cupo; una caratteristica, quest’ultima, che si riflette anche nei dungeon.
The Legend of Zelda: Majora’s Mask ha dimostrato infatti che la qualità prevale sulla quantità: in un mondo che ancora non era ossessionato dagli open world, Nintendo ha creato “solamente” quattro dungeon (più un “semi-dungeon” finale), che tuttavia presentavano una caratterizzazione e una longevità talmente forti da essere più che sufficienti.
Forse è proprio il caso di dire che Majora’s Mask (e con lui molti altri storici capitoli di Zelda, come Ocarina of Time) potrebbe insegnare qualche lezione a Breath of the Wild: anche quest’ultimo, infatti, presenta solo quattro dungeon, ma in questo caso la qualità non riesce ad essere assolutamente al passo con la quantità, e anzi la qualità stessa risulta a tratti assolutamente scadente.
Majora’s Mask riesce a restituire ai giocatori dungeon memorabili, talmente unici da essere ancora oggi oggetti di analisi e speculazioni sulla lore che nascondono.
I personaggi di Majora’s Mask e la loro drammaticità
È evidente che con Majora’s Mask il team Nintendo ha puntato molto sulla caratterizzazione dei personaggi: questi ultimi, infatti, rimangono ancora oggi fra i più amati di tutta la saga, e sono spesso argomento di discussione all’interno delle varie community.
Come riflesso del mondo inquietante in cui si trovano a vivere, gli abitanti di Termina sono infatti tutti alle prese con vicende personali difficili e drammatiche. Il gioco ci regala la storia di Mikau, uno Zora che viene trovato morto da Link e che non è riuscito a coronare il proprio sogno, o di Darmani, un capo dei Goron rimasto ucciso nella speranza di potere salvare il proprio popolo, che teme non abbia più alcun rispetto per lui.
Ma soprattutto, Majora’s Mask contiene forse la più bella sidequest dell’intera saga di Zelda, quella di Kafei e Anju: una giovane coppia che corre il rischio di non potersi più sposare, e che alla fine è disposta a morire in un abbraccio finale mentre la Luna precipita sopra le loro teste.
È ancora più interessante sottolineare questa profondità dei personaggi se si pensa al fatto che in Majora’s Mask non è presente la principessa Zelda: questo è infatti uno dei pochi titoli in cui la figlia del re di Hyrule non compare tra i protagonisti. Nonostante ciò, i personaggi presenti nel gioco sono fra i più profondi mai creati all’interno della saga, capaci ancora di farci affezionare ed emozionare. Anche in questo caso l’alone di mistero contribuisce a rendere l’intero titolo sempre più profondo.
Un destino di amicizia e di incomprensione
Il dramma più grande all’interno di The Legend of Zelda: Majora’s Mask è sicuramente quello dello Skull Kid, il villain che indosserà la terribile maschera: senza fare troppi spoiler, si può dire che la causa scatenante delle vicende del gioco è un profondo rapporto di amicizia.
Skull Kid si sente escluso e abbandonato dai suoi amici Giganti, costretto a vivere in uno stato di solitudine: sarà proprio questo stato d’animo a fare crescere in lui il sentimento di odio che lo porterà a cercare di distruggere tutta Termina. Come ci insegna Yoda, il confine tra odio e sofferenza è veramente labile.
Tuttavia, saranno proprio i Giganti a salvare Termina e a fermare lo Skull Kid, recuperando quel rapporto d’amicizia che egli credeva fosse ormai perduto; alla fine, Skull Kid considera anche Link un suo amico, ponendo al giocatore delle domande profonde sulla natura stessa dell’amicizia.
The Legend of Zelda: Majora’s Mask non parla quindi di divinità, eroi, principesse e prescelti dal destino: il titolo perde il proprio tono epico e mette in primo piano delle vicende di vita quotidiana, drammi personali che possono colpire chiunque in ogni momento della vita. Forse è questa la caratteristica principale che distingue Majora’s Mask da tutti gli altri titoli della saga: non è più una “leggenda”, ma una vera e propria “storia” fatta di amicizia, affetto e volontà di proteggere ciò a cui si è più legati.
Sembra quindi scontato dirlo, ma è importante sottolinearlo: se non l’hai fatto, recupera The Legend of Zelda: Majora’s Mask su Nintendo Switch Online. È un titolo che deve essere ancora scoperto da molti, fan o meno della saga, e che ha ancora molto da insegnare a noi che ci emozioniamo con un controller fra le mani.