Viviamo in un periodo particolare della storia dell’intrattenimento in cui siamo costantemente bombardati da prodotti che fanno un continuo richiamo a tempi remoti molto cari alla nostra memoria: serie tv, canzoni e anche videogiochi con il preciso scopo di riportarci in un passato a noi tanto caro, con molta attenzione a tutto l’immaginario culturale proveniente dagli anni 80 e 90. In questa immensa ondata di produzione nostalgica si pone senza alcun dubbio Mercury Race, un titolo di corse con elementi shooter che si ispira senza troppi dubbi ad atmosfere cariche di musica synthwave, luci al neon e mondi poligonali care al celebre film Tron, che nel 1982 pose le basi rivoluzionarie per la successiva produzione in computer grafica. Il gioco è stato prodotto dallo studio spagnolo Herrero Games, che in questi anni ha rilasciato alcuni titoli per Nintendo come Job the Leprecaun o Reptilian Rebellion. Riuscirà Mercury Race, uscito inizialmente su Steam nel novembre del 2018 e ora approdato su Nintendo Switch, a rievocare vecchie memorie divertendoci allo stesso tempo? Scopriamolo insieme in questa nuova recensione su iCrewPlay!
Corri, spara, schiva, repeat
Il gioco è sostanzialmente un racing game in cui potremmo prendere il controllo di una navicella spaziale che, volando a bassa quota, deve farsi strada all’interno di un circuito disseminato di trappole e ostacoli vari. La particolarità sta nel fatto che montata sulla sommità di ogni vettura è presente un cannone che ci permetterà di sparare ed eliminare alcuni nemici presenti sul nostro cammino. Ogni circuito verrà affrontato in solitaria, in quanto non vi sono altre navicelle a correre con noi, ma saremo soli ad affrontare tutto il percorso. Durante tutta la durata della corsa dovremmo stare molto attenti a non subire troppi danni, altrimenti rischieremo di distruggere la nostra navicella e dover ricominciare tutto il circuito da capo. Alla fine di una corsa conteranno ai fini del punteggio quanti ostacoli saremo riusciti ad abbattere e in quanto tempo saremo riusciti a completare il tracciato. Semplice ed essenziale direi, ma purtroppo nella sua semplicità Mercury Race presenta una serie di difetti da non trascurare. Analizziamoli nel dettaglio.
Un linguaggio cromatico che mente
Mercury Race è ambientato in un ipotetico mondo futuro in cui ogni architettura è ridotta a una serie molto semplice di grandi poligoni e tutti i colori sono caratterizzati da tinte molto vivaci e l’unica illuminazione prevista è quella al neon. Il gioco di per sé ovviamente non cerca un realismo, ma tenta attraverso l’uso di forme poligonali e di colori appositi di rendere al meglio l’atmosfera retrofuturistica tipica di opere come Tron: Le nostre navicelle non saranno altro che poligoni più o meno complessi e i circuiti delle serie di linee rette e spezzate delimitate da una barra fosforescente. La ripartizione degli ostacoli sembra essere ben chiara: in bianco abbiamo gli ostacoli che vanno semplicemente evitati, in giallo abbiamo tutti gli elementi dello scenario che possono deviare il nostro movimento, come delle grosse molle o dei giganteschi martelli che possono lanciarci fuori dal circuito e in rosso abbiamo tutto quello che può essere eliminato tramite il nostro cannone, come navicelle nemiche o grosse file di blocchi che ostruiscono il passaggio. Infine abbiamo in azzurro tutta una serie di laser che per essere disattivati dovranno essere spenti sparando a un interruttore che è, per l’appunto, di colore rosso. Se mi fermassi qui andrebbe tutto bene… E invece no. Esistono altri due elementi nel gioco, delle barricate laser e dei geyser, che nonostante abbiano una colorazione rossa identica a quella delle navicelle nemiche, non risultano in nessun modo distruttibili, creando confusione nel giocatore, in quanto si tenta di sparare senza successo a qualcosa dello stesso colore dell’ostacolo distrutto pochi istanti prima. Ritengo questo dettaglio, all’apparenza insignificante, in realtà molto importante per un motivo molto semplice: in un gioco in cui il realismo non è il punto focale ma piuttosto si adottano una serie di simboli che richiamano la realtà ma che non la rispettano nella forma, applicare una colorazione che viene adottata per la categoria ” oggetti distruttibili” per oggetti che di fatto non lo sono, confonde e rende fastidioso approcciarsi al gioco, che in sostanza mente al giocatore e lo induce a sbagliare numerose volte nelle prime fasi del gioco.
Un occhio per tutto
Una volta che si scende in pista, dovremmo fare i conti con una serie d’icone, statistiche e power up. Il più importante tra questi elementi è sicuramente il mirino del nostro cannone controllabile attraverso l’analogico destro: questo sarà fondamentale per poter sparare ai vari nemici sul nostro cammino. Il fuoco sarà automatico e ci basterà puntare a un obbiettivo per sparare. Distruggere una serie di obbiettivi in fila ci permetterà di compiere delle super o delle ultra combo. Il mirino tende a essere un po’ lento nelle sue impostazioni di base, ma aumentando la sensibilità dell’analogico attraverso le opzioni del gioco si può in qualche modo ovviare a questo problema. Durante il tragitto dovremmo tenere conto di due valori: la velocità e l’energia. La velocità rappresenta ovviamente quanto la nostra navicella potrà accelerare, e si baserà sulle statistiche di base che ogni diversa tipologia di navicella possiede. Durante la corsa si potrà aumentare la velocità massima raccogliendo dei cristalli verdi che sono presenti nel circuito o che si otterranno una volta eliminati dei nemici: più cristalli si raccoglieranno, fino a un massimo di cinquanta, più ci sarà possibile accelerare oltre il limite imposto della nostra vettura. L’altro valore di cui tenere conto è sicuramente l’energia: questa è rappresentata da una barra blu e descrive la quantità di danni che la nostra nave può ricevere prima di andare in frantumi. Ogni elemento rosso ci farà del danno: le navi nemiche potranno spararci dei proiettili se non distrutte in anticipo e i vari elementi presenti sulla tragitto ci danneggeranno se ci scontreremo con essi. Inoltre, toccare il bordo della pista ci farà sempre e ripeto sempre danno, mentre al contrario uscire dal tracciato, per esempio nei punti in cui non sono presenti i bordi, non ci farà alcun male se non farci perdere tempo prezioso. Sarà inoltre possibile raccogliere alcuni strumenti: i turbo, che ci permetteranno di fare improvvise accelerate, gli energy shield, che ci proteggeranno temporaneamente dai danni e i time warp, che rallenteranno il tempo (sfocando la grafica del gioco in maniera davvero fastidiosa). La sensazione che si ha è che sullo schermo ci sono tanti elementi di cui tener conto, ma raramente questi elementi sono ben integrati gli uni con gli altri, e avere un occhio per tutto è davvero una impresa ardua.
Houston abbiamo un problema… Non so dove sto andando!
Parliamo un attimo dei controlli: il gioco supporta tutte le modalità con cui è possibile giocare su Switch. Ho provato a giocare con un paio di Joy-Con, con uno solo e in modalità portatile. I controlli sono molto essenziali: con la levetta destra controlleremo il già citato mirino, mentre con la sinistra controlleremo la navicella spaziale. I tasti R e ZR sono destinati all’accelerazione e i tasti L e ZL alla frenata, mentre con B attiveremo il turbo e il tasto A ci permetterà di alzare o abbassare la visuale del gioco, adattandosi alle esigenze del giocatore. Quando si utilizza un solo Joy-Con il controllo del mirino viene demandato ai quattro tasti circolari (risultando molto legnoso) e il turbo si potrà ottenere premendo la levetta disponibile. Nonostante la semplicità dei comandi la loro reattività è imbarazzante: spesso e volentieri la nave non risponde agli input dati dal controller e la navicella curva in maniera non voluta o non curva affatto, andandosi a scontrare contro le barricate a ogni istante e riducendo in pochissimo tempo la barra dell’energia. Nei tratti di percorso in cui le barricate non sono presenti, la situazione è tragica: il non poter curvare in maniera desiderata spesso ci fa finire in continuazione fuori dal tracciato e l’unica maniera possibile per affrontare queste sezioni è quella di decelerare al minimo e proseguire con estrema cautela, perdendo tempo prezioso. Per andare avanti bisogna dunque venire a patti con la frustrazione provata e sorvolare sui continui scontri che si hanno con i bordi dello stage, i quali avverranno a prescindere se si stia andando a velocità 20 o velocità 200. Spesso e volentieri saremo costretti a ripetere uno stage molte volte, sperando che la volta successiva la nave non decida di andare a sbattere più del dovuto.
Poche modalità, poche navi… Poco tutto.
Quando si avvia Mercury Race ci si trova davanti a un vero e proprio omaggio ai vecchi cabinati degli anni 80, dove una voce maschile profonda annuncia il nome del gioco e ci viene presentato il basilare menù di gioco con le sue tre modalità: Arcade, Arcade per due giocatori e King of the Galaxy.
- Modalità Arcade: è la modalità principale in single player in cui dovremmo affrontare un totale di 15 percorsi divisi in tree macro aree chiamate Galassie. I primi tre circuiti di ogni Galassia saranno disponibili sin dal principio, mentre per sbloccare gli ultimi due bisognerà raggiungere un buon punteggio (rappresentato dal sistema delle medaglie) rispettivamente nel terzo e nel quarto circuito di ogni Galassia. Al termine di ogni corsa potremmo ottenere una medaglia di bronzo, d’argento o d’oro in base a quanti nemici avremo eliminato e in quanto tempo avremo completato il circuito. Il numero di nemici da eliminare sarà in percentuale e sarà fisso per ogni corsa, mentre a determinare il metallo della medaglia sarà il tempo impiegato a finire il livello. A fine livello sono presenti anche altre statistiche, tra cui il numero di combo effettuate e le volte che avremmo colpito un bordo, ma saranno ininfluenti in termini di punteggio finale.
- Modalità Arcade per due giocatori: In questa modalità due giocatori potranno giocare tramite schermo condiviso percorrendo uno stesso circuito. Il vincitore sarà colui che avrà ottenuto il punteggio migliore, basato sempre sul sistema delle medaglie sopracitato. Il gioco in questo senso non decreta davvero un vincitore, ma semplicemente mette a confronti i punteggi ottenuti.
- King of the Galaxy: in questa modalità single player percorreremo tutti e cinque i circuiti di una singola Galassia in sequenza con l’intento di completarli nel minor tempo possibile. Anche qui sarà presente un riconoscimento sotto forma di una coppa che sarà d’oro, d’argento o di bronzo a seconda di come siamo andati.
Le modalità sono piuttosto poche: tra di loro si differenziano per dei minimi dettagli e il gioco piuttosto che diversificare le varie modalità va a impoverire la modalità principale per ottenere delle misere varianti.
Le navicelle disponibili sono otto e ognuna di esse avrà determinati valori chiamati Accelerazioni, Velocità, Manovrabilità, Capacità di Fuoco e Potenza: queste statistiche tuttavia sembrano non avere alcun impatto sul gioco e non si ha mai la vera sensazione di star guidando una navicella più performante di un’altra, se non per quanto riguarda il valore Velocità che rende alcune vetture più rapide (e quindi incontrollabili) di altre. All’inizio del gioco avremo a disposizione solo quattro vetture: le ultime quattro navicelle si potranno sbloccare ottenendo le giuste medaglie di bronzo e ottenendo cinque Perfect Score, ovvero la percentuale massima di nemici abbattuti in un circuito. Mercury Race ci permette di poter personalizzare le nostre navi scegliendo i colori di abitacolo, carrozzeria e rifiniture, ma questa opzione risulta essere poco interessante e una volta usata per la prima volta, difficilmente si tornerà a mettere mano alla colorazione della nostra astronave.
In generale, i contenuti offerti sono pochi e poco stimolanti, e l’intero gioco esaurisce ogni sua attrattiva dopo un paio di ore.
Un mondo poligonale, un sound analogico
Il mondo di gioco è piuttosto gradevole alla vista e la grafica fa un lavoro discreto: i tracciati sono circondati da una serie di grandi strutture futuristiche composte da grandi poligoni che fanno la loro bella figura e non sono troppo invadenti. Il level design però è piuttosto ripetitivo e la struttura principale di ogni circuito pare ripetersi senza sosta, semplicemente allungata rispetto a un modello base. Non ci sono variante e gli unici elementi di circuito disponibili sono curve e rettilinei, azzardando solo qualche galleria nelle galassie più avanzate. Le Galassie sono poco differenziate tra di loro e semplicemente vedremo la stessa ambientazione ripetersi e ripetersi, e si noterà solo una maggiore complessità delle forme poligonali che compongono l’ultima Galassia… Ma niente di più. Devo fare un appunto molto grave a tutto questo: il gioco sembra non essere ottimizzato al meglio per il Software di Switch e spesso, dopo una sessione di trenta minuti, il gioco inizia a subire pesanti cali di framerate e arriva a bloccarsi del tutto. Un errore piuttosto serio che va risolto il prima possibile tramite una patch.
Una nota positiva è composta dal comparto sonoro: la musica in pieno stile synthwave registrata con dei veri sintetizzatori analogici fa il suo dovere di calarti nell’atmosfera ed è molto gradevole, al punto che potresti smettere di giocare per godertela.
Tiriamo il freno
Mercury Race è un gioco con diverse pecche: il pensiero dietro al gioco non è chiaro e in alcuni punti sembra essere stato progettato con molta fretta. I controlli ingestibili e il dover ricominciare ogni livello da capo in caso di distruzione del veicolo rendono l’esperienza, già di per sé molto breve, frustrante e poco piacevole. Non basta sicuramente una ambientazione cara a molti per assicurarsi di avere tra le mani un buon titolo.