Creare qualcosa di inedito, oggi, è sempre più difficile. Riuscire a ideare qualcosa che sia completamente libero da ispirazioni altrui è impossibile ma anche creare un prodotto che, nonostante alcuni tratti poco personali, urli con prepotenza la propria identità è un impegno creativo non di poco conto.
Per fare un esempio: Lies of P (di cui puoi leggere la nostra recensione per PlayStation 5) ha molto di Bloodborn, atmosfera inclusa, eppure riesce a imporre una propria identità, forte di un mondo creativo a sua volta estrapolato dalla storia originale di Pinocchio. Una storia che viene però modificata fin dall’ossatura, lasciando pochi elementi di richiamo.
Ma se nel caso di Lies of P la base narrativa, lo spunto creativo, il bagliore di vita, è comunque nato da una base narrativa pre-esistente, ci sono prodotti videoludici la cui narrazione, il cui mondo, si muove con leggi proprie. In queste leggi, c’è creatività. Con queste leggi, nascono mondi nuovi che gridano con prepotenza la loro identità.
Mondi nuovi e tutti da giocare
Guardando alle recenti uscite è impossibile non citare ULTROS, di cui puoi leggere anche la nostra recensione. Si tratta di un minimondo psichedelico, folle, viscerale, super colorato e che propone una serie di regole proprie, a loro modo uniche. L’insieme di queste regole rendono il mondo di ULTROS unico.
Basti pensare alla flora e alla fauna: ogni pianta ha una sua funzione nell’ecosistema del mondo di gioco diventando parte integrante del gameplay e offrendo al giocatore modi semi-inediti di esplorazione e sfruttando anche il loop temporale in modo ingegnoso e meno frustrante e ripetitivo. Ogni loop, infatti, velocizza la crescita delle piante.
Ogni pianta, nel suo svilupparsi, anche a seconda della superficie dove è stata impiantata, offre diversi punti di vantaggio ma anche svantaggio. Riguardo questi ultimi, puoi anche piantare vegetali molto aggressivi e posizionarli male… significa semplicemente farsi divorare e quindi dar vita a un potenziale nuovo nemico/stacolo.
E la fauna? Anche questa: ogni nemico è cibo. Quel cibo è utile per l’energia e per la propria esperienza (divisa in barre multicolore e ognuna idonea per determinate abilità temporanee). Questo sistema di cibo, queste regole proprie, reclamano identità. Un po’ come Made in Abyss, il cui manga e anime, e in parte anche il gioco, creano regole proprie imponendosi con brutalità nel nostro immaginario: basti pensare alla maledizione dell’abisso, alle caratteristiche di, appunto, fauna e flora.
Ma torniamo all’aspetto narrativo che dona identità a un mondo la cui comprensione non è mai del tutto chiara e limpida e in fondo è giusto così. La non comprensione di ciò che avviene, la mancanza di logica in quel che si fa è parte integrante del “nuovo mondo”. L’acquisizione di senso avviene con la conoscenza di quelle regole, con la loro accettazione.
Una volta compreso o anche solo intuito, o semplicemente assecondato, lo scopo del nostro percorso, ULTROS schiude al meglio il suo potenziale e ci permette di muoverci in un mondo che urla originalità da ogni fondale, da ogni anfratto architettonico stralunato e pazzo.
Un altro titolo che sfrutta questo tipo di creatività per dar vita a un suo mondo con leggi proprie per un viaggio altrettanto metaforico ma decisamente più inquietante è SCORN (qui a nostra recensione). Anche qui il mondo ci impone il suo brutale e oscuro sistema di esistenza. Senza sconto alcuno.
Si avanza a tentoni, tra enigmi viscerali, tra budella e orrori di ogni genere. Si prova ad avanzare in un percorso lineare e confuso fatto di racconti meramente estetici da incamerare e provare a tradurre. Perché questa è novità: cercare di tradurre quel mondo nuovo che hai dinanzi e in cui ti sei temporaneamente affacciato.
Chants of Sennaar (anche questo recensito da noi) va anche oltre. Questi ti insegna una serie di lingue nuove (seppur in modo ovviamente limitato e riduttivo), una gerarchia di classe in un mondo architettonicamente ispirato e che si snoda in una trama criptica e aulica. Ma torniamo al linguaggio: un linguaggio che si intreccia che si traduce con gli altri linguaggi in game.
Un sistema complesso, non per tutti, ma terribilmente affascinante fatto di simboli da intuire guardando cartelli, origliando discorsi altrui o azzardando ipotesi sul nostro quaderno. Ci si sente realmente come viaggiare in una terra straniera. Si ha il senso di voler comprendere. Di sapere e conoscere qualcosa di mai visto prima.
Eccolo il fascino di nuovi mondi, unici seppur ibridati da schemi ludici altrui. Pieni di detti e non detti, che si prestano a più viaggi per provare a viverli con stati emotivi diversi, alla ricerca di nuovi spunti, di nuovi scorci smarriti o ignorati.
Questo potere, quello di creare nuovi mondi, di osare, di chiedere all’utente un impegno maggiore, di essere ignorante e di sfidare se stesso nel muoversi in terre sconosciute, di lasciarsi meravigliare e stupire, quale che sia lo scopo del viaggio, è un qualcosa di sempre più raro.
Ma quando ti capita quel mondo, quando riesci a perderti e poi ritrovarti, a cogliere o interpretare un messaggio, quanto ti ritrovi fermo a interpretare qualcosa di mai visto, lì il videogioco vince ancora. Lì la creatività umana mostra ancora quanto può essere bella.