Sviluppato e pubblicato da Capcom in sinergia con Marvelous, Monster Hunter Stories è la remastered dell’omonimo titolo uscito originariamente come esclusiva Nintendo 3DS nel 2017. Si tratta di un gioco di ruolo a turni di stampo fortemente nipponico oltre che spin-off della saga principale da cui eredita atmosfera e soprattutto bestiario. Noi siamo tornati a occuparci di uova di mostro e non solo su PlayStation 4 e questa è la nostra recensione! Pronto diventare un rider?
Monster Hunter Stories: dal piccolo al grande schermo
Prima di approfondire la narrazione e il gameplay di Monster Hunter Stories, è bene fare alcune considerazioni. Prima di tutto, la natura stessa del gioco in sé. Si tratta essenzialmente di una remastered con alcune aggiunte extra. Questo capitolo viene venduto sia singolarmente sia in combo con il suo sequel ufficiale: Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin (qui la nostra recensione).
Il secondo capitolo, però, è una semplice trasposizione in quanto il titolo, pubblicato sempre da Capcom nel 2021, è nato su Nintendo Switch e si difende ancora discretamente bene. Il lavoro quindi maggiore, soprattutto in termini grafici, riguarda Monster Hunter Stories il capitolo in oggetto di questa recensione. Per quanto riguarda gli extra, Capcom ha incluso una sorta di museo con oltre 200 concept art che contengono anche inediti.
Non solo, la nuova versione di Monster Hunter Stories include una raccolta di brani tra cui alcuni leggermente ritoccati e infine ogni singolo aggiornamento che ha coinvolto il titolo fino a oggi e che riguardano principalmente la presenza di nuove creature e un’espansione post-game più alcuni elementi estetici per personalizzare il proprio protagonista. Insomma, si tratta di una versione completa con un aggiornamento non solo estetico ma anche e soprattutto sonoro che andremo ad approfondire a dovere nei prossimi paragrafi anche perché, l’elemento “inedito” che sorprende di più è il doppiaggio completo in lingua inglese e giapponese.
Una storia classica adatta a tutti
Monster Hunter Stories riuscì a colpire già al suo tempo grazie al focus, quasi inedito considerando la saga originaria, sulla narrazione. L’estetica colorata e simil “pocket” che andava a contornare un mondo vasto ma dalle radici sempre ben evidenti, ha dato vita a un titolo fortemente e sorprendentemente trasversale in grado di far divertire qualsiasi tipologia d’utenza, inclusi i più giovani.
Ma la scelta estetica non deve tradire le aspettative, Monster Hunter Stories sa raccontare una storia e sa anche regalare discreta sorprese sia in termini d’intreccio e relativo sviluppo sia per le tematiche trattate. Nulla di estremamente maturo ma è una storia che sfruttando i canovacci classici del tipico eroe, si espande su tematiche anche attuali e per certi versi quasi ambientalistiche.
Ma procediamo con ordine, noi impersoniamo “il protagonista”, un eroe personalizzabile e che ricopre il ruolo di “rider”. In parole povere: siamo un allevatore anche se il termine rider non è usato a caso visto e considerando che siamo in grado di cavalcare con un certo stile praticamente tutte le creature che ci ritroveremo ad allevare. Ma Monster Hunter ha nel suo stesso titolo tutt’altra identità e infatti, i rider non sono gli unici ad avere dei rapporti con le creature che popolano il mondo.
L’altra fetta “protagonista” sono i “Cacciatori”. Questi, come è scontato, cacciano le creature (definite Monstie) e mostrano uno stile di vita quasi del tutto diverso rispetto a quello dei rider. Inutile dire che chi proviene dalla saga principale di Capcom, non avrà problemi a familiarizzare e a ritrovarsi nei cacciatori anche se, il cambio di prospettiva nelle vesti di un rider offre notevoli spunti di riflessioni e si sposa perfettamente col genere di appartenenza di questo spin-off.
Ovviamente, il titolo non si fossilizza nel marcare le differenze di questi due stili di vita ma va oltre, aggiungendo la “classica” calamità apocalittica che accomunerà tutti in uno scopo unico: sconfiggere il “Flagello nero”. Ecco quindi che nel filone narrativo lineare trovano spazio momenti epici, parentesi umoristiche (grazie soprattutto ad alcuni comprimari), legami ed amicizia alla Dragon Trainer e tanto tanto altro per un prodotto che sul versante narrativo ha ancora oggi qualcosa da dire.
Un gioco di ruolo da non sottovalutare
Monster Hunter Stories è un gioco di ruolo a turni dall’impianto apparentemente classico e che strizza l’occhio tanto al mondo dei Pokémon quanto a quello, seppur in misura nettamente minore e più citazionista, dell’intramontabile primo Digimon World (qualcuno ha detto uova da allevare?). Prima di tutto, in quanto rider, il nostro compito sarà quello di allevare Monstie sin dalla schiusura delle rispettive uova.
Per gli amanti della saga principale, ti basti sapere che il titolo Capcom comprende un bestiario spropositato e che raggiunge le tre cifre e il tutto, permettendo una personalizzazione invidiabile. Cercare le uova, allevare nuoviMonstie e cambiare più e più volte team, è un’attiva che può creare forte dipendenza e che si avvicina pericolosamente al fascino della struttura alla Pokémon.
Monstie, scelgo te!
Non è un caso se abbiamo citato più volte la saga di GameFreak, Monster Hunter Stories condivide con Pokémon parte del sistema di combattimento. Anche nell’opera Capcom puoi creare un team di 6 creature che potrai cambiare nel corso del combattimento. Ma è sul campo di battaglia che emerge un aspetto interattivo più alla Digimon World. Il Monstie prescelto, infatti, non sarà solo.
A combattere col Monstie, ci sarà anche il protagonista il cui ruolo è principalmente quello di supporter ed healer. La nostra creatura, infatti, agirà da sola ma potrà subire, come in Digimon World, i comandi da parte del nostro protagonista. Questo mix racchiude un livello di strategia notevole, agevolato da un sistema simil morra cinese che detta le caratteristiche di fondo delle varie creature e il rispettivo sistema di bonus e malus.
Ecco quindi che avere una squadra equilibrata e soprattutto varia, può agevolarci dall’uscire illesi da quasi ogni sfida. A tal proposito, il livello di difficoltà di Monster Hunter Stories non è da prendere sottogamba, riuscendo a offrire combattimenti anche di un certo livello seppur mai esageratamente proibitivi. Altro momento in cui potrai esibire il tuo team è la modalità multigiocatore competitiva che regala piacevoli pause fuori dalla campagna principale.
Presente anche un sistema di crafting che richiama con una certa prepotenza al capitolo originale seppur meno articolato e con qualche limitazione in più. Anche in Monster Hunter Stories, infatti, potrai craftare armature, armi e oggetti. Anzi, il risultato dello scontro dipende anche dal set che decideremo di equipaggiare e dagli oggetti che ci porteremo dietro. Inutile dire che il crafting va di pari passo con l’esplorazione, già di suo potenziata dalla ricerca (prevalentemente opzionale) di uova da intercettare ed allevare.
Chiudiamo il paragrafo sul gameplay con una premessa doverosa: Monster Hunter Stories è sì una trasposizione del primo capitolo della saga spin-off firmata Capcom ma rimane pur sempre il primo capitolo senza alcun intervento ludico significante. Cosa significa questo? Significa che, se messo a confronto col sequel, più di un aspetto ludico, ma anche tecnico, può prestare il fianco a mancate rifiniture e a diverse incertezze.
Tutto ciò è dovuto a un capitolo d’esordio che andava ad affrontare un rischio non indifferente: quello di mutare l’impianto ludico di una saga solida e in continua crescita. Il successo del primo capitolo, causa della nascita del sequel, è quindi un qualcosa non di poco conto. Il sequel, d’altronde, è una naturale evoluzione del capitolo d’origine con un potenziamento di praticamente ogni aspetto. Impossibile quindi aspettarsi un titolo alla pari col successore anche se Monster Hunter Stories rimane un ottimo gioco a cui il sequel deve tutto.
Grafica e sonoro
Monster Hunter Stories torna da noi prima di tutto con un aspetto rivisitato. Siamo onesti: su uno schermo più grande la sua natura da gioco portatile emerge con una certa prepotenza prestando il fianco con aree spoglie e una scarsa cura dei dettagli. Eppure, siamo dinanzi a un titolo già al suo tempo molto furbo e che riesce a nascondersi dietro il colore acceso e a offrire in cambio una fluidità soddisfacente e con pochissimi rallentamenti.
Ricordiamo a tal proposito, che si tratta di una remastered e non di un remake e quindi l’intervento grafico al netto del titolo d’origine e comunque più che positivo. Tutt’altro discorso invece per il sonoro dove spicca un inedito doppiaggio totale sia in inglese che in giapponese. Tale aggiunta, più che gradita, potenzia l’immersione nel gioco ed evidenzia la cura riposta da Capcom in questa trasposizione. Infine, confermata la presenza dei sottotitoli in lingua italiana.