Sono anni che vediamo comparire giochi pesantemente ispirati a Lovecraft, lo si nota in Call of Chtulhu di Cyanide o The Sinking City di Frogwares, uscito nel 2018, o nel triste e malriuscito Conarium dell’anno precedente. Questo 2019, invece, ci regala una piccola e sopratutto inaspettata, perla per gli amanti dello scrittore di Providence, Moons of Madness, un titolo del piccolissimo studio di sviluppo norvegese Rock Pocket Games che per il limitatissimo budget potrebbe essere considerato un indie. La qualità di quest’avventura sulla terra rossa di Marte sembrerebbe, tuttavia, avere tutte le carte in regola per essere uno dei migliori giochi ispirati dall’orrore cosmico.
“Momma’s Boy”
La storia di Moons of Madness è sicuramente la motivazione più giusta per giocare e comprare questa breve, ma intensa, esperienza. Alcuni scienziati di una facoltosa azienda, chiamata Orochi, intercettano un misterioso segnale proveniente dallo spazio, messaggi di forme intelligenti provenienti da Marte. Vestirai quindi, i panni di un ingegnere chiamato Shane Newehart, un tecnico di stanza presso l’Invictus, una base marziana allestita dalla stessa Orochi. Sarai all’oscuro dell’esistenza del segnale misterioso, un sogno premonitore ti porterà fin dall’inizio in medias res, mostrandoti cosa accadrà subito dopo: l’interno della base è completamente ricoperta da un sostanza nera e purulenta, dalla quale, in punti di maggior concentrazione, escono fuori tentacoli scuri e disgustosi.
Al risveglio guiderai Shane nello svolgimento delle mansioni di routine della base, nel quale, il tuo compito sarà inizialmente di mantenere tutto funzionante fino all’arrivo dell’equipaggio della Cyrano, a cui è dato il compito di dare il cambio alla tua squadra. Cominceranno tuttavia a verificarsi i primi malfunzionamenti, in una spirale di eventi tali da portare alla luce un esperimento (andato male) della xenobiologa Inna Volkova, rea di aver fuso alcune piante con un patogeno alieno dalle potenzialità pressoché illimitate. Questo patogeno, definito la manifestazione del “Marcio“, ormai un ossessione per l’Orochi, è collegato in qualche modo a Cynthia Newehart, madre del protagonista. Sembra infatti che la donna fosse una scienziata con forti interessi per la pseudoscienza, oltre a scrivere libri sui grandi sognatori e sugli spazi oltre la dimensione del sogno. Cosa striscia e gorgoglia fra le lune di Marte, Phebos e Deimos? Quali sono le intenzioni di Orochi e che legame hanno con la madre del povero Shane? Lascio a te la possibilità di scoprire tutto questo.
La strada verso la follia
Credo sia doveroso precisare quanto Moons of Madness sia un titolo Story-Driven. Per questo motivo, se non sei avvezzo al genere walking simulator, abbandona questa nave prima di cominciare il viaggio, anche perché effettivamente, a parte una solida interazione con l’ambiente, il gameplay di Moons of Madness è davvero ridotto all’osso: il gioco non presenta alcun combat system o componente stealth. Nonostante questo, il gioco di Funcom non lascia mai quella sensazione di pesantezza e di noia già rilevato nel suo genere di appartenenza, e in questo è aiutato dall’originale introduzione del biometro, uno scanner (simile a un touchpad) in grado di farci connettere da remoto e interagire con vari supporti tecnologici.
Il merito di questa piacevolezza nel giocare Moons of Madness è da ricercarsi nella storia ben scritta, scorrevole, caratterizzata da continui colpi di scena, ma sopratutto intrisa dall’opprimente e onnipresente sensazione di essere seguiti o comunque di trovarsi in pericolo. Saranno davvero rari (e preziosi) i jumpscare, così come i momenti in cui sentirai di poterti rilassare! Di solito le sezioni più tranquille corrispondono ai puzzle che l’avventura propone, utili proprio a frenare la discesa verso la pazzia verso cui incespica il povero Shane.
I puzzle sono quasi tutti ben riusciti e quasi mai frustranti, ma attenzione non sottovalutarli! Non sono così scontati come ci si potrebbe immaginare in un survival horror incastonato in un walking simulator come questo. Pur fornendo gli indizi per la loro risoluzione, molti degli enigmi del gioco sono molto ben contestualizzati e richiedono la conoscenza di precetti scientifici, rendendo quasi sempre molto credibile o verosimile ciò che stiamo facendo. Tuttavia, può accadere che, questi enigmi richiedano un tale ragionamento da far perdere più tempo del necessario, spezzando un pochino l’atmosfera di gioco. Nonostante questo l’avventura comunque non raggiunge più delle 5/6 ore totali.
Moons of Madness si suddivide in due sezioni ben definite, due spazi contemporaneamente esistenti posti tuttavia su piani della realtà differenti. Per la maggior parte del tempo ci muoveremo in ciò che noi uomini consideriamo reale, tangibile, alla ricerca di una soluzione concreta agli orrori che si accavallano e strisciano su Marte in nome del Marcio. Quando l’influenza dei due satelliti di Marte sarà troppo forte per poterli sfuggire, capiterà spesso di raggiungere i già citati spazi oltre la dimensione del sogno, per sprofondare poi in ricordi che tali sarebbero dovuti rimanere. Chiaramente sono queste le sezioni che più si rifanno a Lovecraft e benché molto ispirate e piuttosto inquietanti, non si limitano soltanto a scimmiottare il maestro di Providence, ma aggiungono molto del loro. Oltre a qualche forte richiamo, atto a impreziosire il delirio, il palcoscenico regge la storia originale e la forza artistica del titolo, non l’immaginario scrittore.
Per farla più semplice Moons of Madness rimarrebbe in piedi anche senza citare le maledizioni del Necronomicon o altri riferimenti: anche senza l’influenza di Lovecraft, la discesa della follia su Marte, nella storia, avrebbe comunque emanato un carisma e una brillantezza tutta sua. Al contrario di molte produzioni, nate con il solo intento di rappresentare l’orrore cosmico fallendo poi come videogiochi, Moons of Madness risulta un titolo molto solido, in cui le citazioni a Lovecraft arricchiscono un piatto già pronto ad essere servito.
Com’è il panorama su Marte?
Grazie all’ausilio del motore grafico Unreal Engine e della sua natura estremamente versatile, Moons of Madness riesce, al netto di un budget estremamente basso, a restituire un colpo d’occhio più che piacevole. Certo, non è tutto oro quel che luccica; le animazioni talvolta sono un po legnose, alcuni modelli poligonali (e facciali) non hanno ricevuto la cura che forse avrebbero dovuto avere, alcune texture (non di rilievo per fortuna) sono piuttosto povere, è presente qualche compenetrazione piuttosto fastidiosa e in generale si nota che non si sta comunque giocando un titolo tripla A.
Queste piccole sbavature, tuttavia, non pesano più di tanto in quanto inabissate da un ottima cura e diversificazione degli ambienti, da un ottimo level design degli stessi, ma sopratutto da una direzione artistica estremamente ispirata, in linea con le atmosfere Lovecraftiane, che consente un esplosione d’immagini davvero indimenticabili per un appassionato dello scrittore.
Non può dirsi altrettanto riuscita la colonna sonora, per lo più anonima e dimenticabile. La musica serve solo a potenziare i momenti di tensione, un obiettivo non particolarmente raggiunto. Molto buono invece il doppiaggio, con qualche sbavatura nella sincronizzazione audio/video nel momento in cui ci si ritroverà a parlare con qualcuno. Ottimi e curatissimi invece i suoni ambientali, che riescono a far immergere il giocatore facendogli realmente credere di essere il protagonista di una missione spaziale.