Morbid: The Seven Acolytes si presenta fin da subito come un soulslike che unisce le atmosfere e lo stile di gioco tipico di questo sottogenere emerso di recente con una grafica ed un gameplay isometrico alla Zelda (per quanto, in realtà, per certi versi mi ha più ricordato Alundra). Partiamo dal presupposto che i soulslike sono la moda del momento, ma che realizzarne uno che sia soddisfacente è più difficile di quanto sembri. Non è da tutti bilanciare le giuste atmosfere ed il giusto livello di profondità con una storia profonda ed un gameplay vario. Morbid: The Seven Acolytes riesce nell’impresa?
Prima di cercare la nostra risposta nella recensione di oggi, spendiamo due parole su chi ha creato e distribuito Morbid: The Seven Acolytes. Dietro al gioco c’é lo studio indie di Still Running. Fondato nel 2014, questo consiste in niente meno che ben 6 persone e fino a Morbid: The Seven Acolytes aveva prodotti solo giochi decisamente assurdi… tipo The Walking Vegetables. Ok. Dietro la distribuzione, invece, c’é niente meno che Merge Games, azienda che già si è occupata di distribuire titoli indie di rilievo come Dead Cells e Darkest Dungeon. Insomma, non proprio gli ultimi arrivati ed infatti Morbid: The Seven Acolytes è disponibile sia per Steam che per tutte le console di ultima generazione. Ci stanno puntando davvero tanto. Ne vale davvero la pena?
Un orrore inimmaginabile
Partiamo dalla storia che, come tipico per i soulslike, è giusto accennata all’inizio e va approfondita via via che si gioca. In Morbid: The Seven Acolytes andremo ad impersonare l’ultima striver di Dibrom, un ordine di guerrieri fondato per opporsi a delle entità di un’altra dimensione chiamata Gahar. Queste possono invadere il nostro mondo andando a possedere le creature organiche per mutarle in mostruosità orripilanti piene di tumori di carne e tentacoli. L’ordine doveva fermarle, ma qualcosa è andato molto, molto storto e i sette accoliti che dovevano opporsi ai Gahar si sono ora fusi con loro diventando entità potentissime che desiderano solo morte e distruzione. Questo ha portato ad una completa perdita di speranza dell’umanità e al quasi totale annichilimento di tutti gli striver. Tutti tranne uno che, risvegliatosi su una spiaggia, ora ha il difficile compito di uccidere i 7 accoliti.
Ovviamente questa è solo una premessa e lasciami subito dire che la lore di Morbid: The Seven Acolytes è davvero profonda e vasta. Ogni singolo oggetto, personaggio, luogo o nemico ha una propria storia che è possibile leggere per aggiungere un tassello al quadro d’insieme. L’atmosfera del gioco è poi semplicemente perfetta. Puro horrorpunk di finissima qualità. Se già i soulslike devono tantissimo alla letteratura di H.P. Lovecraft, Morbid: The Seven Acolytes la cita apertamente a più riprese tra umanoidi dalla testa di calamaro, famiglie di cannibali mutaforma e congegni tecnologici arrugginiti ed arcaici. Questo gioco è un viaggio nei peggiori incubi dell’umanità.
Soli contro la follia
Una volta avviata la partita, non ci sarà alcuna introduzione, nessun tutorial. Pronti, via e ti troverai a muovere la tua striver nel corrotto mondo di Morbid: The Seven Acolytes. I comandi sono abbastanza simili a quelli di un soulslike, soprattutto a Bloodborne. Ci si muove in tute le direzioni con la levetta sinistra, si possono eseguire due attacchi con l’arma da mischia (uno veloce ed uno lento, ma più letale) e anche un attacco a distanza con un’arma da fuoco. Con gli altri tasti si può eseguire la tipica piroetta/schivata, si può correre, si possono raccogliere gli oggetti o ci si può muovere di soppiatto per cogliere alle spalle i nemici. Si può anche parare, ma tale parata dura un istante e ci vuole una buona dose di tempismo. Se si para un attacco, si può anche subito contrattaccare per infliggere più danni.
In alto a sinistra dello schermo, come di consueto, è possibile vedere la propria barra della vita e quella della stamina (che si abbassa ad ogni azione). Sotto di essa ci sono le munizioni nell’arma da fuoco e a sinistra una barra verticale viola che rappresenta la nostra sanità mentale. Più è bassa, più i mostri saranno numerosi e forti. Ouch. Il cervello indica invece l’esperienza. Più esperienza guadagnamo, più il cervello sarà immerso in un liquido giallo. Premendo un tasto si può aprire il proprio inventario per cambiare le armi e inserire altri oggetti da utilizzare rapidamente. Questi, come tipico dei soulslike, vengono disposti sulle frecce direzionali, con quella in basso, che non può essere cambiata, che è il Cuore di Dibrom, praticamente la fiaschetta dei Dark Souls. L’equipaggiamento disponibile è molto, molto vario tra sei categorie di armi, oggetti consumabili, funghi per potenziare temporaneamente con un elemento i nostri attacchi e rune per assegnare bonus permanenti alle armi.
Usando queste poche capacità, dovremo quindi iniziare ad esplorare il vastissimo mondo di gioco. Questo è suddiviso in regioni tematiche, ognuna riconoscibile per via di un tema portante principale (tipo la spiaggia con le coste, i mostri marini, le alghe e le caverne sommerse), che a loro volta sono divise in varie zone. Passare da una zona all’altra, rigenera tutti i mostri presenti, ma anche alcuni oggetti (quelli negli scrigni). Ti dico subito che queste zone sono vastissime e che non esiste alcuna mappa in gioco. Per quanto capisco la scelta dietro questa decisione, devo dire che questo è il difetto più grosso di Morbid: The Seven Acolytes. La visuale isometrica rende dannatamente facile perdersi e non sempre è possibile usare i mostri morti come segnaposto. Alla fine mi sono trovato a designare le mappe su un foglio di carta per evitare di girare in tondo per ora (cosa che è successa più volte comunque).
Sparsi per ogni zona ci sono anche delle lastre che altro non sono che i tipici falò di Dark Souls, ovvero dei checkpoint a cui tornare quando perdete tutta la vita e in cui potete compiere varie operazioni. Meditare rigenera vita, salute mentale e utilizzi del Cuore di Dibrom, ma resuscita anche tutti i mostri uccisi (tranne i boss). La sezione quest ti permette di vedere tutte le missioni secondarie attive (ne parliamo meglio dopo) mentre quella travel ti permette di viaggiare di zona in zona. Questa inizialmente non è chiara come funzioni, ma in pratica il viaggio non va da lastra a lastra, ma ti porta al punto di ingresso scelto di una zona (una zona può avere tre totem, ma un solo punto di ingresso). C’ho messo un po’ a capirlo. Morbid Menagerie è infine l’enciclopedia del gioco dove puoi leggere o rileggere tutta la lore scoperta fino a quel momento. Dopo aver ucciso il primo accolito, inoltre, potrai sfruttare l’esperienza ottenuta per equipaggiare e potenziare le benedizioni raccolte, andando così ad aumentare varie tue statistiche in un sistema di level-up non molto intuitivo.
Ovviamente le regioni e le zone sono tutt’altro che vuote. La maggior parte è popolata da orde e orde di creature, alcune statiche e solo parzialmente aggressive (tipo le spore di carne presenti praticamente ovunque) mentre altre estremamente pericolose, pronte ad attaccarti a vista. Ogni creatura tranne le spore di carne ha una propria barra della vita che gli compare sopra la testa o quando viene attaccata o quando ti vede ed inizia quindi a muoversi verso di te (se può) per attaccarti attivamente. Se colpisci una creatura prima che questa ti veda, gli infliggerai più danni e per questo è spesso fondamentale muoversi lentamente, magari nascondendosi nell’erba alta. La vita di una creatura dipende sia dalle sue statistiche che dal grado di sanità mentale dello striver e alcune creature particolarmente grandi e pericolose ne possono generare altre. Ovviamente oltre alle creature ci sono anche alcuni NPC con cui è possibile parlare, alcuni dei quali daranno delle missioni da completare per ottenere in cambio delle ricompense.
Esistono poi due eccezioni alle tipiche creature, riconoscibili perché non si rigenerano quando il nostro eroe muore (tornando all’ultima lastra visitata), medita o cambia zona. La prima sono i muri di carne, dei grossi bulbi tentacolati che impediscono il passaggio fino a quando non viene distrutto il loro cuore, un grosso tumore di carne rossastro. Infine ci sono i boss, creature mostruose enormi dotate di una colossale barra della vita che si vede sulla parte bassa dello schermo. Quando questi vengono ingaggiati, l’intera arena viene chiusa da dei muri di carne che non cadono finché il boss non viene ucciso. Ovviamente i sette accoliti sono boss, ma il mondo di Morbid: The Seven Acolytes contiene davvero tantissime creature orripilanti e temibili anche senza dover ricorrere a loro.
Uscito dai tuoi peggiori incubi
La parte artistica di Morbid: The Seven Acolytes è sicuramente il suo fiore all’occhiello, soprattutto se andiamo a vedere il design del mondo di gioco. Basta una sola occhiata alla prima regione, una spiaggia grigia e morta cosparsa di tumori di carne e cadaveri di pesci mutati, per percepire l’intera atmosfera di un gioco che sembra prendere spunto direttamente dai tuoi peggiori incubi. Ogni singola regione sembra urlare in faccia al giocatore quanto tutto sia sbagliato, quanto le cose siano andate dannatamente storte in questo regno e quanto il mondo di gioco sia ormai ad un passo dalla catastrofe. Anzi, tale catastrofe è probabilmente già avvenuta e l’impressione è proprio quella di vagare in un mondo morto e ormai al di là di ogni salvezza.
D’altronde i pochi esseri umani sopravvissuti appaiono malati, macilenti, corrotti dai Gahar e senza alcuna ombra di speranza. La maggior parte è seminuda a terra tra le carcasse, completamente ubriaca e sudicia. Molti di loro non sembrano neanche più umani e più volte ho attaccato un semplice NPC credendolo un mostro (fortunatamente questi non possono essere colpiti). I mostri stessi conducono questi concetti all’estremo. Creature orripilanti, vomitevoli e disgustose, coperte di piaghe, sporcizia e carne marcia che si aggrappa disperatamente allo scheletro. Molti di loro mantengono una certa somiglianza con ciò che erano prima, ma tutto è mutato in modo contorto. In questo senso un plauso anche agli effetti sonori che sono sia appropriati che maledettamente disgustosi. Uccidere una di queste creature è come schiacciare un enorme brufolo pieno di pus. Si, fa schifo. Lo so.
Dove poi la corrotta e deviata fantasia degli sviluppatori da il suo meglio, è nei boss. La maggior parte di questi non sono solo enormi, non solo hanno tutte le disgustose caratteristiche rivoltanti delle creature normali, ma sono a loro modo unici e riflettono alla perfezione la lore che sta alle loro spalle. Tra capitani di nave che sono diventati tutt’uno con i relitti della loro imbarcazioni a enormi mammut pieni di pustole passando per colossali rospi vomita mosconi e “madri” di famiglie cannibali che si sono fuse con mannaie e calderoni. I sette accoliti ovviamente hanno un posto speciale in questa categoria. Ognuno di loro è a dir poco spettacolare, per quanto, per ora, il premio di boss più disturbante lo ha vinto l’accolito che è una regina che usa come arma IL SUO FETO ATTACCATO AL CORDONE OMBELICALE. Santo cielo.
Se il design è sicuramente qualcosa di stupefacente, lo stesso non si può dire della musica di sottofondo. Sia chiaro, questa non è male, è molto appropriata e riesce, soprattutto negli scontri contro i boss, ad esprimere al massimo l’epicità di una battaglia. Tuttavia, nelle lunghe fasi di esplorazione, risulta molto ripetitiva e giusto passabile. Nessuna sinfonia memorabile mentre si vaga da un sentiero in una palude agli scalini di un castello. E se è vero che le musiche ultra-epiche dei boss sono spettacolari, per il 90% del gioco noi sentiremo le altre. Diciamo che qui si poteva fare un pochino di più, ma questo non lo giudico neanche come un difetto. E’ un elemento che semplicemente non ricorderai a lungo.
Zelda incontra Bloodborne
Morbid: The Seven Acolytes è tutto tranne che perfetto, sia chiaro. Il gioco è un tipico soulslike quindi è molto ripetitivo e frustrante, l’assenza di una mappa di riferimento si avverte tantissimo, così come quella di un’introduzione un po’ più user-friendly perché alcuni elementi di gameplay sono tutto tranne che intuitivi. Aggiungiamo inoltre che a volte i comandi non si sposano bene con la visuale isometrica e tendono ad essere imprecisi, soprattutto quando si usano le armi da fuoco. Mirare con queste mentre ci si muove è l’inferno in terra, credimi. Tutti questi problemi, però, passano in secondo piano davanti all’enorme lavoro qualitativo che è stato riposto in questo titolo che riesce ad essere sia soddisfacente che coinvolgente, vario e profondo. Mica poco.
Insomma, ormai lo avrai capito. Se ti piace il genere dei soulslike DEVI acquistare Morbid: The Seven Acolytes. Certo, non è un titolo per tutti. I toni horror-splatter sono pesantissimi e se non credi di sopportare la vista del sangue e la violenza grafica, cambia proprio idea perché qui ce ne è a palate di entrambe le cose. Stesso discorso se ti ritieni una persona sensibile, emotiva e facilmente impressionabile o se non hai una buona pazienza. Ripeto, non è un gioco per tutti, ma se, detto questo, vuoi provarlo, lo trovi sia su steam che su PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch.