Sviluppato da 18Light Game Limited e pubblicato da PQube, NanoApostle è uno spietato action game in 2D con visuale dall’alto incentrato sullo scontro con i boss. Un boss rush in salsa fantascientifica con una narrazione infarcita da misteri da svelare e che si insinua fra una lotta e un’altra. Noi abbiamo collezionato dolorose sconfitte e soddisfacenti ma sudatissime vittorie su Nintendo Switch e questa è la nostra recensione!
NanoApostle: di una bambina e delle sue nanomacchine
Dopo avervi raccontato la presentazione e quindi la prima apparizione ufficiale di NanoApostle, siamo pronti a narrarvi com’è l’avventura di Anita e di Apostolo, un duo che, lo diciamo da subito, intriga e funziona, riuscendo con poche battute a catturare l’interesse nonostante un’idea di fondo non proprio originale. Ma se c’è una cosa che funziona in NanoApostle è proprio l’intreccio misterioso che sceglia una via fatta di detti e non detti, di flashback, di briciole di indizi sparpagliate in dialoghi dal ritmo altalenante, per condividere una storia comunque gradevole.
La protagonista, come anticipato, è Anita e si tratta di una bambina soggetta a sperimentazioni genetiche di vario genere e inizialmente poco approfondite. Grazie a tali esperimenti, la giovane protagonista è in grado di affrontare feroci battaglie nonostante sia completamente estranea alla violenza. Come? Ma grazie all’utilizzo di Apostolo, un’entità nanomeccanica senziente e dotata di intelligenza artificiale che ricopre un ruolo ibrido. Inutile dire che del cast è proprio Apostolo a spiccare con battute ironiche involontarie e una “crescita” quasi emotiva anche se, nuovamente, non proprio originale.
Il duo quindi funziona, l’innocenza di una bambina imprigionata e ignara della sua stessa storia si fonde alla spietata freddezza di una macchina il cui scopo è cercare di tenere in vita la stessa bambina e di farle superare indenne le prove a cui è chiamata. Tali prove non sono altro che una serie di spietati scontri con altri prototipi biomeccanici, delle vere e proprie armi di devastazione oltre che ulteriori esperimenti. L’idea di fondo richiama un po’ Outlast Trials (di cui puoi leggere la nostra recensione) e anche nell’opera targata PQube non mancano momenti crudi e violenti, seppur il tutto è tradotto in salsa pixel.
Un gameplay senza sconti
Come è crudo e violento il gameplay e l’esperienza stessa. Lo diciamo da subito: NanoApostle non è per tutti. Richiede una mole di pratica e pazienza sin dal primo combattimento. In effetti, già il tutorial, che ci vede contro un bot immobile, riserva qualche cenno della vera difficoltà del titolo. Si tratta di un action 2D dove concatenare combo (ravvicinate e a distanza) cercando di schivare, parare e contrattaccare in modo quanti più perfetto possibile.
Gli scontri coi boss sono l’ossatura della trama principale, il nucleo dell’intera esperienza. Un’esperienza lineare e priva di alcun tipo di sconto. Non ci sono scorciatoie. In NanoApostle sei chiamato a perdere ancora e ancora, cercando di memorizzare i pattern d’attacco dei nemici, i loro proiettili, il range di attacco ed eventuali punti deboli. Gli scontri sono veloci, in alcuni casi fin troppo caotici (non sempre è chiaro l’impatto dei proiettili o di alcuni colpi) e basta una minima distrazione per essere sopraffatti.
Anita è dotata di molteplici tipologie di attacco e di una schivata che la rende anche per qualche secondo immortale ma nonostante ciò, rimane estremamente vulnerabile. Pochi colpi e ti tocca rifare l’intero scontro. In nostro soccorso ci sono delle cure, ossia dei consumabili che richiedono però un tempo di animazione da tenere a mente e che, ironicamente, può costarci la pelle. Inoltre, ricorda che Anita possiede anche un proiettile a distanza, una sorta di raggio, che può avvantaggiarti in rare occasioni.
Occasioni che diminuiscono man mano che si progredisce, tenendo anche in considerazione che i boss sono prevalentemente multi-fase, mutando se stessi, i pattern d’attacco e in alcuni casi persino l’arena stessa, dando vita a molteplici tipologie di pericolo e rendendo il tutto ancora più complesso da memorizzare. Insomma, sconfiggere un boss al primo tentativo è quasi impossibile. In compenso, il titolo offre anche un sistema denominato “Destruction Point” che ci permette di localizzare e sfruttare i punti deboli del nemico, aumentandone i danni correttamente inflitti.
Allenati e migliora
Se le sfide coi boss risultano estremamente complesse e con la frustrazione che può affacciarsi dietro l’angolo già alla prima sfida, il “Challenge System” può risultare anche peggio. Di che cosa si tratta? Sono una serie di sfide opzionali con cui puoi sbloccare dei punti abilità da spendere nello “Skill Module”. Quest’ultimo è un elenco di abilità che offrono una serie di bonus passivi (come l’incremento dell’energia vitale) utilissimi per affrontare i vari boss. Ma tali abilità si sbloccano gradualmente e vanno successivamente acquistate coi già citati punti abilità.
E rieccoci al “Challenge System”, una modalità che in alcuni casi è più crudele dei boss stessi oltre a essere abbastanza sciapa e noiosa. Tali sfide possono variare da semplici percorsi ad arena con orde di nemici (tutti uguali e poco accattivanti rispetto ai vari boss) a ulteriori percorsi lineari con trappole da schivare. In breve, anche qui si muore tantissime volte in più, per ottenere più punti, sei chiamato a battere determinati record alcuni molto difficili da raggiungere.
Grafica e sonoro
Graficamente parlando, NanoApostle è un prodotto altalenante. Scenari e location, soprattutto per nelle Challenge System, risultano anonimi, piatti, vuoti e poco ispirati. D’altrocanto, minion esclusi, boss e protagonisti sono realizzati in modo accattivante, impreziositi da animazioni credibili e gradevoli. Discorso analogo per il sonoro, che funziona praticamente in tutte le sue sfaccettature senza però riuscire a essere memorabile.
Da segnalare la totale assenza della lingua italiana, non sono presenti neanche i sottotitoli. In compenso, l’opera PQube si difende decisamente bene in entrambe le modalità dell’ibrida Nintendo con quella portatile particolarmente idonea per poter imprecare ovunque ti trovi.