Ormai da anni, se penso al videogioco sportivo per eccellenza mi viene in mente NBA 2K; nonostante sia una serie annuale, per ogni uscita c’è qualche novità da provare o piccola miglioria che ci rende piacevole tornare sul parquet.
Questo avviene anche in NBA 2K24 che, oltre ad essere un degno successore del capitolo precedente, segna anche il 25esimo anniversario della serie.
Black Mamba forever
Il primo aspetto che salta all’occhio, già dal filmato introduttivo, è come anche quest’anno il gioco sia una grande dedica al compianto Kobe Bryant, che ci ha lasciato troppo presto nel 2020 con gli occhi pieni delle sue magie sul campo di gioco.
In questa edizione del gioco, inoltre, l’omaggio si concretizza con l’introduzione della modalità Mamba Moments che, similmente a quanto avviene con i titoli dedicati alla WWE (e a quanto visto lo scorso anno con la Jordan Challenge), ci darà la possibilità di ripercorrere la carriera di Bryant attraverso i suoi momenti più importanti.
Si tratta quindi di una serie di incontri realmente avvenuti, in cui il gioco ci assegna degli obiettivi da raggiungere (rimbalzi conquistati, punti segnati ecc), ricalcando le prestazioni del Mamba.
Modalità Carriera in NBA 2K24
Una delle modalità secondo me meglio riuscite degli ultimi anni è la modalità Carriera, che lo scorso anno ci portava dentro e fuori dal campo alle prese con la vita di una Rookie d’oro da far crescere fino a raggiungere livelli da sogno.
Tra l’altro, anche quest’anno l’app companion My Nba 2K24 ci consente in pochi istanti di effettuare una scansione del nostro viso da importare sul personaggio creato, così da creare un nostro vero e proprio alterego virtuale.
Il tutto seguendo una storyline molto presente, con numerosi dialoghi e video di intermezzo; questa soluzione, che un po’ appesantiva le partite, non deve essere piaciuta molto neppure a 2K e Visual Concept dal momento che è stata alleggerita di molto.
Quest’anno abbiamo una storia più snella, che segue le vicende di una giovane promessa di terza generazione che il giocatore può gestire come meglio preferisce, godendosi al tempo stesso quello che la Città offre quest’anno.
A proposito della Città, quest’anno ci troviamo in un’ambientazione che ricorda Miami e che, diversamente da quella del capitolo precedente, appare piena di vita e attività. Ad ogni angolo troveremo un campetto dove giocare, qualcuno con cui interagire o negozi in cui entrare.
Il che ci pone davanti al problema principale della Carriera e dell’intero gioco: le microtransazioni. Come l’anno scorso, per acquistare cosmetici e aumentare le statistiche, sarà indispensabile spendere soldi in valuta virtuale: più che l’anno scorso, il gioco sembra quasi costringerci a spendere i nostri sudati soldi per acquistare la VC, che praticamente è indispensabile ad un certo punto.
In buona sostanza, la Città diventa una capitale dell’inflazione, dove il giocatore viene invogliato a comprare di tutto di più a prezzi esorbitanti in termini di VC, se paragonati ai nostri guadagni.
Il che ci obbliga ad ore ed ore in cui più che giocare saremo costretti a grindare, dal momento che il tutto si ripercuote anche sull’avanzamento della carriera.
Se il problema della moneta virtuale riguardasse solo ed esclusivamente gli oggetti decorativi (abiti, mezzi di trasporto ecc), non sarebbe granchè importante nell’economia di gioco; ad un certo punto è probabile che ci troveremo in un circolo vizioso per cui il nostro alterego non sarà abbastanza sviluppato di vincere le partite, ma non vincendo le partite non riusciremo a progredire.
E’ come se il gioco facesse di tutto per farci aprire il portafoglio, al fine di avere un’esperienza più bilanciata, di sana competizione: questo accade anche con le edizioni “premium” come la Black Mamba Edition oggetto di questa recensione, che ci consegna un personaggio con un overall iniziale intorno al 70 e 100.000 VC. Ti lascio immaginare se giochi con la versione base, per cui ti toccherà spendere intorno ai 50.000 VC (se ho fatto bene i conti) per avere un giocatore appena decente.
Un’altra scelta un po’ assurda è quella fatta per il sistema delle abilità, con gli ormai classici badge: in questa edizione la loro efficacia e il livello di rarità (quindi in definitiva di importanza) andrà a crescere o diminuire a seconda del loro utilizzo e della percentuale di successo.
Qui magari l’intenzione era realmente quella di creare un’esperienza di gioco personalizzata, ma il rischio che una gestione del genere porti più danni che benefici è innegabile.
MyTeam
MyTeam è una modalità che è rimasta sostanzialmente invariata rispetto allo scorso anno, con una formula che ricorda molto da vicino la Ultimate Team di FIFA/EA FC: nei panni del General Manager di una franchigia dovremo spendere il nostro tempo e i nostri denari per costruire la squadra dei nostri sogni; uniche differenze rispetto al passato alcune introduzioni sulla gestione dei contratti, tipo l’introduzione di un Salary Cap prefissato, che rispecchiano quanto avviene nella realtà.
Stranamente, sono state completamente rimosse le aste, che avevano il compito importante di consentirci di guadagnare sulle card che non utilizzavamo e al tempo stesso spendere i ricavati acquistando da altri giocatori.
La mia NBA e The W
Le ultime due modalità sono MyNBA e The W, che ritroviamo rispetto al passato. L’elemento sicuramente più interessante de La Mia NBA risiede nella possibilità di giocare le cosiddette Ere:oltre a dirigere un team attuale della federazione nordamericana, il giocatore può decidere di pescare all’interno di un periodo storico ben preciso e prendere in mano le redini di una franchigia da portare alla gloria.
Alle 4 ere già presenti ovvero epoca moderna, periodo Magic Johnson e Larry Bird ed epoca Jordan è stata aggiunta una nuova possibilità ovvero l’Era Lebron James che ci vedrà catapultati negli anni 2010 pronti ad unire le forze con LBJ nella sua scalata verso l’anello con i Miami Heat. Oppure mettergli i bastoni tra le ruote e cancellarne la leggenda…
Inoltre, gradita introduzione, 2K e Visual Concept hanno messo a disposizione dei giocatori una modalità Lite, che toglie tutti i tecnicismi e rende la modalità più semplice da affrontare per i giocatori meno smaliziati.
Infine nella modalità The W, il giocatore potrà calarsi nel basket femminile creando una nuova giocatrice oppure impersonando un0atleta già esistente. Tutto qua, senza particolare profondità rispetto al semplice ingresso sul parquet.
Gameplay
Scendere in campo in NBA 2K24 è sempre un gran piacere, tutto gira come dovrebbe e con assoluta fedeltà alla realtà. Quest’anno l’introduzione del sistema ProPlay fa sì che i movimenti dei giocatori veri siano stati scansionati e riprodotti, rendendo le controparti virtuali riconoscibili a colpo d’occhio. Le IA degli avversari e dei compagni di squadra sono migliorate: ad esempio non sarà infrequente vedere i difensori arretrare davanti un tiratore meno dotato, coì da “costringerlo” a forzare una giocata non nelle sue corte. Oppure potremo vedere i nostri compagni di squadra allargare la difesa avversaria consentendoci una schiacciata comoda comoda.
Se devo fare qualche appunto al gameplay, devo notare che tanto la meccanica del pick and roll, quanto quella del contropiede puro non sono gestite benissimo, specialmente la seconda che vede il nostro giocatore spesso rimontato mandando all’aria una tattica normalmente molto punitiva per chi commette un errore.
Segnali di stile
Come già detto, scendere sul parquet di Nba 2K24 è una gioia per gli occhi. Il feeling del basket a stelle e strisce è stato ricreato in maniera perfetta, con dovizia di particolari. Sicuramente, dopo un altro anno di console next gen ci si sarebbe aspettato un ulteriore passo in avanti, ma Visual Concept ha lavorato più che altro limando quanto già fatto in passato.
Se giocatori e arene sono a livelli molto ottimi, un po’ rivedibili sono sia l’arbitro che soprattutto il pubblico che non sembrano di pari qualità.