Sviluppato da ChaoticBrain Studios e pubblicato da Astrolabe Games in sinergia con Meridiem Games e PM Studios, Neon Blood è un’avventura narrativa in terza persona incentrata sull’investigazione all’interno di un mondo cyberpunk il tutto, con l’aggiunta di combattimenti a turni. Noi abbiamo indossato gli stilosi e pixellosi panni del detective Axel McCoin su PlayStation 4 e questa è la nostra recensione. Pronto a girare in una città dove domina la criminalità?
Neon Blood e quel senso di già visto
Anno 2053, mondo distopico fantascientifico con i soliti problemi che dominano in questo genere di storie: pochi ricchi che dominano su tanti poveri e questi ultimi preda di impianti tecnologici in disuso e danneggiati oltre che dipendenti da una droga che porta alla follia e all’ulteriore esilio. In questo caso, l’esilio sono le fogne. Ma procediamo con ordine, in Neon Blood vestiremo i pesanti panni di Axel McCoin, un ispettore di polizia che combatte contro fin troppi nemici, primo tra tutti: se stesso.
Axel, infatti, soffre di forti emicranie e vuoti di memoria (altro elemento decisamente poco originale). Non solo, lo stesso protagonista abusa di droghe e a inizio gioco ce lo ritroveremo con praticamente tutti gli impianti tecnologici fuori uso, incluso il suo essenziale visore ottico utile per racimolare velocemente prove sulle scene del crimine. E di crimini ne vedremo di numerosi visto che sembra esserci una lotta, anche questa decisamente classica, tra grandi aziende ultra tecnologiche.
Ma oltre allo scontro tra le aziende più potenti in circolazione, il mondo di Axel si ritrova con ben due città in conflitto: Bright City, città lussuosa e avanzata dimora dei più ricchi e agiati del pianeta, e Blind City, un rudere in decadenza dove i neon illuminano solo disperazione, povertà e criminalità. Ecco, queste due città formano Viridis, una macro città simbolo della disuguaglianza e di un futuro distopico dove nessuno vorrebbe vivere.
La narrazione di Neon Blood è un mix abbastanza equilibrato di noir e cyberpunk ma soffre, oltre che di inevitabili e prepotenti déjà vu con altri titoli del genere (anche con opere “minori” come SlavicPunk: Oldtimer (di cui puoi leggere la nostra recensione) anche di problemi di “durata”. Neon Blood fatica a superare le 4-5 ore per una storia che getta fin troppe premesse e personaggi sul campo per poi smorzare molto e perdere di pathos e ritmo.
Si arriva alle battute finali senza riconoscerle in una corsa frettolosa che ne smorza l’entusiasmo e ne mina l’epicità che invece vorrebbe trasmettere. Un peccato considerando che il titolo punta a proseguire le sue trame, fortificate dall’utilizzo di diversi personaggi tanto “nemici” quanto “comprimari”. Questi ultimi, seppur ben caratterizzati in un mix tra humor e drammaticità leggermente macchiettistica ma efficace, trovano poco spazio per evolversi avendo letteralmente poche occasioni a disposizione (sia narrative che, soprattutto ludiche).
Purtroppo, dobbiamo evidenziare come ci si perde fra non detti, fra eventi troppo frettolosi o semplicemente mal raccontati. Abbiamo quindi tra le mani una storia che promette molto, che getta tanti basi ma che si sviluppa male, nonostante alcuni momenti ben realizzati.A salvarsi è il mondo di gioco in sé, la sua “lore”, sparpagliata in articoli di giornali discretamente verbosi e tutti rigorosamente opzionali, che provano a dar respiro a una città che è comunque meritevole di attenzioni sia per la struttura estetica (comunque abbastanza standard per la tipologia di racconto) che per la struttura sociale interna ed esterna.
Un’avventura investigativa con combattimenti a turni?
Neon Blood, su carta, è un’avventura investigativa ibridata a un sistema semplice e classico di gioco di ruolo, con tanto di combattimenti a turni. In realtà… proprio sul gameplay si focalizzano i problemi principali di un titolo che risulta fin troppo superficiale e che non riesce ad approfondire quasi nessuna delle idee che propone. Prima di tutto, l’investigazione. Questa è fortemente lineare e guidata e ci vedrà muoverci in aree circoscritte alla ricerca di persone con cui parlare (senza alcuna selezione di risposte all’interno dei dialoghi), di tracce da seguire o di cadaveri/oggetti da analizzare.
Il tutto è fin troppo facile e intuitivo, con tanto di scanner che ci evidenzia i luoghi (pochi) in cui interagire. Tale scanner, purtroppo, ha un utilizzo estremamente circoscritto, amputandone quindi il potenziale che poteva dar vita anche a ricerche opzionali o false piste (queste presenti in minima parte ma comunque facente parte della linearità della ricerca principale). L’esplorazione delle gradevoli aree di gioco viene quindi demotivata e a sua volta racchiusa sezioni sempre abbastanza claustrofobiche e dall’interazione fortemente ridotta all’osso.
Discorso ancora peggio per la parte da gioco di ruolo che, a conti fatti, è inesistente. O meglio, non avrai a che fare con statistiche di alcun tipo e, anzi, l’unico valore a schermo, ossia l’energia vitale del protagonista, crescerà autonomamente col progredire della storia. Discorso analogo per le abilità, che si sbloccano praticamente da sole. Quindi non avrai equipaggiamenti da gestire e, purtroppo, neanche team da organizzare, nonostante una presenza di diversi e intriganti comprimari.
Questi ultimi, infatti, seppur presenti, vengono sempre lasciati in disparte non avendo quindi alcun ruolo attivo in battaglia. Battaglie che si svolgono sempre in singolo contro un massimo di due nemici contemporaneamente. Tali scontri sono di una facilità disarmante col rischio di annoiare praticamente subito e di risultare dei meri “accessori”. Gli scontri, rigorosamente a turni e rigorosamente classici, ci vedono impegnati nello scegliere se attaccare casualmente (con la possibilità iniziale di far da 0 a 8 danni) o di usare una delle abilità che sbloccheremo.
Tra queste c’è un’abilità che ci cura (sempre con cifre a random) e un’altra che praticamente rompe il gioco, danneggiando il nemico e rendendoci immortali durante quel turno… Viene da sé, quindi, che il combattimento in Neon Blood è praticamente inutile, smorzando qualsivoglia strategia e rendendo il tutto solo una mera costrizione dalla sfida quasi nulla (persino il boss finale è una passeggiata). Un dispiacere enorme considerando il potenziale di base.
Un’ultima cosa da evidenziare nell’ambito del gameplay, sono i QTE. Questi mettono in scena alcune delle animazioni in pixel più fluide e sceniche del titolo, in spettacoli visivi di tutto rispetto. Sono praticamente fra i momenti più belli del gioco peccato solo che risultino molto semplici e accessibili, con tempistiche abbastanza compassate e facili da seguire anche per i neofiti.
Grafica e sonoro
Se ludicamente il titolo perde quasi tutte le sue occasioni sprecandole con superficialità, graficamente non si può dire lo stesso. Tra le mani abbiamo un intrigante ibrido 2D-2.5D che vede deliziosi personaggi in pixel art immersi in paesaggi dalla profondità 2.5D (con telecamera fissa). Da un lato dobbiamo assolutamente elogiare l’architettura 3D della città, dotata di molteplici dettagli e dalle atmosfere praticamente azzeccate e vincenti. Dall’altra, però, non possiamo fare a meno di notare un certo riciclo per quanto riguarda i personaggi in pixel.
Nel dettaglio, alcuni passanti li ritroviamo uguali-uguali in giro, in altre zone, impegnati nelle medesime e buffe azioni. Nuovamente, un peccato… visto che il titolo è pieno di citazioni ed easter egg di un certo livello da Cyberpunk 2077 a Blasphemous, giusto per citarne un paio. L’elemento estetico che brilla più di tutto, sono le (purtroppo) piccolissime cutscene animate n 2D. Dei veri e propri corti animati di altissimo livello. Purtroppo, ci tocca segnalare la presenza di alcuni bug, dovuti principalmente alle difficoltà di un pg in 2D mosso in profondità 2.5D, con tanto di momenti in cui siamo costretti a riavviare il gioco perché bloccati letteralmente nel pavimento o contro i passanti.
Per quanto riguarda il sonoro, c’è da evidenziare l’assenza del doppiaggio che priva i personaggi di parte del loro carisma mentre la colonna sonora è di tutto rispetto, coinvolgente e coerente con le atmosfere proposte. Infine, segnaliamo la presenza dei sottotitoli in lingua italiana… peccato che sono un disastro. Spesso incoerenti, impostati male, con frasi sconnesse o senza senso mentre in alcuni casi al posto dell’italiano sbucavano frasi in francese o tedesco. Insomma, da rivederli.