A oltre un anno dall’aver recensito il più che valido Nexomon: Extinction, meritevole di aver sfruttato le solide basi dei giochi Pokémon nel tentativo di variare l’offerta di Game Freak, sono tornato nel mondo creato da VEWO Interactive per parlarti del prequel da cui tutto (o quasi) ebbe inizio.
Visto il successo riscontrato in passato su dispositivi Android e iOS, seguito a ruota dall’entusiasmo che ha circondato l’uscita del successore, l’arrivo di Nexomon sulle maggiori console non poteva che essere la conseguenza atta a garantire al futuro della serie un punto dal quale svilupparsi. A rendere apprezzabile questo salto nel tempo è stata dunque la consapevolezza dei passi in avanti già fatti dal brand e di quelli che, mi auguro vivamente, vedremo consolidarsi in una trilogia.
Seguendo lo stesso ragionamento, anche l’assenza di qualsiasi forma di multiplayer (online e non) può essere accettata di buon grado, sia perché il nuovo Nexomon: Extinction ne era a sua volta sprovvisto sia perché il team di sviluppo si è detto aperto a futuri cambiamenti. Anche in questo caso, quindi, la speranza è indirizzata a quello che verrà.
Dovute premesse introduttive a parte siamo pronti ad addentrarci in questo ritorno partendo come sempre dalla narrativa, aspetto che in Nexomon gioca un ruolo importante perché primo sentore di originalità e motore trainante dell’intera esperienza tanto lineare quanto immediata.
Lineare è dire poco
Le differenze degne di nota con i celebri videogiochi Pokémon, che in Extinction apparivano cristalline e rappresentavano un motivo di vanto, vanno qui ricercate al microscopio ma le origini della minaccia nota ai più col nome Omnicron (la stessa che motiva l’avventura intrapresa in Extinction), fornisce un’ottima scusa per distrarre il giocatore e trascinarlo facendo leva sulla sua curiosità.
Passando dalla sua cameretta a un’avventura più grande di lui, tra Nexomon da catturare, allenatori leggendari e paradossi temporali suggeriti fin da subito, il nostro alter ego digitale si ritrova così invischiato in faccende dalle quali dipende il destino di molti. Grazie all’aiuto di un’amica e del suo piccolo robot Atlas, baluardo della linea comica che permea alcuni dialoghi, l’utente non deve far altro che abbandonarsi alla fiumana di eventi a cui il gioco lo sottopone.
Questi, scanditi da una voce narrante e attorniati da dialoghi mai troppo invadenti – a corredo di alcune scene capaci di strappare qualche sorriso – sono alla base di una narrativa leggera e scorrevole che può intrattenere per un totale di circa 15 ore; un’indicazione che nel caso dei completisti e considerando la presenza di contenuti end-game non faticherebbe a lievitare fino alla quarantina.
Semplice, veloce e già visto
La struttura del gioco la conosciamo tutti: entra in possesso del tuo primo Nexomon, lascia che ti insegnino come catturarne di nuovi e spostati verso la prossima città a cui ne seguiranno tante altre. Se è vero che Extinction presentava già influenze tipiche dei metroidvania, ovvero un’esplorazione gradualmente edificata sullo sblocco di oggetti e nuove abilità, è certo che il suo antenato si limita a un binario unico e privo di ramificazioni.
Il timore è che un porting del genere possa limitarsi a essere apprezzato solamente da chi non ha mai avuto modo di conoscere l’IP, da tutti i giocatori che potrebbero cioè scegliere di recuperarla partendo da questo prequel per poi proseguire verso Extinction. Per tutti quelli che invece si ritroverebbero a optare per il procedimento opposto, il rischio è di scendere a patti con un gioco sì spigliato ma anche sommario e in alcuni aspetti inferiore a ipotizzabili aspettative.
Questa sua immediata semplicità, per quanto allineata alla natura del mobile gaming e quindi comprensibile da quel punto di vista, mostra il fianco a critiche motivate da un effettivo copia e incolla di meccaniche e soluzioni a livello di game design; evidenze che tendono a sottolineare eventuali mancanze altrimenti irrisorie. Perché limitarsi al minimo indispensabile quando si è partiti da basi tanto rodate?
A controvertere risposte poco lusinghiere nei confronti del lavoro svolto da VEWO ci pensa però un fattore importante all’interno di qualsiasi GDR che, proprio come Nexomon, si basa sul collezionare centinaia di mostriciattoli.
Occhi e orecchie soddisfatte
Mi riferisco ovviamente all’estetica che caratterizza ogni singolo Nexomon, leggendari ed evoluzioni comprese. Gli sforzi e le trovate a opera degli artisti per donare un’identità ai nostri accompagnatori è lodevole e, talvolta, persino sorprendente. Ispirati ad animali, oggetti di ogni tipo, creature mitologiche e chi più ne ha più ne metta, gli oltre 300 abitanti di grotte e cespugli presenti nel videogioco stupiscono e spingono a volerli incontrare uno a uno.
Mi è poi impossibile non tessere le lodi di una colonna sonora variegata e sfruttata in modo creativo a seconda delle situazioni, dettaglio che contribuisce senza mezzi termini a rendere memorabili alcuni momenti di Nexomon. La stessa cura, purtroppo e come spesso accade, non è percepibile anche di fronte agli effetti audio-visivi ma nel complesso il risultato finale resta piacevole e tanto basta.
L’assenza di bug degni di nota e che varrebbe la pena riportare, infine, unita a una grafica 2D vivace e dalla tavolozza azzeccata, concludono in bellezza questa recensione e l’analisi di un gioco che – incertezze a parte – consiglierei a più persone.