Terra 1944: il Terzo Reich è prossimo alla sconfitta e gli alleati stanno avanzando in tutto il mondo. La guerra sembra ormai persa, ma i crucchi hanno un asso nella manica; Hitler decide di mandare le sue Okkulte-SS di Von Darka nel nord dell’Europa per richiamare potenti forze oscure.
Grazie ad una strega, opportunamente rapita, Friedrich Von Darka riesce ad eseguire un rituale che evoca una Luna Oscura, in grado di coprire il satellite che ispira da sempre pensieri romantici, condannando il mondo all’oscurità.
E noi? Il nostro ruolo è impersonare il professor Alexei Krakovitz e il suo assistente Akiro Kagasawa; pur essendo paralitico, il professore è tutto tranne che inerme e la sua capacità di affrontare l’occulto sarà fondamentale per far tornare il mondo alla normalità.
Von Darka si è insediato in un villaggio norvegese chiamato Sundae (si, come il gelato) e sta festeggiando la sua impresa con una festa chiamata Eklipse Fest, nella quale dovremo infiltrarci per eliminarlo e salvare il mondo da zombie, vermi mangia cervello e soprattutto dalla musica techno tedesca.
Il mondo e le storie di Nine Witches sono pervase da un horror leggero e scanzonato, stile Hellboy o I Predatori dell’Arca Perduta. C’è tanto humor all’interno del gioco, per tutti i gusti, con alcune trovate migliori delle altre, tuttavia il gioco non mancherà di stupirci con alcuni frangenti di vera malvagità.
La quarta parete viene rotta con regolarità, con comparsate degli sviluppatori stessi. Quello che stona è lo stile puerile di alcune trovate: in un gioco che riesce ad essere oscuro ed acuto in certi casi, le scoregge risultano fuori luogo e ci lasciando alquanto perplessi.
Diciamo pure che nel tentativo di risultare sempre simpatico, Nine Witches inciampa più di quanto non dovrebbe.
Nine Witches: Family Disruption è un’avventura grafica che omaggia i classici del genere, Monkey Island in primis, in cui ci troveremo a passare da Alexei ad Akiro nel corso della nostra esplorazione di Sundae.
Per la maggior parte del tempo giocheremo nei panni di Akiro, per ovvi motivi dal momento che sarà l’unico a potere interagire con l’ambiente, aprendo porte, attivando interruttori o raccogliendo oggetti. Inoltre il giovane giapponese è armato, quindi potrà difendersi nelle sezioni shooter di Nine Witches.
Sì, nel gioco ci sono alcune sezioni in cui dovremo sparare a qualche nazista un po’ troppo fastidioso.
Il personaggio di Alexei quindi è un po’ più marginale, ma in realtà è lui a rendere originale il gameplay di Nine Witches; come già detto non è inerme, le sue capacità di medium fanno si che premendo un pulsante sul nostro controller possa abbandonare la propria forma fisica.
Come spirito, Alexei può compiere alcune azioni interessanti: attraversare porte chiuse e vedere cosa c’è dall’altro lato, utilizzare una sorta diradar psichico per individuare elementi interessanti nell’ambiente e più avanti nel gioco riuscirà anche ad interagire con l’ambiente in una maniera più fisica.
Imparare a capire quando utilizzare Alexei o Akiro è uno dei momenti più soddisfacenti di Nine Witches. Questo ci porterà a vedere ogni scena sotto le due diverse prospettive, mentre cercheremo oggetti da raccogliere o punti d’interazione con Akiro per poi passare ad esplorare il regno degli spiriti con Alexei, alla ricerca di qualcosa che ci è sfuggito.
Spesso capita di dimenticarsi delle capacità di Alexei, ma i momenti in cui sfruttiamo le sue abilità sono tra i migliori di Nine Witches.
Lo stesso purtroppo non si può dire delle sezioni shooting, che causano una sorta di strano miscuglio di generi. Avendo una grafica sostanzialmente isometrica, da avventura grafica, le sparatorie sono un po’ rallentate e dovremo muoverci fino alla linea di fuoco del nemico, sparare, spostarci rapidamente per evitare di essere colpiti e al tempo stesso sperare che il nemico non si muova, così da essere raggiunto dal proiettile.
E’ un sistema impreciso e un pizzico noioso, ma vista la semplicità del tutto non è un vero e proprio problema, almeno agli inizi. Infatti andando più avanti, i combattimenti diventano sempre più complessi al punto da farci intervenire sulle opzioni relative al livello di difficoltà.
Nel complesso potremmo dire che senza la componente shooter Nine Witches sarebbe stato migliore, ma tutto sommato è un elemento che lo rende poco comune.
Tuttavia, per avere una buona avventura grafica gli elementi fondamentali sono la qualità della logica alla base del gameplay e della scrittura.
In entrambe le componenti Nine Witches raggiunge buoni livelli, rendendo il gioco un punta-e-clicca vecchio stile che sarebbe potuto uscire direttamente da LucasArts.
Uno dei motivi per cui logica e gameplay funzionano è perchè il titolo è molto accessibile agli utenti console. Non c’è un vero e proprio punta e clicca, i personaggi si muovono con l’analogico e non abbiamo numerose azioni da richiamare, ma soltanto 3 assegnate ai pulsanti frontali. Potremo infatti guardare, usare (azione che cambia secondo il contesto) e aprire l’inventario, scegliendo un oggetto da utilizzare sull’ambiente circostante. Minimalista ma efficace.
Neppure Nine Witches sfugge alla trappola di molte avventure grafiche, che spesso ci impediscono di compiere un’azione (come faremmo nella vita reale) se prima non abbiamo ottemperato ad un altro compito. Talvolta anche bizzarri, come quando dovremo trovare dei frammenti d’ossa ben specifici, pur essendo Sundae disseminata di scheletri e cadaveri.
Sono comunque momenti rari, in massima parte i puzzle sono pervasi da una logica ferrea.
Segnali di Stile
Il particolare stile grafico di Nine Witches, molto pixelloso, riesce a creare la giusta atmosfera. Nonostante l’ovvia semplicità della risoluzione, mi è capitato di soffermarmi a guardare i paesaggi e l’illuminazione di alcune aree, segno che il lavoro è stato fatto bene.
Buono anche il lavoro sulla colonna sonora che riesce ad essere tetra e allegra allo stesso tempo, in base a quanto vediamo sullo schermo.