Ti perdoniamo, supponendo tu possa fare lo stesso con noi, se sei giovane quanto basta da ritenere aliena l’idea di ottenere informazioni sui videogiochi in qualunque formato che non sia quello digitale. Sono qui per raccontarti di un altro tempo, se tu ne hai abbastanza per ascoltare un oceano di parole intrise di nostalgia. Parlo dell’informazione videoludica su carta stampata, parlo di amore, di gioia e di malinconia. Sono qui per parlare delle riviste di settore, prima fra tutte Nintendo La Rivista Ufficiale, o NRU per gli amici come lo eravamo tutti quanti noi.
Parla con me
Il lettore più cinico potrebbe denotare rapidamente un velo di ipocrisia nelle mie parole: la concorrenza sleale data dall’immediatezza di una notizia pubblicata al volo, del resto, è ciò che ha reso l’informazione videoludica una sorta di carnefice. La verità però è un’altra. Se ora sono qui, alla tastiera, in qualità di redattore e al contempo di appassionato, lo devo prima di ogni altra cosa alle mille pagine che hanno preso questa passione che fa parte di me e l’hanno fatta fiorire. Per arrivarci, però, dovrò come sempre trascendere il mio ruolo redazionale e parlare semplicemente di me.
Quando internet era ancora nella sua relativa infanzia, il concetto di demo non corrispondeva alla manna giunta dal cielo che conosciamo oggi; era un’istituzione su cui potevamo contare puntualmente in qualsiasi edicola. I dischi neri allegati con ogni rivista erano facilmente reperibili, e prevedibilmente per chi come me entrò nel mondo di PlayStation solo con il redesign di PSOne le demo rappresentavano il modo più rapido per espandere la propria visione d’insieme del memorabile panorama software della console.
Come ho avuto modo di raccontare parlando di Crash Team Racing e di Mario Kart, la mia passione per Crash Bandicoot e Spyro non tardò a condurmi al Game Boy Advance. Non appena l’idea di “un CTR da taschino” e di uno Spyro portatile divennero realtà, il GBA viola trasparente volò in cima alla mia lista dei desideri natalizi. In quel periodo, le riviste dell’editore Play Press Publishing erano ormai diventate una realtà quotidiana, tra Pokémon World, PlayStation Magazine e Game Boy Mania. Non ero più un cliente generale; mi sentivo una sorta di professionista, a causa del mio vizio di tenermi informato.
La Grande N, la colossale R e la mastodontica U
Con la sgradita complicità di un problema al vano del disco della PSOne (tuttora funzionante; il meccanismo di scatto fa solo qualche bizza ogni tanto, ma al tempo non lo sapevo), dovetti abbandonare completamente il panorama Sony in favore della sfera Nintendo. Si trattava di un territorio inesplorato, oscuro, quasi “ostile” per un ragazzino che, al tempo, doveva dare la massima priorità ai libri di testo – troppa, per poter ambire a una cultura alternativa. E poi, un giorno d’estate, avvenne il fattaccio.
Delle cartucce per Game Boy Advance si persero all’interno di una vecchia poltrona, dove rimasero per anni prima di venire ritrovate al termine della mia metamorfosi in un fan di Nintendo. Una trasformazione kafkiana, direbbero i detrattori della Grande N; io la chiamo più semplicemente una conversione a una linea di pensiero più congeniale ai bisogni di chi ama tanto i videogiochi da volerseli portare in giro. Ad ogni modo, una di quelle cartucce era Super Mario Advance 2, altrimenti noto come il port definitivo di Super Mario World (ammettiamolo).
Era il 2003: l’anno che mi avrebbe portato alla mia prima, grande delusione tra i banchi. Era un periodo transitorio, in cui le certezze vacillavano più che mai. Non tanto tra le mura culturali delle istituzioni, quanto tra quelle domestiche: se nemmeno nel proprio tempio personale – quello videoludico – viene meno ciò che ci plasma quanto basta da definire la nostra identità, come possiamo pretendere di avere una sola certezza altrove? Eppure, un punto fermo c’era: “avrò anche smarrito Donald Duck Advance”, pensavo, “ma Mario è quello che mi manca tanto da starci male”.
Fu allora che, nella stessa Borgomanero che – se hai letto la mia descrizione – diede i miei natali, iniziai a divenire un cliente abituale dell’ormai defunto punto vendita Big Fun. Se sei (stato/a) un lettore di Nintendo La Rivista Ufficiale dedicandole abbastanza attenzione, saprai bene dove sto andando a parare: si trattava dello stesso negozio che veniva occasionalmente menzionato nelle rubriche della posta, perché era lì che il redattore Roberto “Magiustra” Magistretti era solito fare rifornimento.
Quello storico (e uggioso, lo ricordo ancora) pomeriggio sapevo però solo una cosa: ero lì per decidere il mio regalo di Natale in compagnia di mia madre, e il gestore Tiziano, non avendo sotto mano una seconda copia di Super Mario World, mi indirizzò su Mario & Luigi: Superstar Saga con una frase incoraggiante. “Se vuoi, c’è questo. La rivista ufficiale di Nintendo lo ha premiato con un dieci, su dieci”. Era un gioco di ruolo, un genere da me inesplorato (o quasi, grazie a Pokémon), ma a me non importava: mi mancava Mario. Dopo un rapido giro di prova durante il ritorno a casa, sentivo di aver preso la decisione giusta.
Passò qualche giorno, e la mancanza pre-natalizia di quel titolo così… artigianalmente bello si fece sentire quanto bastava da farmi sentire il bisogno di rivederlo, anche solo tramite immagini. E poi, l’illuminazione: “ma aspetta… non l’ho mica letta per intero, quella recensione”. Ricordo tuttora la mia gioia nel trovare Mario Kart: Double Dash!! in copertina, così come sono ancora in grado di dirti a memoria che Mario & Luigi: Superstar Saga è “mentalmente sfizioso come Zelda, intrigante come un buon GDR e divertente come Mario. Un ibrido imperdibile”.
Non sono mai riuscito a reperire tutti i numeri della rivista, ma venire catturato una volta per tutte dalla stampa di settore fu questione di pochi minuti. L’idea della cosiddetta “Nintendo Difference” è come il concetto partenopeo di “cazzimma”: è inspiegabile tramite le vie della ragione imbrigliate dalle parole, si può solo vivere nella magia di un momento. Nintendo La Rivista Ufficiale non parlava semplicemente di Nintendo; Nintendo La Rivista Ufficiale ERA Nintendo. E la magia di un momento è capace di farti formulare la frase “papà, possiamo vedere in giro dove vendono questa rivista?”
Pagine in gioco
Nintendo La Rivista Ufficiale, edita prima da Sprea e in seguito da Future Media Italy, riuscì a rendermi definitivamente un lettore assiduo delle riviste di settore. Nonostante la mia eterna passione per NRU, non ho disdegnato l’occasionale tango con Videogiochi, PSM (mitica sorella di NRU a tema Sony, con cui condivideva alcuni redattori), Game Republic, Cube e Game Informer. Ma per quanto le indimenticabili supercazzole di PSM e i suoi improbabili balloon affiancati ai render di personaggi videoludici avessero un fascino eterno, sono stati i colori di NRU a renderla immortale.
Quando parlavo di una magia inspiegabile, intendevo proprio questo. Nintendo La Rivista Ufficiale riusciva in qualche modo, con quel suo je-ne-sais-quoi a metà strada tra il serio e il faceto, a dare l’impressione di giocare ad un titolo mentre si stava palesemente sfogliando le sue coloratissime pagine. Si potrebbe descrivere allo stesso modo in cui Angelo Pintus ha descritto la telecronaca di Bruno Pizzul: “ti ci tirava dentro”. Eppure, nel loro rimanere sempre sé stessi, i redattori erano il punto d’incontro ideale tra la confidenza colloquiale dei videogiocatori “come noi” e l’inarrivabile, quasi aulico senso di ufficialità di un prodotto Nintendo.
Se mi vedi particolarmente loquace in merito a un argomento che sento di conoscere a fondo, il merito è della stessa rivista che, in tal senso, mi ha cresciuto. Non credo che avrei mai scoperto la mia vocazione di redattore videoludico se non avessi voluto portare avanti la fiaccola accesa da Claudio Tradardi, Mattia “Zave” Ravanelli, Ugo “Surgo/Surginis” Laviano, la leggendaria grafica Anna “Annina” Zito (che ha riempito di colori ogni pagina), Davide “Massagra” Massara, Elisa Leanza, Gianmarco Zanna, il già citato Magiustra, Andrea “Bisboch” Babich e tutti gli altri.
Nelle mie recensioni, dunque, se miro a coinvolgere il lettore al punto tale da imprimere la sensazione di aver provato con mano il gioco in questione non è solo per la serietà con cui affronto la questione. Semmai lo faccio allo scopo esplicito di replicare, sia nelle lodi che nelle stroncature, la capacità innata di Nintendo La Rivista Ufficiale di non lasciare mai il lettore come l’ha trovato.
I nomi impressi nella memoria, però, vanno oltre i singoli redattori. Di numero in numero, ho imparato che intravedendo il nome Caterina Corsini sarei andato incontro a una fanart spettacolare, così come Davide Valgimigli e Federico Salaroglio avrebbero dominato tutte le classifiche dei punteggi (e che, al “torneo” con la demo di Mario Kart 7 alla Games Week di Milano, mi fece accogliere il nome del secondo con un sonoro “ahia”). Insomma, non si trattava più di una semplice fanbase. Quella di Nintendo La Rivista Ufficiale era diventata una seconda famiglia.
Rubriche amiche
Al di là delle recensioni, tanto generose con Super Mario Galaxy (undici!) quanto severe con Super Mario Ball (che ricevette solo un 6, davvero misero per un Mario), il fiore all’occhiello di Nintendo La Rivista Ufficiale erano le sue rubriche. Enumerarle, tra istituzioni e sostituzioni, denoterebbe solo quantità quando ad essa la redazione non mancava mai di affiancare tanta, tantissima qualità. Come molte pubblicazioni italiane, anche i redattori di NRU ricorrevano occasionalmente a pseudonimi ed alter-ego per firmare – in puro kayfabe da wrestling – i loro articoli. Tutti a tema Nintendo, ovviamente: Shy Guy, Boo, Lakitu e altri ancora.
Tutto questo potrebbe far presagire a qualcosa di pacchiano, di “cringe” come diremmo oggi. In realtà no: il “Mario Magazine” continua a far sorridere ancora oggi, mentre il “Wario Wagazine” continuava a denotare lo stesso sarcasmo che gli appassionati di fumetti italiani hanno amato negli albi che hanno ispirato Chi è PK?. Non mancava nulla: le “Risate a Zanne Strette” in cui venivano messe alla berlina le freddure peggiori inviate dai lettori, le “Cronache delle Tenebre” in cui si ravanava nel torbido della storia videoludica, stralci di vita redazionale (“per pudore non possiamo riportare cosa viene detto nel giro conclusivo di ogni gara”, dicevano di Mario Kart) e tante, tante altre idee.
Meteore
Potremmo perderci nel vortice di ricordi per ore, se non per giorni… ma il rintocco dell’orologio ci ricorda dolorosamente che no, non siamo più ai tempi di NRU. Purtroppo la spina è stata staccata alla rivista appena in tempo per vedere Super Smash Bros. 4 svelato all’E3 del 2013, insieme a Super Mario 3D World che ricevette l’ultima copertina della pubblicazione. Nintendo stessa cercò di muoversi per cercare un altro editore interessato a mandare avanti Nintendo La Rivista Ufficiale, ma la ricerca si rivelò infruttuosa. Da allora, con riluttanza ho dovuto abbandonare le riviste e trasferirmi sul web in pianta stabile.
Un lato positivo, però, in tutto questo c’è: per molti dei redattori coinvolti, si sono aperte nuove possibilità di carriera. Dopo aver pensato di non rivedere mai più alcuni di questi nomi, la comparsa di Gianmarco Zanna e Andrea Babich nei titoli di coda di Mario + Rabbids: Kingdom Battle mi ha colto completamente alla sprovvista; vedere anche Ugo Laviano fare capolino, seguito da Elisa Leanza e Mattia Ravanelli, mi ha riempito gradualmente il volto di lacrime.
Anche gli altri hanno fatto carriera nel settore, dando il via ad iniziative encomiabili come “Bim Bum Ram” (video qui sotto), con la quale il collega Fabio “Kenobit” Bortolotti fonde il concetto di Let’s Play con l’ormai defunto format del programma contenitore per bambini. E mentre noialtri oggigiorno cerchiamo di dare un’alternativa professionale alla gestione grossolana dell’argomento dei videogiochi da parte della stampa generalista, credo che nel mio caso l’introduzione all’informazione videoludica sia un primato che a Nintendo La Rivista Ufficiale nessuno porterà via.
Naturalmente, come canta Max Pezzali, “il tempo passa per tutti, lo sai/nessuno indietro lo riporterà, neppure noi”. Non c’è nostalgia che mi possa riportare ai tempi di Nintendo La Rivista Ufficiale e di ciò che la rese quel che era. Però nulla mi vieta di chiudere questo viaggio nei ricordi con una frase del leggendario Stan Lee, adattandolo però alle riviste di settore. Il creatore dell’universo Marvel descrisse i fumetti “come un florido seno: bello da vedere, ma sicuramente meglio da stringere tra le mani”.