No Place for Bravery è un titolo capace di catalizzare l’attenzione fin dal primo sguardo, grazie a una pixel art stilosa e originale, affiancata a un gameplay che ricorda quello di un soulslike in 2D. Siamo quindi davanti a un mix apparentemente esplosivo, che porta molti appassionati di indie a chiedersi se valga davvero la pena giocare il titolo. Vediamo quindi cosa abbiamo davanti nella nostra recensione!
La storia di un padre
La storia di No Place for Bravery parte da premesse molto interessanti, ma risulta decisamente poco approfondita e, tristemente, non troppo appassionante. Il gioco inizia mostrandoci un viaggio tra il protagonista e sua figlia, che sono ormai sulla strada del ritorno verso casa. Prima di arrivare al villaggio, però, la ragazza viene rapita da uno stregone e scompare nel nulla. Nel disperato tentativo di ricerca, il protagonista si lancia quindi contro un’orda di demoni, in modo da raggiungere lo stregone e salvare la figlia.
Alla fine di questa breve lotta, però, l’uomo si trova davanti a un suo doppleganger che, una volta ucciso, rivela un bambino rinchiuso al suo interno, con le gambe irrimediabilmente rotte. Il nostro eroe decide quindi di adottarlo come suo figlio, ma tristemente non riesce a ritrovare la bambina.
La storia continua molti anni dopo, quando il protagonista si imbatte nuovamente nello stregone e, nella rinnovata speranza di ritrovare la figlia perduta, si mette sulle sue tracce. Un incipit molto interessante quindi, che mostra fin da subito il mondo cupo e crudele di No Place for Bravery, fatto di violenza, mostri, e una generale apocalisse che ha portato gli uomini a rifugiarsi nelle città per sfuggire ai pericoli del mondo.
Esplorando si possono poi trovare dei frammenti di lore, nonché PNG con cui parlare, che permettono di comprendere molto di più sul mondo di gioco e sulla storia generale. Ottime premesse, che però non riescono a concretizzarsi mai in una storia o una lore appassionanti. Tutto resta troppo lineare, poco approfondito e generalmente poco avvincente. In altre parole, bello ma non bellissimo.
Non si perdona nulla in No Place for Bravery
No Place for Bravery sembra però puntare tutto sul gameplay e, in particolare, sui combattimenti. Il titolo si presenta come un dungeon crawler che prende in prestito alcune meccaniche da Dark Souls, ma comunque differenziandosi da quest’ultimo. Il loop di gameplay ci vede avanzare in dungeon che alternano nemici, trappole e occasionali puzzle, con poche pause per dialoghi o HUB di gioco senza nemici ostili.
Le trappole non sono un ostacolo troppo grande e si riducono perlopiù a ostacoli ambientali, come frecce, fiammate o burroni. I puzzle sono invece vere e proprie stanze, dove evitare trappole e nemici, cercando nel mentre di attivare interruttori o superare situazioni particolarmente complesse. Il fulcro di No Place for Bravery sono però i combattimenti, decisamente la parte più estesa dell’esperienza. Detto in altre parole, si combatte. E si combatte tanto.
Gli scontri si basano su poche, semplici meccaniche. Abbiamo a disposizione tre armi, con cui è possibile eseguire attacchi base e caricati e ognuna di queste ha un moveset specifico e punti di forza e debolezza (per esempio la spada è più veloce e sicura del martello, che invece fa danni ingenti lasciandoci scoperti).
Si aggiunge poi la possibilità di parare e parryare i colpi nemici. Molti colpi dei mostri più potenti e dei boss, peraltro, possono solo essere contrastati da un parry ben riuscito, che quindi risulta una meccanica centrale nell’esperienza. Queste azioni consumano però una barra della stamina che, se esaurita, ci lascia scoperti e stunnati. Le stesse regole si applicano però ai nemici.
Il risultato è un sistema di combattimento che parte da ottime basi, costringendo il giocatore a gestire la stamina, prendendo poi in considerazione le debolezze nemiche e in generale impedendo lo spamming compulsivo grazie ai danni ingenti subiti a ogni colpo. Eppure, non siamo davanti a un titolo perfetto.
Un piccolo difetto riguarda il sistema di puntamento dei nostri colpi, che stranamente non sempre segue la direzione in cui puntiamo il cursore del mouse. Capita per esempio di puntare un nemico nella parte alta dello schermo, solo per vedere il fendente/la parata di turno nella direzione opposta. Sicuramente qualcosa a cui ci si abitua, ma comunque un difetto con cui fare i conti. Si aggiunge poi una finestra di parry fin troppo esigua, che rende davvero inspiegabili alcuni danni in entrata che invece sembrano bloccati.
Tutto questo, pur essendo divertente e ben congegnato, viene tristemente rovinato da un level design poco intelligente e da una povera varietà di nemici. Nell’ultimo caso, le conseguenze sono una generale ripetitività del gioco e, proseguendo nell’avventura, un inevitabile abbassamento di difficoltà dato dall’eccessiva prevedibilità dei colpi.
Nel primo caso, invece, ci troviamo davanti a un difetto non da poco. Capita infatti di imbattersi in situazioni dove vi è un alto e improvviso picco di difficoltà, che però non è dato da una situazione tattica particolare, ma semplicemente da un grandissimo numero di nemici o da arcieri posizionati in luoghi fin troppo ardue da raggiungere. A questo si aggiunge un’inquadratura fissa che a volte non permette di vedere dove siano i nemici finché le loro frecce non entrano nel campo visivo.
Non si tratta quindi di sfide ben congegnate, dove magari bisogna sfruttare a dovere le meccaniche per poterne uscire, ma semplicemente di situazioni poco pensate, dove la difficoltà viene creata artificialmente da nemici numerosi, mal posizionati o da un level design ingiusto.
Peraltro, le ottime basi da cui parte il sistema di combattimento non vengono mai “approfondite” con meccaniche o nemici che possano aggiungere strati di profondità alla formula, ma si mantengono tendenzialmente simili per tutto il gioco, con poche aggiunte, date principalmente dalle abilità attive sbloccabili.
No Place for Bravery è quindi un dungeon crawler dove si avanza, si sconfiggono nemici, si superano trappole e puzzle, per poi uccidere altri nemici. In tutto questo, è possibile sbloccare abilità attive che ampliano il parco mosse del protagonista, oppure raccogliere oggetti che possono essere sfruttati per uscire dalle varie situazioni. Sicuramente siamo quindi davanti a una formula riuscita, divertente e adatta agli appassionati del genere, ma comunque minata da difetti che ne abbassano la qualità complessiva.
Pixel art allo stato puro
No Place for Bravery vanta un comparto tecnico davvero ottimo, che propone al giocatore sprite dettagliati, ambienti sempre ben definiti e animazioni che riescono a essere soddisfacenti la maggior parte delle volte. I primi piani in cui si smembrano i nemici sono infatti animati bene nella maggior parte dei casi, ma risultano fin troppo “scattosi” in altri, con animazioni che saltano frame.
Il comparto artistico è invece la parte più riuscita di No Place for Bravery. Il gioco vanta infatti un mondo di gioco davvero spettacolare da vedere, grazie ad ambienti ricchi di fascino, paesaggi sempre spettacolari e un’estetica cupa che ha stile da vendere.
Lo stesso dicasi per il comparto sonoro, composto da ottime tracce perfette per accompagnare i vari momenti e che contribuiscono a delineare l’atmosfera del titolo.