“Scusate ma mi sono sbagliato, l’italiano non sarà tra le lingue disponibili al lancio. Potrebbero esserci però ulteriori localizzazioni dopo l’uscita. I testi sono stati revisionati, tuttavia ci sono dei limiti pratici alla quantità di traduzioni che possono essere gestite contemporaneamente.”
Ecco la risposta di uno degli sviluppatori di Baldur’s Gate III in merito alla domanda di un fan posta sul forum ufficiale del gioco.
Prendendo spunto da questa notizia (che non tratterò nell’articolo di oggi), vorrei discutere di un particolare fenomeno che si verifica ogniqualvolta vengono rilasciate notizie di questo tipo. Nell’esatto momento in cui viene ufficializzato il mancato adattamento italiano di un titolo, ha puntualmente inizio (ormai da diverso tempo) la solita diatriba che vede contrapposti da un lato gli utenti scontenti di tale decisione e dall’altro coloro che si proclamano indifferenti a tale scelta, dal momento che, cito testualmente: “nel 2020 dovreste sapere l’inglese”.
Smentisco subito tutti coloro che mi attaccheranno con insinuazioni del tipo “tu non sai l’inglese, per questo difendi quelli ignoranti come te”; niente di più sbagliato, dal momento che, al di là delle mie conoscenze della lingua inglese di buon livello, sono un fervente sostenitore del fatto che le lingue vadano insegnate sin dai primi anni di età.
Ciò che invece non sopporto, è questa retorica presuntuosa secondo cui, nell’era moderna, non avere una conoscenza dell’inglese tale da permetterti una fruizione ottimale di un videogioco (ma anche di un film o di una serie tv) in lingua originale, venga considerata una grave mancanza dell’individuo, che merita di essere lasciato indietro, addossandogli non solo la colpa della sua ignoranza (intesa come non conoscenza della lingua) ma anche l’intera responsabilità del recupero della suddetta mancanza.
No, l’inglese non è un obbligo, soprattutto non per i videogiochi
E’ quantomai ovvio che, al giorno d’oggi, la globalizzazione abbia ormai reso la conoscenza di più lingue una necessità impellente, soprattutto ( ma non solo) nell’ambito lavorativo, motivo per cui ci tengo a corroborare la mia posizione espressa poche riga sopra, secondo cui lo studio delle lingue debba iniziare fin dalla tenera età.
Tuttavia, anche partendo da questo presupposto, non si può pretendere che tutti (o comunque, una maggioranza consistente) abbiano una formazione linguistica tale da poter leggere, capire e parlare una seconda lingua in modo ottimale; ecco qui di seguito una serie di punti che userò per portare avanti la mia tesi.
- Innanzitutto, a livello scolastico, l’insegnamento di una seconda lingua non è mai stato messo in primo piano. Non è mia intenzione utilizzare questo articolo per esprimere le mie critiche sul nostro sistema scolastico, ma è un dato di fatto che in Italia l’insegnamento delle lingue straniere non sia una priorità.
- Se anche venisse rispettato il punto 1, ciò non andrebbe in alcun modo a legittimare la mancanza di adattamento, dal momento che quest’ultimo è comunque presente per le principali lingue europee: Francese, Tedesco, Spagnolo, Portoghese, e in alcuni casi anche per quel che riguarda le Lingue Scandinave, oppure l’olandese.
- Resta il fatto che, nell’ambito videoludico, l’adattamento italiano sta ormai perdendo sempre più spazio, mentre viceversa vediamo videogiochi adattati in lingue che, fino a qualche anno fa, nemmeno ci preoccupavamo di conoscere (non si tratta di razzismo ma è una constatazione oggettiva che fino a 6 anni fa, prima dell’uscita di un certo The Witcher 3, la maggior parte di noi considerava il polacco come una banalissima forma dialettale del russo); questa pratica non spinge gli utenti ad alzare il proprio livello culturale, ma ha l’effetto opposto di allontanarli dal mercato dei videogiochi.
- Ultimo, ma forse più importante, in nessun caso trovo sbagliato che qualcuno preferisca usufruire di un servizio, di qualsiasi tipo, nella propria lingua madre.
Richiedere l’adattamento in italiano è un nostro diritto
Alla fine dei giochi dunque, al netto di quanto già detto sull’importanza dello studio delle lingue, ritengo sia più che giusto, per gli utenti italiani, il voler avere la scelta della traduzione italiana all’interno di un titolo.
Sia chiaro, non parlo del doppiaggio in lingua italiana, ma specificatamente dell’adattamento, ovvero la possibilità di vedere i menù di gioco ed i dialoghi, anche se non doppiati, in lingua italiana.
In un mondo utopistico, quando tutte le barriere del linguaggio saranno abbattute, non dovremmo più preoccuparci di simili problemi, per adesso, invece, credo sia meglio evitare di lasciare indietro tutti coloro che, per i problemi appena elencati, non riescano a tenere il passo.
Personalmente vado oltre, e ritengo che i giochi non debbano essere solo tradotti, ma anche doppiati nell’audio. Non capisco perché qualunque film arrivi nel nostro Paese, anche il più insulso dei b-movie, goda di un doppiaggio in italiano (magari anche di qualità non eccelsa) mentre spesso dei tripla A con un’importante componente narrativa abbiano solo la traduzione dei dialoghi ma non l’audio, rendendo spesso difficoltoso compiere azioni in contemporanea, come seguire mosse di gioco concitate e contemporaneamente leggere i dialoghi.
In questo senso un esempio lampante è quello dei titoli Rockstar: ho giocato e apprezzato Red Dead Redemption 2, ma molto spesso diventava frustrante seguire i dialoghi e giocare, e difatti molti pezzi di trama me li sono persi per strada…
Un plauso in questo senso va a Sony che decide sempre di doppiare le sue esclusive, segno dell’attenzione che riserva al mercato italiano.
Articolo molto interessante! E viva sempre la localizzazione, anche se ovviamente non tutti i titoli possono permettersi di offrirla al nostro piccolo mercato.
Vi segnalo se vi interessa la mia piccola pagina su FB e Instagram dedicata allo scambio di suggerimenti per imparare l’inglese con i videogiochi. https://www.facebook.com/Inglese.e.Videogiochi/